Saggi Storici
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Edizioni don Giulio Gabanelli, stampa Carminati Stampatore, Almè - Zogno

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Storia della roggia Traini

(n.6, dicembre 1996)
12/13


(Nota preliminare: questo saggio storico è stato raccolto nel volume dello stesso autore “Le Rogge di Zogno”, capitolo: Roggia Traini)

Si è detto nella parte precedente che prima dell'ingresso in campo del conte Francesco Brembati la roggia di Zogno azionava tre soli opifici: un mulino, un follo ed un maglio. Mentre il maglio era di proprietà di Giovan Giacomo Maffeis, il mulino ed il follo erano suddivisi tra i fratelli Claudio e Geronimo Maffeis, nipoti di Giovan Giacomo, e Gabriele Gariboldi, tutti di Zogno.
Per amore di verità bisogna subito precisare che il maglio, quando era gestito direttamente da Giovan Giacomo, non soltanto forgiava innumerevoli attrezzi da lavoro quali badili, zappe, rastrelli, picconi, asce, martelli, seghe, tiranti per muri, chiavi per travi di legno, ferri da cavallo, inferriate e altri oggetti simili ma produceva anche proiettili per artiglieria leggera e pesante. Più esattamente permetteva di fondere e costruire palle da cannone di ferro di svariate dimensioni. Non a caso nei documenti più antichi questo opificio è sempre descritto come "malleo seu fucina" per indicare che esso era dotato di un forno fusorio in grado di liquefare completamente con il suo calore il ferro. Questa attività era svolta da Giovan Giacomo in maniera semi regolare sotto il controllo dell'autorità militare veneta, vale a dire il Capitano di Bergamo.
Dopo la costruzione tra il 1603 e il 1604 del grandioso forte di Fuentes da parte dello stato di Milano all'inizio della Valtellina, come risposta alla costruzione della strada Priula che aveva un carattere militare (1), nella repubblica delle Leghe Grigie si creò una situazione di instabilità politica a causa del timore di invasioni. Questa instabilità diede l'avvio a una serie di disordini che in un crescendo continuo  sfociarono  nelle  Guerre  di Valtellina. In quegli anni in cui i rapporti politici tra Venezia, Milano e Coira erano fortemente alterati per i sospetti reciproci il commercio più florido tra la valle Brembana e la Valtellina era il contrabbando di armi da taglio e da fuoco.
Anche Giovan Giacomo Maffeis si lasciò coinvolgere in questi traffici illegali e nel 1603 si accordò con un agente dei Grigioni, certo Antonio Bivi di Olmo, per produrre e vendere agli stessi Grigioni " 616 pesi (oltre 500 chilogrammi) di balle per artillaria di varie sorti al pretio di 1847 lire". Questo quantitativo di munizioni fu realizzato in più partite nel 1603 e nel 1604 ma nel 1605 durante un'ispezione improvvisa di un agente veneto Giovan Giacomo fu scoperto. I rettori di Bergamo denunciarono subito il fatto al Doge con un dispaccio segreto il 15 giugno 1605 (2), fecero chiudere il maglio e sequestrarono l'ultima partita di proiettili pronta per essere spedita in Valtellina. Questa partita era costituita da palle di ferro con cinque tipi diversi di peso, rispettivamente di chilogrammi 0,6; 1; 1,3; 2,2 e 18!
Giovan Giacomo dovette faticare non poco per dimostrare la sua sostanziale lealtà alla Repubblica Serenissima e solo grazie al fatto che pochi anni prima aveva reso importanti servizi allo stato veneto, dirigendo i lavori di costruzione della strada Priula tra Villa d'Almè e Zogno, e grazie al fatto che poteva fregiarsi del titolo di "cittadino di Bergamo", a quel tempo ancora motivo di grande considerazione e stima, potè riaprire il maglio.
In effetti Giovan Giacomo apparteneva ad una famiglia non nobile ma senza dubbio di rango elevato dal punto di vista economico e sociale. Per sottolineare l'importanza delle sue origini negli atti notarili egli spesso si fa indicare nel modo: "Giovan Giacomo fu Antonio fu Giovan Andrea fu Arighino (Regino) fu Lorenzo fu Antonio Mozo de Maffeis cittadino di Bergamo"! Il capostipite Antonio Mozo, vivente a cavallo tra il XIV e il XV secolo, ricevette questo titolo quasi di certo perchè si schierò, invano, con aiuti economici a favore dell'autonomia del comune di Bergamo quando iniziarono le prime lotte di conquista del territorio bergamasco da parte sia della Repubblica Veneta che del Ducato di Milano. E che Giovan Giacomo appartenesse ad una famiglia ricca si deduce anche dal numero di case e terreni che possedeva in Zogno e nelle sue contrade: esattamente a Capaniccioli, S. Bernardino, Inzogno, nella Foppa detta dei Pagnoni poco a monte di S. Bernardino,  Padronecco, Carubbo, S. Cipriano, Sonzogno, Tiolo, Stabello, Catremerio e Castegnola (3).
E' grazie a questa disponibilità economica che egli potè costruire il maglio nel 1581. Di questa costruzione nei documenti archivistici si parla purtroppo solo in modo indiretto. Il rogito più antico che ne riferisce è del 13 giugno 1582. In esso si precisa che Giovan Giacomo Maffeis, per dare più spazio all'attività del maglio, acquista dal comune di Zogno, rappresentato dal sindaco e da due consiglieri, quattro pezze  di  terra demaniale "sulle gierre del Brembo nel loco dela Palta" a est, a sud e a ovest del maglio stesso e "confinanti con la seriola inserviente  il detto malleo". Poichè l'opificio sembrava a tutti ubicato in un luogo pericoloso i rappresentanti del comune posero la condizione di essere sciolti da ogni responsabilità e colpa  nel  caso il Brembo travolgesse e inondasse queste terre "gierrose et sassose" (4).
