Saggi Storici
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Edizioni don Giulio Gabanelli, stampa Carminati Stampatore, Almè - Zogno

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Storia della roggia Traini

(n.5, ottobre 1996)
11/13


(Nota preliminare: questo saggio storico è stato raccolto nel volume dello stesso autore “Le Rogge di Zogno”, capitolo: Roggia Traini)

In questa parte si illustreranno le notevoli trasformazioni al percorso della roggia e agli opifici operate in pochi anni dal conte Francesco Brembati. La qualità e la quantità di queste trasformazioni, conservatesi sino ad oggi, sono tali che costringerebbero ad indicare questa roggia col nome Brembati e non col nome Traini. L'espressione "Roggia Traini" infatti, che non appare mai in alcun documento notarile, incominciò ad essere usata alla metà circa del XIX secolo dai nostri bisnonni solo per indicare il proprietario di quel momento e poi fu fatta propria, formalizzata e divulgata, però senza supporti storici, da Bortolo Belotti nella sua Storia di Zogno (1).
Agli inizi del XVII secolo la roggia in esame e i suoi opifici si trovavano in una condizione di sostanziale abbandono a causa degli attriti politici tra la Repubblica Veneta, lo Stato di Milano e la Repubblica delle Leghe Grigie per cui la valle Brembana da tempo era intensamente percorsa più da truppe militari che da carovane commerciali.
Il 26 febbraio 1608 risulta che Giovan Giacomo Maffeis di Zogno, che era stato il direttore dei lavori nella costruzione della strada Priula tra Villa d'Almè e Zogno (2), insieme al figlio Regino decise di vendere, riservandosi il diritto del riscatto, "al magnifico signor Francesco Marco Varesio fu Giovan Antonio cittadino et mercante di Milano un edeficio de malleo (maglio) seu fucina giacente nel comun de Zonio nela contrata Palta con i mantici, incudini, diritti di aqua, rote et canali et qualonque altri utensilij atti a esercitar detto malleo" al prezzo di 650 scudi (3). Questa vendita si era resa necessaria perchè Giovan Giacomo aveva quasi ottant'anni, perchè il figlio Regino era esperto di amministrazione ma non sapeva fare il fabro e perché l'attività del maglio da vari anni era intermittente per la scarsità di lavoro in quel periodo.
Nel 1612, poco dopo la morte del padre, Regino Maffeis cedendo alle insistenze del Varesio accettò di rinunciare a riscattare l'opificio in cambio di denaro ma stranamente impose al Varesio il vincolo di non trasformare mai il maglio in un follo per produrre panni di lana e di non costruire mai altri folli sulla roggia (4). Questo vincolo fu suggerito a Regino, per motivi di concorrenza, dall'amico Giovanni Sonzogno fu Tadeo di Ambria proprietario in quella contrada con i figli di una segheria, di un mulino e di un follo e non a caso testimone in questo atto notarile (5). Addirittura Regino chiese ed ottenne dai rettori di Bergamo che questo vincolo diventasse una legge dello stato che fu "publicata et gridata" in piazza a Zogno nel 1615.
Nel frattempo però il Varesio aveva venduto il maglio ai fratelli Giovanni e Sigismondo Gavazzi fu Giuseppe di Romacolo che già possedevano un follo in quella località e già avevano cominciato a trasformare in follo anche il maglio appena acquistato. Quando questo fatto fu scoperto Regino denunciò sia i Gavazzi che il Varesio i quali dopo un lungo processo furono condannati a risarcire, alla fine del 1616, la considerevole somma di 500 lire. Tale somma fu pagata in parte dal Varesio, che aveva conservato il diritto di riscatto dell'immobile, e in parte dai Gavazzi i quali però dovettero ricorrere a prestiti e indebitarsi. Per questo motivo l'edificio che era a metà maglio e a metà follo rimase bloccato per alcuni anni fino a che il 17 marzo 1623 i fratelli Gavazzi, sommersi dai debiti, rivendettero l'opificio ai fratelli Claudio e Geronimo Maffeis fu Francesco di Zogno, cugini di Regino che nel frattempo era morto (6). Anche i fratelli Maffeis non si mostrarono però decisi a sbloccare questa situazione di stallo. E' in questo clima di grande incertezza che entra in campo la figura del conte Francesco Brembati.
