Saggi Storici
Quaderni Brembani
Edizioni Centro Storico Culturale Valle Brembana, Corponove, Bergamo
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Nuove scoperte su due antichi pittori che hanno operato in ambito zognese (n. 17, 2019)
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Ricercando a tappeto tra i rogiti di vari notai di Zogno e dei dintorni è capitato a chi scrive di inciampare letteralmente in varie notizie assai importanti riguardanti un pittore semisconosciuto, B. Licini, della seconda metà del 1600 e un altro ben più noto e famoso, Giuseppe Belli della prima metà del 1500 di Ponteranica, che hanno realizzato più di un dipinto in territorio zognese. Per quanto riguarda il primo bisogna precisare che si deve al signor Nino Steffenoni di Zogno, discreto intenditore di affreschi e pitture antiche e conosciuto personalmente da chi scrive, la segnalazione fatta nell'aprile del 1973 di un quadro su tela ad olio presente nel Convento delle suore Terziarie Francescane di Zogno, raffigurante l'Annunciazione a Maria, e riportante in basso a destra la sigla "B. Licini F .. 68 .." [1]. Lo Steffenoni aveva riportato questa notizia alla fine di un ricchissimo inventario che egli aveva compilato, dopo lunghe ricerche, di tutti i dipinti del famosissimo pittore Bernardino Licinio (Poscante 1489 ca – Venezia 1565) le cui opere sono disseminate in quasi tutti i musei più importanti del mondo. Benchè nel 1973 tale quadro fosse molto annerito dalla patina del tempo e dal fumo delle candele e non fosse possibile leggere altro dalla sigla citata, lo Steffenoni intuì comunque che non si trattava di Bernardino Licinio e volle inserirlo in fondo a tale inventario solo per segnalare che esisteva un quadro di un probabile nuovo pittore Licini e che egli, per distinguerlo da Bernardino Licinio, suppose con un grande punto interrogativo che potesse trattarsi di Bartolomeo Licini nome tratto in realtà da una ricerca di Enrico Mangili [2].
Tra il 1980 e il 1981 su interessamento e sollecito dell'emerito parroco di Zogno monsignor don Giulio Gabanelli questo quadro ed altri due, sempre presenti nello stesso convento e relativi ancora all'Annunciazione a Maria, vennero restaurati a spese del comune e con grande sorpresa alla fine dei lavori si scoprì che in calce al primo quadro la sigla recitava chiaramente "B. Licini F. (Fecit) 1686 " mentre il secondo quadro recava nella parte inferiore dell'inginocchiatoio su cui è inginocchiata la Madonna la scritta evidente "B. Licini 1696 F. ". Il terzo quadro non presentava firme o date ma dal suo stile, dai suoi colori e soprattutto dal suo contenuto appariva ed appare come la prima metà sinistra di una scena di Annunciazione a Maria di cui il secondo quadro risulta la seconda metà a destra [3].
Nel suo scritto don Giulio Gabanelli sottolineava le notevoli dimensioni di questi dipinti, descriveva una breve storia del motivo per cui il secondo e il terzo quadro apparissero come smembrati da un solo grande quadro e spiegava come mai essi non si trovassero più nel coro o abside dell'antica chiesa del convento ma in una sala usata dalle suore. Da eccellente intenditore di pitture antiche quale egli è esprimeva poi il seguente giudizio sulla qualità dell'artista sconosciuto: "E' un pittore piacevolissimo anche se pecca d'ingenuità, sa esprimersi con toni assai caldi e sa conseguire con discreta immediatezza lo scopo che si prefigge nell'opera, di raccogliere cioè attorno al Mistero dell'Annunciazione la pietà e l'ammirazione dei fedeli. In altre parole sono quadri narrativi di un grande avvenimento, la Redenzione, capaci di risvegliare la sensibilità dei devoti e di trasformarla subito in preghiera". Concludeva infine affermando, senza supporti archivistici, che si trattava di un pittore Licini di Poscante discendente dalla famiglia dei pittori Licinio più famosi. La ricerca condotta dall'autore del presente scritto tuttavia ora ha permesso di sciogliere ogni dubbio su questo artista individuandone l'esatta e sicura identità e scoprendo anche altre sorprendenti notizie grazie a numerosi atti notarili antichi. (foto-01)
Il primo di essi risale al 19 novembre 1691 [4] in cui si rileva che certo Bernardo Rota fu Buono della contrada Braga di Poscante per fare un "livello francabile (riscattabile) more veneto" vende "al signor Bernardo pittore figliolo emancipato di Giovan Maria Licini di detto comune di Poscante" una casa posta in "contrata Piazza di Poscante (corrisponde al centro del paese)" costituita da più corpi di casa e da un poco di cortile verso sud. Insieme alla casa il Rota vende anche una terra prativa, campiva e con varie piante di vite di circa quattro pertiche bergamasche posta pure nella stessa contrada e detta "il prato della chiesa di sopra della stratta (strada)" che confina verso nord con "il cimiterio della veneranda chiesa di Poscante". Su questi immobili però gravano come servitù o ipoteche una parte della dote della moglie del Rota, vecchi debiti non onorati verso alcuni privati di Poscante