La prova più diretta e sicura di questa costruzione sta comunque negli affreschi rinvenuti anni fa durante lavori di ristrutturazione della ex cartiera Lucca. Si tratta di due affreschi contrapposti di cui uno reca la sigla Z-I-M sormontata da uno schizzo di tronco d'albero con due rami, l'altro reca la scritta "DIE VII IUNII MDLXXXI". Alla luce delle nuove conoscenze circa l'esistenza e la proprietà di un maglio precedente la nascita della cartiera Brembati nello stesso luogo della cartiera, si può dire che la sigla del primo affresco, prima di oggi misteriosa, rappresenta il nome in latino, deformato dal dialetto veneto-bergamasco, di ZOAN (Giovan) IACOBO (Giacomo) MAFFEIS sormontato dallo stemma di famiglia stilizzato; l'altro invece indica esattamente la data di completamento del maglio: 7 giugno 1581. Purtroppo non è dato sapere se questo opificio fu costruito interamente ex-novo oppure sfruttando i resti di un edificio preesistente e quindi rimane insoluto il problema  se in quel luogo vi fosse in secoli precedenti la primitiva chiesa di S. Lorenzo come ipotizzato dal nostro parroco don Giulio (5).
Prima del 1581 la roggia in esame azionava due soli opifici: un mulino ed un follo indicato però in antico come "edefitio da pesta", entrambi situati "nel loco del Salegio", il primo a monte e il secondo a valle della roggia ed entrambi dotati di tre ruote. La roggia inoltre era piuttosto breve perchè non sfociava nella valletta del Monte di Zogno, come dopo la costruzione del maglio, ma sfociava direttamente nel Brembo all'altezza della ex stazione ferroviaria. La proprietà dei due edifici era divisa. Il mulino era in parte di Giovan Andrea Maffeis, fratello di Giovan Giacomo, e in parte dei fratelli Giacomo detto Chisetto e Bartolomeo Gariboldi fu Andrea detto Toloni. Il follo o pesta era in parte di Francesco Maffeis, altro fratello di Giovan Giacomo, padre di Claudio e Geronimo già conosciuti, in parte era ancora dei due fratelli Gariboldi. A Giovan Andrea e a Francesco i due edifici erano giunti dopo la morte del padre Antonio nel 1556 (6) per disposizione testamentaria del 1552 (7). Antonio Maffeis a sua volta aveva acquisito a più riprese parti dei due opifici dalle famiglie imparentate di Andrea detto Toloni fu Bartolomeo Gariboldi e di Antonio detto Salvalacqua fu Zanni Zanco Gariboldi. I primi acquisti di Antonio Maffeis risalgono al 1532 per il follo (8) e al 1533 per il mulino (9) e ci dicono che già a quel tempo entrambi gli opifici erano dotati di tre ruote ed avevano un appartamento per abitazione al piano superiore. Si trattava dunque di edifici cospicui.
La figura di Antonio Maffeis merita di essere approfondita un poco poichè oltre ad essere uno dei più ricchi possidenti di Zogno egli svolse per vari anni a partire dal 1520 la funzione di "Praesidens et Gubernator Consortii Misericordiae de Zonio" (presidente e amministratore della Misericordia di Zogno) (10) e la funzione di tesoriere del Vicariato della valle Brembana Inferiore (11). Fu un uomo pieno di iniziative. Basti pensare che a suo nome esistono più di cento rogiti per compravendita di case e terreni a titolo personale e circa trenta sottoscritti in qualità di presidente della Misericordia. Proprio a nome e a favore della Misericordia nel 1532 egli chiese al consiglio comunale di Zogno il benestare per costruire "un edefitio per macinare, folare et pestare nela contrata de Ca Panizoli" sfruttando l'acqua della valletta vicina, oggi detta della Foppa, proveniente dalla contrada Sonzogno. Il benestare fu concesso ma il progetto non andò a buon fine probabilmente per la difficoltà di alimentare in modo regolare con l'acqua questo edificio (12). Grazie ai suoi suggerimenti tuttavia non molti anni dopo la Misericordia di Zogno riuscì a divenire proprietaria, e a godere delle rendite, della quarta parte dell'antica segheria situata ad Ambria all'inizio della roggia dell'Acquada presso la valle del Lupo (13). Questa proprietà risulta confermata ancora il 23 maggio 1564 (14).
Antonio viveva in una grande casa a sud della "platea de Zonio", l'attuale piazza Garibaldi, quindi viveva in quella che oggi è nota come casa Marconi-Maffeis. Inoltre si deve precisare che vi sono delle indicazioni indirette che fanno credere che sia stato proprio Antonio Maffeis a costruire o a ingrandire questa casa, come si vede oggi, quasi di certo nei primi anni del XVI secolo. Antonio infatti visse tra il 1480 e il 1556.
Prima del 1532 purtroppo i riferimenti archivistici si perdono poichè gli atti notarili si fanno sempre più incompleti e mancanti. Perciò si può affermare solo che il mulino ed il follo "nel loco del Salegio" erano di proprietà delle due famiglie di Andrea detto Toloni Gariboldi e di Antonio detto Salvalacqua Gariboldi come sopra detto. Il mulino in particolare deve essere stato gestito, prima del 1532, per molto tempo da un figlio di Andrea di nome "Pedruco" (Pietruccio) poichè, quando nel 1550 circa questo opificio era di proprietà di Antonio Maffeis da oltre venti anni, era indicato ancora da tutti come il "mulino di Pedruco Gariboldi" (15).
Andrea detto Toloni e Antonio detto Salvalacqua Gariboldi pur vivendo a Zogno erano originari di Tiolo (16). Il ramo Toloni aveva delle proprietà anche nella contrada Acquada, di fronte a Tiolo  oltre il Brembo, e tra queste vi era un follo, quel follo che il nipote di Andrea, Giuseppe detto Chisetto figlio di Giacomo, vendette nel 1570 a Filippo Batelli originario della valle Seriana (17).
La famiglia di Andrea Gariboldi dunque era una famiglia artigiana molto intraprendente che nei primi anni del "500" si era accaparrata sulla roggia di Zogno e sulla roggia dell'Acquada gli edifici economicamente più importanti. A quell'epoca infatti la produzione di panni di lana di pecora, colorati in vario modo, era un'attività trainante non solo nell'economia della valle Brembana ma di tutto il territorio bergamasco. Purtroppo non è stato possibile sapere da quanto tempo questi Gariboldi erano proprietari dei folli e dei mulini e scoprire se siano stati essi i pionieri di queste attività artigianali in Zogno. La famiglia di Andrea Toloni Gariboldi comunque doveva essere nel settore già alla fine del “400” e avere un’esperienza pluridecennale poiché era molto stimata e considerata. Inoltre ogniqualvolta vi era un guasto nei folli e nei mulini del circondario di Zogno si ricorreva prima ad Andrea e più tardi a Giacomo. Dopo tanto lavoro svolto in umiltà un figlio di Giacomo, Giuseppe Chisetto, ebbe l'onore di diventare "consule" (sindaco) di Zogno per vari anni attorno al 1580 (18).