Francesco Brembati fu Ovidio apparteneva ad una famiglia di antichissime e nobili origini, proprietaria di vastissimi possedimenti ad Almenno S. Salvatore, Almenno S. Bartolomeo e a Brembate Sopra dove aveva anche un castello-fortezza. Nel periodo cui ci si riferisce egli abitava però stabilmente in Città Alta a Bergamo, nella contrada di S. Giacomo, dove pure possedeva numerosi immobili. La sua professione, grazie alla cultura e alle doti diplomatiche innate, consisteva nel fare l'ambasciatore in numerose città europee per conto dei signori dei vari stati in cui l'Italia era suddivisa a quel tempo. Ad esempio quando egli morì, nel 1645, si trovava a Parigi già da qualche mese in qualità di ambasciatore dei Duchi di Mantova presso il re di Francia (7). Si trattava dunque di un'attività politica di altissimo livello. Come conseguenza di questo fatto il conte Francesco faceva parte anche dell'Ordine di Cristo Redentore, un'organizzazione assai influente a livello politico ed economico anche a quei tempi e meno riservata di oggi, di cui egli andava fiero e perciò indicato spesso negli atti notarili con questo titolo.
Accanto all'attività politica il conte Francesco curava anche vasti interessi economici grazie ad un folto gruppo di amministratori che aveva alle sue dipendenze. Quando per il tramite di uno di essi seppe della situazione ingarbugliata creatasi attorno alla roggia di Zogno, essendo egli esperto di opifici azionati dall'acqua poichè possedeva a Brembate Sopra tre mulini e due torchi da olio e ad Ambria, contrada di Zogno, metà di un'antica segheria (8), decise subito di acquisire il maglio in oggetto dapprima pagando il 9 ottobre 1623 (9) i debiti e i  diritti di riscatto che ancora avevano sia i fratelli Gavazzi che il mercante milanese Varesio, poi acquistando a pieno titolo il maglio stesso dai fratelli Maffeis il 4 dicembre 1623 (10). Appena giunto in possesso egli eluse tutti i vincoli esistenti trasformando l'immobile in un opificio che nessuno aveva potuto prevedere: una cartiera a tre ruote idrauliche (11). Questo processo di riconversione si completò alla metà del 1625 poiché nell'ottobre del 1625 per la prima volta si ha notizia che a Zogno esiste "un edefitio da follo da carta dell'illustrissimo signor conte Brembati in loco dela Palta" (12). Si noti per inciso l'espressione "follo da carta" invece di "cartara" che sta ad indicare come questo ultimo termine sia entrato nell'uso comune solo più tardi.
E' abbastanza importante dunque sottolineare che la cartiera nacque non come costruzione nuova ma come ristrutturazione di un opificio già esistente, per l'esattezza un maglio. E' anche abbastanza interessante osservare che il Brembati volle questo opificio non solo per trarre profitti ma anche perchè, svolgendo egli l'attività di ambasciatore e scrivendo molto, era un forte consumatore di carta.
Gli interessi del conte Brembati comunque non si arrestarono qui. Mentre stava completando la cartiera nel marzo del 1625 egli acquistò da Gabriele Gariboldi fu Bartolomeo di Zogno due locali da mulino "posti nela contrata dei Molini a monte della seriola con la casa (di abitazione) sopra", un locale da pesta situato in un edificio quasi di fronte a valle però della roggia, una piccola casa situata in un terreno vicino e confinante con tali edifici e i soliti diritti per l'uso dell'acqua al prezzo di 500 scudi (13). Questi immobili erano situati circa 300 metri a est della cartiera. Le ruote dei mulini e della pesta erano tuttavia inattive da vari anni ed avevano la caratteristica di essere confinanti rispettivamente con un'altra ruota da mulino e con due ruote di pesta di Claudio e Geronimo Maffeis già conosciuti. In altre parole la proprietà di questi due edifici era frazionata. Per questo motivo il conte Brembati suggerì ai Maffeis di fare uno scambio tra la propria ruota di pesta, a valle della roggia, e la loro ruota di mulino a monte della roggia. Così facendo l'edificio a monte della roggia divenne di esclusiva proprietà Brembati con tre ruote da mulino che furono subito riattivate, mentre l'edificio a valle, e quasi di fronte, divenne di esclusiva proprietà Maffeis ed eredi con tre ruote di "pesta o batitura" utilizzabili anche come folli. Ciò avvenne nel novembre del 1625 (14).