e persino una decima di lire 10 che spetta alla cancelleria episcopale di Bergamo. La vendita dei due immobili è fatta per un valore pattuito di lire 65 con cui il Rota paga un residuo di spese di lane che il Licini aveva fatto tempo addietro a favore del Rota con l'aggiunta di lire 25,2 in contanti, sborsate subito. Il Licini riaffitta contestualmente il tutto allo stesso Rota per tre anni, dandogli il permesso di accedere a questa casa e alla terra, con un prezzo aggiuntivo di affitto a suo favore di lire tre all'anno e con la promessa che allo scadere del detto livello il Rota pagherà tutti i suoi debiti al Licini e che se ciò non dovesse accadere il Licini avrà la possibilità di rinnovare con ulteriori interessi tale livello oppure potrà anche annullarlo e rivalersi sul Rota pignorandone dei beni mobili o immobili. Il rogito è redatto "nel studio delle case di raggione et habitatione del padre di me nodaro infrascritto poste nella contrata del Laglio (Lallio) comune di Poscante Valle Brembana Inferiore". Il giorno 18 settembre 1692 [5], da due atti notarili registrati nella stessa data, si apprende che il signor Giovan Maria Licini di Poscante, non avendo onorato un suo vecchio debito verso Francesco Licini fu Giovan Battista pure di Poscante e altri piccoli debiti verso altri privati, aveva subìto per ordine del Podestà di Bergamo un pignoramento di alcuni mobili e di due camere della casa in cui egli abitava con la moglie Angela e che questi beni erano stati messi all'incanto per tre volte durante altrettanti giorni festivi. Non essendosi presentato alcun offerente a questi incanti, qualche tempo dopo la loro chiusura definitiva, ai due economi che avevano gestito la pratica era giunta la richiesta "del signor Bernardo pittore Licini figliolo emancipato et separato del detto signor Giovan Maria" con cui egli si rendeva disponibile a pagare tutti i debiti del padre verso terzi, cancellando ogni ipoteca, acquistando le due camere pignorate e concedendole in uso ai suoi genitori come fossero le loro e pagando per questo la somma complessiva di lire 265. Inoltre Bernardo in questo frangente decise di pagare anche il residuo di lire 390 della dote di lire 600 della sorella Antonia al marito Giovanni Gioioso fu Carlo Antonio di Poscante, che il padre non aveva ancora saldato, sicchè Giovanni restituì immediatamente la cortesia assegnando a sua moglie una controdote di lire 100. L'aspetto più interessante di questi due atti consiste tuttavia nel fatto di apprendere che le due camere che erano state pignorate erano parte di una casa di più locali posta in contrada Lallio di Poscante che era la casa paterna di Bernardo e che, a meno delle due camere pignorate, il resto di questa casa era già di proprietà di Bernardo in virtù di un'assegnazione fattagli da suo padre il 7 ottobre 1687 [6] quando Bernardo fu reso "emancipato" cioè dichiarato indipendente da suo padre. Ora Bernardo con i rogiti del 1692 acquisiva la totalità di questa casa che era composta da più vani disposti su due piani con due solai in alto dotati di loggia e da un portico a pianterreno nella cui parte seminterrata verso monte vi era una stalla. Vi era poi un cortile sul davanti verso sud, un ampio orto, un campo "vidato" cioè coltivato a vite e un vasto terreno attorno con molti alberi da frutta. I due rogiti citati sono ambedue stesi "in una stanza superiore dell'edificio della cartera (cartiera) di raggione dell'illustrissimo conte Brembato (Brembati) et habitatione del signor Paolo Zanchi posto nella terra di Zogno". In un documento del 25 giugno 1693 [7] si rileva inoltre che "il signor Bernardo figliolo separato et emancipato del signor Giovan Maria Licini comorante (abitante) nella terra di Alzano nel qual luoco esercita l'arte di pitore" avendo vari crediti verso Alvise Cornolti di Poscante, il quale è stato costretto per tali motivi e a causa di citazioni dell'ufficio pretorio di Bergamo a recarsi dapprima ad Alzano e poi in borgo Santa Caterina a Bergamo insieme a suo figlio Battista, si fa vendere dai Cornolti, con l'intervento di Giovan Santo Algarotti "speciale (farmacista o droghiere) in Bergamo" e fratello del notaio che fa da tramite e da garante, vari beni come pagamento. Tra questi beni vi sono varie vesti e attrezzi quali tre camice, una veste nera con molte rifiniture, delle tine cerchiate di ferro, due mastelli, alcune brente di legno, un anello d'oro con pietra rossa ed altre cose per un valore totale di lire 106 e inoltre una parte di diritti relativi ad un contratto di "socida (affitto con reddito suddiviso)" di alcune mucche che i Cornolti avevano con Antonio Gavazzi di Poscante. Grazie a ciò il Licini annulla un biglietto di credito a danno dei Cornolti del giorno 8 giugno precedente e registrato all'ufficio pretorio di Bergamo e dichiara di andare in pareggio anche con un acquisto già fatto da parte dello stesso Licini dai Cornolti con un rogito del notaio Lelio Panizzoli di Zogno. L'atto è steso nel solito studio del padre del notaio Algarotti.