BIBLIOGRAFIA
1) Giuseppe Pesenti - Franco Carminati: Una Strada, Una Valle, Una Storia, Ed. Archivio Storico S. Lorenzo, Zogno 1988.
2) Archivio di Stato di Venezia. Fondo Senato. Serie Dispacci da Bergamo, anno 1605.
3) Archivio di Stato di Bergamo. Fondo Notarile: Notaio Pellegrini Paolo fu Giovanni di Zogno, cartelle 2241, 2243, vari documenti.
4) Archivio di Stato di Bergamo. Fondo Notarile: Notaio Pellegrini Giovan Battista fu Paolo di Zogno, cartella 3255. 
5) Zogno Notizie, ottobre 1974.
6) Come nota 3) ma cartella 2243, atto del 28/5/1556.
7) Come nota 3) ma cartella 2242, atto del 20/10/1552.
8) Archivio di Stato di Bergamo. Fondo Notarile:
Notaio Sonzogno Guarino fu Michele di Zogno, cartella 1170. 
9) Archivio di Stato di Bergamo. Fondo Notarile: Notaio Allegri Alessandro fu Francesco di Bergamo, cartella 1504.
10) Come nota 8) ma cartella 1169.
11) Come nota 3) ma cartella 2243.
12) Come nota 8).
13) Vedi la ricerca dedicata alla roggia Acquada (Zogno Notizie dicembre 1985; febbraio, aprile e giugno 1986).
14) Archivio di Stato di Bergamo. Fondo Notarile: Notaio Pellegrini Giovan Battista fu Paolo di Zogno, cartella 3255.  Notaio Ceroni Giovan Maria fu Giovan Pietro di Serina, cartella 2209.
15) Come nota 3).
16) Archivio di Stato di Bergamo. Fondo Notarile: Notaio Zambelli Raimondo fu Matteo di Endenna (Zogno), cartella 1381.
17) Zogno Notizie, giugno 1986, pag. 15 e ss.  
18) Come nota 4).


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