Poichè i fratelli Maffeis trascuravano questo immobile avendo altri interessi in quel di Bergamo, ancora una volta il Brembati colse l'occasione propizia e con tenacia e insistenza riuscì a convincere i Maffeis a cedergli anche quell'edificio. Ciò avvenne dopo molti preliminari il 23 febbraio 1627 (15) con un atto notarile assai complesso poichè su quell'opificio esistevano ancora, per eredità, degli usufrutti della moglie di Regino, cugino dei fratelli Maffeis, morto da pochi anni come già detto.
Questa donna di nome Teossena figlia del nobile Aloijsio di Lallio, a sud di Bergamo, aveva sposato nell'aprile del 1600 (16) Regino (nei documenti più antichi spesso indicato come Arighino) figlio di Giovan Giacomo Maffeis ottenendo per sè una notevolissima dote in denaro e in immobili. Le pretese di questa vedova, che aveva dei figli minorenni, e dei cugini Claudio e Geronimo furono accontentate facilmente dal Brembati sia in denaro sia cedendo vasti terreni nel territorio di Osio. In tal modo il conte Brembati potè trasformare nel corso del 1627 quell'edificio in un follo a tre ruote per produrre panni di lana e divenne l'esclusivo proprietario di tutta la roggia. 
Grazie a questo fatto sempre alla fine di quell'anno egli ristrutturò la roggia allargandola e spostando il percorso un poco più a valle dopo la cartiera per far defluire meglio l'acqua e per ottenere una spinta più forte sulle ruote di tutti gli opifici (17). Questo scopo fu raggiunto anche abbassando il livello del canale e facendolo sfociare in un punto del Brembo più a valle, cioè non più nella valletta del Monte di Zogno ma nella valle di Carubbo o del Boèr dando così alla roggia la struttura che ancora oggi si può vedere. Alla luce di questi nuovi fatti, come anticipato nell’introduzione, sarebbe pertanto più corretto e doveroso definire la roggia Traini come Roggia Brembati.
Il grande entusiasmo con cui il conte Brembati impostò e seguì queste nuove attività imprenditoriali è testimoniato dal fatto che in quegli anni, per meglio curare i suoi interessi a Zogno, egli acquistò anche due importanti case poste sulla piazza del comune (l'attuale piazza Garibaldi). La prima comprendeva l'odierna filiale della banca Credito Bergamasco con una lunga ala verso piazza Italia ed era di proprietà dei fratelli Gherardo, Lanfranco, Ortensio e Galeazzo Marconi de Maffeis fu Pietro; la seconda, a contatto con la precedente, era disposta lungo il lato della piazza fin quasi all'inizio della gradinata che sale alla chiesa parrocchiale, era detta "la casa del forno" ed era di proprietà di Maffeo de Tassis fu Giovan Battista "corriero della Serenissima Republica". Il Brembati riunì le due  case e le trasformò in un grandioso palazzo che usò come residenza estiva per sè e la numerosa famiglia fino alla sua morte (18).
Per completare quanto detto si deve aggiungere ora un'altra importante notizia vale a dire che, grazie ai documenti archivistici indicati in questa puntata, si è in grado di precisare ulteriormente e in modo definitivo la datazione di un antico disegno pubblicato per la prima volta dagli autori di questa storia nel 1982 (19) illustrante il mulino detto della Misericordia, il follo e la cartiera Brembati. 
La prima analisi basata su una documentazione parziale aveva attribuito questo disegno al 1710-1720. Nella parte ottava di questa storia (20) è stato possibile affermare, grazie alla scoperta dell'anno di costruzione in pietra del ponte vecchio di Zogno, che questo disegno doveva essere anteriore al 1680. Nella parte scorsa si è dimostrato inoltre che prima del 1680 la cartiera Brembati aveva solo tre ruote idrauliche (21) il che si accorda perfettamente con quanto già affermato e con quanto mostra il disegno. Ora si può aggiungere che nel disegno si leggono alcune indicazioni che alla luce dei nuovi documenti risultano fondamentali per la datazione.