Da questi tre documenti fondamentali si deduce l'esistenza nella seconda metà del 1600 di un pittore di nome Bernardo Licini figlio di Giovan Maria originario della contrada Lallio di Poscante ma residente già da qualche tempo ad Alzano in Valle Seriana. Grazie ad alcuni riferimenti notarili presenti in questi atti è stato possibile risalire ad altre notizie biografiche di questo nuovo pittore che risulta nato il 5 maggio 1664 [8] da Giovan Maria e da Angela Gritti fu Marco di Somendenna. Egli aveva inoltre un fratello maggiore di nome Pietro, uno minore di nome Marco e due sorelle: Angela ed Antonia. Il 7 ottobre 1687 egli ottenne l'emancipazione dal padre, cioè la dichiarazione di essere figlio autonomo economicamente e in grado di decidere da solo ogni cosa riguardante la sua persona, con il documento già citato di cui vale la pena di riassumere il contenuto per le sue caratteristiche. Si apprende infatti che Bernardo aveva chiesto più volte al padre di essere emancipato e che il padre aveva acconsentito a ciò solo dopo aver verificato negli anni che il figlio si era comportato correttamente ed aveva dimostrato di sapersi governare da solo e di voler vivere in modo onesto e di voler migliorare la propria situazione economica e sociale. Per tale motivo il padre con grande fiducia assegnava al figlio quasi tutti i propri beni immobili e Bernardo ringraziava concedendo ai genitori la proprietà e l'uso di due stanze della casa paterna a Lallio, donando loro una quantità di beni mobili e una somma in contanti pari a lire 400 e promettendo di dare lire 35 all'anno per permettere ai genitori una vita decorosa. Tale assegnazione e tali promesse erano dichiarate inoltre incontestabili da chiunque. Tutto ciò veniva proclamato davanti al vicario della Valle Brembana Inferiore, "il degnissimo signor Mario Clivati", mentre Bernardo stava inginocchiato riverentemente davanti a suo padre. Al termine della cerimonia il padre, facendo rialzare Bernardo, prendeva le sue mani e le poneva nelle mani del vicario quale segno di piena autonomia e libertà del figlio davanti alla società. Il tutto si svolse "nella saletta delle case dell'edificio della cartara (cartiera) abitazione del signor Paolo Zanchi nella terra di Zogno". (foto-02) + (foto-03) Un altro documento interessante è quello del 31 ottobre 1689 [9] con cui Bernardo promette di sposare Elisabetta Zanchi fu Raimondo di Alzano Inferiore in Valle Seriana e nel quale si stabilisce la dote di Elisabetta pari a lire 1300 pagata parzialmente e subito dalla madre di lei, Diana Fugazza, con mobili e vesti per un valore di lire 500 e con una somma in contanti di lire 100. Bernardo a sua volta per dimostrare l'affetto che porta verso Elisabetta promette di assegnarle una cospicua controdote di lire 205 che sarà sborsata quando verrà pagata tutta la dote, cosa che avverrà il 5 settembre 1696 con un rogito di un notaio di Bergamo [10] e, mantenendo la parola data, sposa Elisabetta poco dopo, il 30 novembre 1689, nella chiesa di San Martino Vescovo in Alzano Inferiore [11]. La promessa formale di sposare Elisabetta, che corrisponde alla parte civile del moderno matrimonio, fu redatta nella casa privata di Giovanni Pelizzoli di Alzano, che era stato il promotore e il mediatore dell'incontro tra i due giovani, ed è particolarmente importante poiché è in pratica da questo momento che Bernardo Licini decide di trasferirsi definitivamente ad Alzano facendo ritorno a Poscante ogni tanto per curare alcuni interessi di famiglia. Abbiamo ad esempio che il 21 giugno 1689 [12] Bernardo per recuperare vecchi crediti che suo padre aveva verso Silvestro Zambelli fu Filippo di Nese, per mercati di cera tra loro intercorsi, si fa vendere una terra prativa e fruttifera posta in territorio di Nese in forma di livello pretendendo un interesse annuo del 4%. In questo rogito, steso in una sala di una casa della parrocchia di San Martino di Alzano, si precisa in modo abbastanza sorprendente che Bernardo è cittadino di Venezia. Il 20 febbraio 1690 [13] Giovan Maria fu Pietro Licini de Varischi, cittadino di Venezia abitante a Poscante, vende al figlio Bernardo separato ed emancipato dal padre una terra prativa, campiva e con viti chiamata "la ripa" posta nella contrada Prato Grande di Poscante del valore di lire 230 su cui esisteva già un livello "francabile more veneto" a favore di Giovan Maria e quindi ora a favore di Bernardo il quale sborsa tutti i soldi in contanti. Questa somma serve a Giovan Maria per pagare un debito dello stesso valore che egli aveva verso "i signori Giovanni Furietti e fratelli di Zogno". E' abbastanza interessante osservare che in questo atto, steso sempre in una sala di una casa del "Beneficio di Santo Martino di Alzano et habitatione di me nodaro posta in Alzano", si precisa che anche il padre del nostro pittore è qualificato come cittadino di Venezia e che il cognome Licini attribuito a Pietro, nonno del pittore, deriva da un cognome più antico "Varischi". Il 6 aprile 1690 [14] Pietro Licini di Giovan Maria di Poscante, che portava lo stesso nome del nonno, rinuncia e vende al fratello Bernardo figlio separato ed emancipato dello stesso Giovan Maria certi diritti e alcuni beni dell'eredità della propria moglie e rilascia ricevuta di pagamento immediato a Bernardo. Il rogito è steso nello studio di un notaio di Alzano. Il 15 marzo 1691 [15] Bernardo Licini acquista un vecchio livello passivo di suo padre Giovan Maria, sostituendosi a lui, da Carlo Carrara fu Giacomo di Alzano del valore di lire 320. Giovan Maria è ancora dichiarato cittadino di Venezia abitante a Poscante e l'atto è steso in casa del Carrara. Il 17 aprile 1692 [16] Bernardo Licini di Giovan Maria originario di Poscante ma abitante ad Alzano acquista un fienile "costituito da due luoghi uno teraneo e l'altro sopra" posto in contrada di Acqua Fredda di Poscante dallo stesso Alvise Cornolti già conosciuto per recuperare un vecchio credito di lire 142 dovuto a mercato di lane. Il rogito è steso a Zogno nello studio del notaio Panizzoli. Il 20 maggio 1692 [17] si deve registrare un'attività abbastanza singolare in quanto Bernardo Licini figlio emancipato di Giovan Maria, sempre originario di Poscante ma abitante ad Alzano, insieme al fratello Marco "figlio dello stesso padre Giovan Maria Licini fu Pietro ed abitante a Poscante" fanno insieme procura in Francesco Dall'Acqua di Giovan Antonio di Murano per ottenere, chiedendo ai magistrati di qualunque collegio di Venezia e di Murano, di diventare cittadini oltre che di Venezia anche di Murano e di poter usufruire sia degli obblighi che degli onori che delle "promissioni (favori o aiuti)" che tale cittadinanza comporta, cittadinanza il cui scopo, nonostante approfondite ricerche, non è stato possibile scoprire. Il 19 novembre 1692 [18] il nostro Bernardo, ancora figlio separato ed emancipato di Giovan Maria nativo di Poscante "et al presente abitante nella terra di Alzano" riscatta con lire 251,10 il livello citato al documento del 15 marzo 1691. Il rogito è steso a Lallio di Poscante nel solito studio del notaio Algarotti. Il 4 marzo 1693 [19] è il padre del notaio Alessandro Algarotti, Giacomo, a vendere un rudere di casa posto in contrada Lallio per lire 28,10 a Bernardo sempre "comorante nella terra di Alzano" con un rogito steso a Lallio. Infine il 31 gennaio 1698 [20] ancora Bernardo figlio separato ed emancipato di Giovan Maria Licini abitante ad Alzano fa un prestito di lire 100 a Giovan Paolo Ferrari di Alzano con un livello attivo facendosi vendere da lui per garanzia una casa dello stesso valore. L'atto è steso nella casa di Alvise Baretti in Alzano. Non si sono trovati altri documenti relativi al nostro pittore che da indicazioni indirette risulta morto nei primi anni del 1700 in quanto nello stato delle anime di Alzano del 1709 appare una sola "Elisabetta Licini vedova" con a carico tre figli adolescenti o poco più: Manfredo, Angela e Vincenzo [21]. Non dovrebbero esserci molti dubbi sul fatto che si tratti di Elisabetta Zanchi referenziata come era abitudine a quel tempo col cognome del marito. Tuttavia Bernardo deve essere morto lontano sia da Poscante che da Alzano, forse durante un viaggio di lavoro, poichè il suo nome non compare nei registri dei morti di quelle parrocchie. (foto-04) Dai documenti sopra illustrati si ricavano alcune conclusioni importanti come ad esempio che il nostro pittore doveva godere di