Innanzitutto si vede la cartiera a tre ruote la cui nascita ufficiale ora si può dire con certezza risale al 1625. Si nota poi una casetta poco lontano indicata come "Casa del Molinaro o Casa del Gariboldi". Questa è la casetta venduta insieme a due locali da mulino da Gabriele Gariboldi al Brembati pure nel 1625. Le "Trei rote da Molino" indicano il mulino a tre ruote ormai di un solo proprietario quindi si può dire che i tempi sono successivi allo scambio avvenuto tra il Brembati e i fratelli Maffeis nel novembre del 1625. Infine vi sono tre piccole frasi difficili da leggere perchè consunte dal tempo ma abbastanza chiare per risolvere ogni dubbio. A destra del follo si legge infatti "mola di Claudio et fratello con una mazza (pesta)". Poco sotto si legge una frase simile "mola .... con una mazza (pesta)" quasi certamente riferita a Geronimo il cui nome però è illeggibile. Sopra l'edificio da follo in basso a destra vi è una frase pure illeggibile mentre in basso a sinistra ve ne è un'altra in parte smarrita ma con due parole cruciali assai chiare "... di Regino ...".
E' evidente che questo disegno accompagnava e descriveva la complessa transazione con cui Claudio, Geronimo e la vedova di Regino Maffeis cedettero il follo al conte Brembati nel febbraio del 1627. Questo disegno dunque è stato realizzato nel 1627 e  descrive la parte iniziale della roggia e tutti gli opifici annessi che in quel momento ormai erano solo di proprietà Brembati. Pertanto questo disegno è di notevolissima importanza dal punto di vista storico e degno della massima considerazione poichè è la rappresentazione più antica che si conosca, anche se parziale, di  Zogno e del suo territorio.    


BIBLIOGRAFIA
1) Bortolo Belotti: Storia di Zogno e di alcune terre vicine, Ed. Orobiche, Bergamo 1942; pag. 105, pag. 108.
2) Giuseppe Pesenti - Franco Carminati: Una Strada, Una Valle, Una Storia, Ed. Archivio Storico S. Lorenzo, Zogno 1988, pag. 285.
3) Archivio di Stato di Bergamo. Fondo Notarile: Notaio Bresciani Giuseppe fu Antonio di Bergamo, cartella 2973.
4) Come nota 3) ma cartella 2977.
5) Zogno Notizie, aprile 1986. 
6) Archivio di Stato di Bergamo. Fondo Notarile: Notaio Tiraboschi Antonio fu Giacomo di Serina, cartella 6991.
7) Archivio di Stato di Bergamo. Fondo Notarile: Notaio Sonzogno Giovan Battista fu Sebastiano di Zogno, cartella 4261.
8) Archivio di Stato di Bergamo. Fondo Notarile: Notaio Terzi Alessandro fu Giovan Battista di Bergamo, cartella 4577. Notaio Sonzogno Giovan Battista fu Sebastiano di Zogno, cartella 4254. Vedi inoltre Zogno Notizie, giugno 1986. 
9) Archivio di Stato di Bergamo. Fondo Notarile: Notaio Terzi Orlando fu Francesco di Bergamo, cartella 7577.
10) Come nota 7) ma cartella 4254.
11) Archivio di Stato di Bergamo. Fondo Notarile: Notaio Terzi Alessandro fu Giovan Battista di Bergamo, cartella 4577.
12) Come nota 7) ma cartella 4254.
13) Come nota 7) ma cartella 4254, atto del 29/3/1625.
14) Come nota 7) ma cartella 4254, atto del 25/11/1625.
15) Archivio di Stato di Bergamo. Fondo Notarile:  Notaio Sonzogno Teodoro fu Giovan Battista di Piazzo Basso  (S. Pellegrino Terme), cartella 6216.
16) Archivio di Stato di Bergamo. Fondo Notarile: Notaio Vassallo Nicola fu Marc'Antonio di Bergamo, cartella 2858.
17) Archivio di Stato di Bergamo. Fondo Notarile: Notaio Marconi Francesco fu Decio di Zogno, cartella 4204, atti del 11/11/1627 e del 24/11/1627.
18) Come nota 7) ma cartella 4254, atti del 10/3/1623 e del 11/2/1625.
19) Zogno Notizie, giugno 1982.
20) Zogno Notizie, aprile 1996. 
21) Zogno Notizie, agosto 1996.  


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