discrete condizioni economiche in virtù delle numerose compravendite di immobili e di alcuni prestiti che ha concesso nella sua vita; che doveva avere anche un discreto livello di istruzione in quanto in calce al rogito del 25 giugno 1693 appare la sua firma e la frase di accettazione delle condizioni dell'accordo con uno stile di scrittura rotondo e sicuro che denota una certa confidenza nel saper leggere e scrivere e che infine, dopo il matrimonio con Elisabetta Zanchi, egli faceva abbastanza di frequente la spola tra Alzano e Poscante, paesi che distano attraverso il passo del Monte di Nese circa tre ore di cammino. Purtroppo nonostante approfondite ricerche non è stato possibile trovare alcuna notizia riguardante la sua attività di pittore anche per il fatto che nell'epoca considerata molti committenti di quadri si accordavano solo a parole col pittore o al più attraverso una scrittura privata che non sempre era tradotta in un atto notarile vero e proprio. Pertanto ci rimangono al momento solo i tre quadri indicati come testimonianza certa della sua attività che a detta di vari esperti risultano assai piacevoli e armoniosi nella scelta dei colori. Dopo tutto ciò che si è detto è lecito però pensare che sia in Valle Brembana che in Valle Seriana che forse a Bergamo possano esistere altri quadri della seconda metà del 1600 al momento di autore ignoto ma attribuibili a questo nuovo artista.
Per quanto riguarda il secondo pittore citato all'inizio di questo scritto vi è da dire che Giuseppe Belli di Ponteranica è già noto ai critici d'arte e già si conoscono alcune vicende generali della sua vita. La sua data di nascita è incerta ed è collocabile nei primi anni "20" del 1500. Il padre Giovanni, falegname, insieme ad altri due figli fu aiutante di Giovan Francesco Capoferri che realizzò in legno le tarsie del coro di Santa Maria Maggiore di Bergamo ideate dal genio di Lorenzo Lotto. Il suo primo dipinto noto, firmato e datato 1547, rappresenta Gasparo de Albertis, cantore e maestro di cappella di Santa Maria Maggiore in Bergamo, ed ora è presente all'Accademia Carrara. Giuseppe Belli è conosciuto direttamente da Lorenzo Lotto che in un suo libro di spese lo definisce pittore di Ponteranica e dimostra di conoscere tutta la sua famiglia. E' certo che il Belli collaborò con Lotto a Venezia nel suo breve soggiorno nel 1548 e poi in un altro soggiorno ad Ancona nel 1549 in particolare per la grande pala dell'Assunta nella chiesa di San Francesco alle Scale poiché risulta che il Lotto pagò più volte il Belli per la sua collaborazione. Al momento non si hanno notizie della presenza del Belli a Bergamo prima del 1553 dove dipinge una pala per la chiesa di San Pietro in Boccaleone oggi però scomparsa e collaborando con i fratelli in alcuni fregi per completare il coro di S. Maria Maggiore. Dopo il 1555 il suo nome non appare più nei libri di pagamento della Misericordia legati a questo famoso coro ma la sua attività dovette continuare poiché nella chiesa di Miragolo San Salvatore, contrada di Zogno, si trova un dipinto della Trasfigurazione di Gesù con la sua firma e datata, secondo l'ingegnere Fornoni, al 1575; questa data tuttavia è incerta. Il Belli risulta abitante a Bergamo e sposato con Paola Benzoni dal 1566. Nel 1580 egli realizza infine un paliotto per l'altare del Corpus Domini sempre in Santa Maria Maggiore ma anche questa notizia non è sicura. Gli unici due dipinti certi sono il ritratto del musicista De Albertis e la Trasfigurazione [22] che secondo alcuni critici rivelano qualche influenza derivante dal Lotto. (foto-05) Grazie alle ricerche condotte da chi scrive è stato possibile però scoprire il contratto per la realizzazione da parte del Belli nel 1551 di un nuovo dipinto, sconosciuto sino ad oggi, per la Congregazione dei Disciplini di Zogno che in quel tempo aveva la sua sede non nella chiesa parrocchiale di San Lorenzo ma nella vicina chiesa del Convento dei Frati Serviti di San Gottardo l'attuale Convento delle suore Terziarie Francescane. Ecco il documento tradotto in modo letterale dal latino che, nonostante le ripetizioni formali ridondanti ma tipiche degli atti notarili del periodo, appare assai interessante nel contenuto [23] .
"Nel nome di Cristo così sia, nel giorno ultimo del mese di novembre 1551 indizione nona. Nel luogo di Zogno in casa di abitazione di me notaio. Presenti per testimoni il signor Antonio fu il signor Giovan Andrea de Mafeis di Zogno, il signor Giovan Domenico Rubey (Rosso) de Sonzogno, il signor Francesco figlio del fu signor Matia Magnano de Mafeis e Giovanni fu Antonio Parenzane de Rubis di Carubo (contrada Carubbo) comune di Zogno tutti abitanti e bergamaschi e asserenti di conoscersi tra di loro e chiunque di loro noti a me notaio infrascritto.
Quivi mastro Giuseppe fu mastro Giovanni de Bellis di Poltranica (Ponteranica) abitante nella Città di Bergamo da una parte; mastro Zanino fu Bartolomeo Tiziani de Rubis di Zogno agente in questa parte come ministro (presidente) del Consorzio della Disciplina di Zogno così come Giovan Pietro fu il signor Mafeo Ferarj de Gariboldis di Zogno come canepario (amministratore) del detto Consorzio dall'altra parte, i quali hanno dichiarato di superare ambedue l'età legittima, e chiunque di loro di propria volontà si sono costituiti e sono pervenuti agli infrascritti accordi convenzioni e obbligazioni come le infrascritte; cioè per primo lo stesso mastro Giuseppe ha convenuto ha stipulato ha promesso e promette obbligando se stesso e tutti i suoi beni e cose sotto pignoramento dei mobili ed immobili presenti e futuri agli stessi Zanino e Giovan Pietro, agenti ora come sopra e con la pena composta (formula giuridica notarile per inadempienza degli accordi), di così attendere (adempiere) ed osservare a favore degli stessi Zanino e Giovan Pietro sotto pena di tutti i danni le spese e gli interessi le infrascritte cose cioè che lo stesso mastro Giuseppe faccia un quadro in tela a olio in forma di pala che è nella chiesa della Signora Santa Maria dei Servi di Zogno cioè nell'altare di Santa Maddalena nel quale quadro debbano esserci le infrascritte figure cioè San Lorenzo, San Pietro martire e Santa Maddalena nel mezzo con due angeli sopra il capo della stessa figura di Santa Maddalena con il campo (sfondo) fatto a paesi (paesaggio) in modo tale che le stesse figure siano di bellezza e di confronto (paragonabili) di colori che sono e si ritrovano in quelli della pala di San Giuseppe nella detta chiesa; e fatta detta opera se non fosse dello stesso paragone o della stessa bellezza di quella di San Giuseppe allora che sia in facoltà e in libertà per ogni cosa degli stessi Zanino e Giovan Pietro quella accettare o ripudiare; (foto-06) e se da essi sarà accettata allora che il detto mastro Giuseppe sia tenuto e obbligato a porre quel quadro nel luogo della detta pala e allora per prezzo e mercato della stessa opera i prenominati signori Zanino e Giovan Pietro hanno promesso di dare e pagare al predetto mastro Giuseppe scudi otto d'oro italici e gli stessi predetti signori Zanino e Giovan Pietro hanno dichiarato che devono dare e sborsare a mastro Giuseppe attualmente (al momento o subito) uno scudo d'oro per caparra e come parte degli stessi scudi otto d'oro; e il detto mastro Giuseppe nel caso che detta opera non piacesse e non fosse accettata dagli stessi agenti a nome del detto Consorzio della Disciplina allora detto mastro Giuseppe sia tenuto e obbligato a restituire all'indietro agli stessi Zanino e Giovan Pietro lo stesso scudo d'oro per loro completo risarcimento e soddisfazione e se la detta opera sarà accettata dagli stessi prenominati Zanino e Giovan Pietro, e posta che sarà dallo stesso mastro Giuseppe nella pala predetta, allora i detti Zanino e Giovan Pietro dovranno sborsare in quel momento gli scudi sette d'oro allo stesso mastro Giuseppe per resto del prezzo e mercato fatto tra di loro circa la detta opera con il patto tuttavia e la condizione che lo stesso mastro Giuseppe sia tenuto a dare (consegnare) e a porre la stessa opera nel detto quadro da qui alle Calende di maggio prossimo futuro che sarà dell'anno 1552. Le quali cose le parti stesse così si sono convenute e si attendono di adempiere sotto pena". (foto-07)
Questo quadro purtroppo oggi non è presente nella chiesa in questione conosciuta anche col nome di chiesa di Santa Maria essendone state perse le tracce già da tempo, in altre parole è scomparso. Tuttavia esso è stato effettivamente realizzato poiché nella visita apostolica di San Carlo Borromeo del 20 ottobre 1575, dopo che si sono affrontate alcune questioni relative alla vita religiosa di Zogno e dei suoi sacerdoti e dopo che sono state date delle disposizioni per la sistemazione di vari arredi della parrocchiale di San Lorenzo, vengono date delle disposizioni e alcune descrizioni anche della chiesa di Santa Maria dei Frati Serviti. In particolare il delegato di San Carlo Borromeo, don Cesare Pasta, afferma che in questa chiesa esiste la Scuola o Congregazione dei Disciplini abbinata all'altare laterale di Santa Maria Maddalena e che questo altare ha "una icona decorosa con immagini di santi dipinta". Inoltre aggiunge che esiste anche la Scuola o Congregazione di San Giuseppe abbinata all'altare laterale omonimo che è dotato di "una icona abbastanza decorosa e bella"[24].
In tutte le visite pastorali precedenti al 1575 le "icone" di questa chiesa non sono mai citate mentre in quelle successive non si fa più riferimento specifico a questi due dipinti. Si sa solo che nei primi decenni del 1600 è in corso una lite piuttosto seria tra la Scuola dei Disciplini e i Frati Serviti per cui i Disciplini sono costretti a spostare la loro sede in un piccolo oratorio vicino dedicato a Santa Maria Maddalena ma non è dato sapere se anche il quadro del Belli fu trasferito in quanto a partire dal 1658 nella chiesa di questo convento non è più citato l'altare secondario della Maddalena ma al suo posto è citato l'altare di San Pietro che era però uno dei santi dipinti nel quadro del Belli ed è certo che questa situazione è rimasta inalterata sino ai primi anni del 1800 [25]. Nel frattempo si deve ricordare che dopo la soppressione dell'ordine dei Frati Serviti l'intero convento e la chiesa annessa passarono attorno al 1660 in possesso della Repubblica Veneta per il tramite delle Procuratie di San Marco e che il tutto fu ceduto nel 1681 alla famiglia Furietti presente a Venezia ma originaria di Zogno. I Furietti a loro volta cedettero questi immobili nel 1731 all'ordine delle Suore Terziarie Francescane di Bergamo che vi entrarono proprio in quell'anno. Con l'arrivo del Governo Napoleonico e la soppressione di tanti monasteri tutti i beni mobili a carattere religioso presenti in questo complesso edificio furono ceduti al demanio che li mise all'incanto. Furono acquistati allora da un oste benestante di Zogno che aveva l'osteria vicina al nostro convento, Procolo Pianetti, che rivendette il tutto al Conte Greppi di Milano il quale a sua volta decise di donare il tutto alle suore Terziarie Francescane di Zogno dopo che esse avevano ripreso possesso del convento e della chiesa nel 1818. Il quadro che rappresentava la Natività di Gesù, che era collocato all'altare laterale detto di San Giuseppe della chiesa di Santa Maria, in mezzo a tante traversie fu acquisito dal parroco di Zogno del tempo, don Giovanni Craudi, che lo fece collocare nel primo altare laterale, a destra per chi entra dal portale principale, della chiesa parrocchiale dove si trova anche oggi [26]. Nulla è dato sapere sul destino del dipinto del Belli dedicato sostanzialmente a Santa Maria Maddalena. (foto-08)
E' necessario ora fare alcune osservazioni che emergono abbastanza naturalmente dal documento sopra illustrato. Ad esempio circa il quadro della Natività trasferito nella parrocchiale di Zogno dal parroco Craudi non si può non ricordare che, dopo molte attribuzioni a vari autori del passato, lo storico dell'arte e critico americano Philip Rylands nel 1988 ha attribuito questo quadro con molta sicurezza e consenso generale, in base a considerazioni che qui non si possono riportare, al famoso Jacopo Negretti detto Palma il Vecchio nativo di Serina [27]. Questo fatto non può essere taciuto in quanto costituisce un condizionamento importante per il dipinto scomparso del Belli. Come abbiamo letto nel contratto sopra illustrato, in effetti i reggenti dei Disciplini di Zogno avevano imposto al Belli un limite molto stringente nel realizzare il dipinto e cioè che l'opera finita fosse confrontabile per bellezza e per toni di colore con la pala dell'altare di San Giuseppe, cioè con il quadro di Palma il Vecchio, sotto pena di conseguenze assai gravi per il Belli se ciò non fosse avvenuto. Il che significa che i reggenti dei Disciplini, anche se oggi manca la prova per una conferma, consideravano il Belli un pittore piuttosto valido in grado di avvicinarsi alla maestria e al valore di Palma il Vecchio. Vi è da dire poi che il documento illustrato afferma anche con certezza che lo stesso quadro di Palma il Vecchio esisteva nella chiesa del nostro convento già nel 1551 e non solo nel 1575 come indicato nella visita apostolica di San Carlo Borromeo, la sola cosa che era sicura sino ad ora. Ciò anticipa di molto i tempi di realizzazione di questa pala e contribuisce a migliorare le stime di attribuzione all'autore. Questo documento ci dice anche che il Belli era ritornato a Bergamo e quindi a Zogno, dopo la collaborazione nel 1549 con Lorenzo Lotto ad Ancona, già nel 1551 e non dopo il 1553, come era noto prima di oggi, e precisa inoltre che egli abitava a Bergamo e non più a Ponteranica già dal 1551 il che permette di pensare che per vivere egli abbia dipinto qualche altro quadro nel frattempo. Un'altra osservazione interessante sta nel fatto che, nonostante una ristrutturazione della chiesa di Santa Maria avvenuta attorno al 1830, le nicchie o cappellette, in cui erano inseriti gli altari laterali, nelle dimensioni non sono mai cambiate nel tempo per cui si deve concludere che anche la pala dipinta dal Belli avesse dimensioni simili a quella della Natività o di San Giuseppe dipinta da Palma il Vecchio, dimensioni che sono di cm. 157 x 243 cioè importanti il che spiega il cospicuo prezzo di 8 scudi richiesti ai Disciplini per questa opera. Per avere un confronto basti dire che Lorenzo Lotto pagò proprio al Belli per la sua collaborazione ad Ancona durata un anno 12 scudi vale a dire uno scudo al mese. Concludendo c'è da augurarsi che, nonostante il turbine rivoluzionario francese abbia distrutto molte reliquie del passato, il quadro del Belli non sia scomparso definitivamente in quanto le immagini sacre, pagate con le offerte di tutta una comunità, erano circondate sempre da grande devozione e rispetto e che pertanto sia finito in qualche collezione privata in incognito per essere stato attribuito a qualche altro pittore del 1500. In tal caso grazie alle novità contenute in questo documento esso potrebbe essere riconosciuto con una certa facilità poiché il suo tema iconografico, vale a dire Santa Maria Maddalena con due angeli sopra il capo collocata in mezzo a San Lorenzo e a San Pietro, è alquanto inconsueto.
Si ringraziano vivamente la ex madre superiora, suor Maria Rita, delle suore Terziarie Francescane di Zogno, la signora Renata Gherardi custode della chiesa di Miragolo San Salvatore, il parroco di Zogno don Angelo Vigani per aver permesso di fotografare i quadri sopra illustrati e il dr. Paolo Plebani dell'Accademia Carrara di Bergamo per aver concesso l'immagine digitale del ritratto del musicista De Albertis.
BIBLIOGRAFIA
1- Zogno Notizie, n. 2, aprile 1973 : Appunti per un Inventario, di Nino Steffenoni pag. 82-84.
2 - Enrico Mangili (P. Tosino) : vari articoli su Poscante pubblicati tra aprile e maggio 1937 in particolare vedi articolo del 7 maggio 1937.
3 - Zogno Notizie, n. 6, dicembre 1981. Vedi la copertina e l’articolo di don Giulio Gabanelli: Scoperto un pittore poscantino del 1600 sinora sconosciuto, pag. 16 e ss.
4 - Archivio di Stato di Bergamo ( = ASBG), Fondo Notarile ( = FN), notaio Algarotti Alessandro fu Giacomo di Poscante, cartella ( = c.) 5606, atto del 19/11/1691.
5 - Come nota 4) ma atto duplice del 18/09/1692.
6 - Come nota 4) ma c. 5605, atto del 07/10/1687.
7 - Come nota 4) ma atto del 25/06/1693.
8 - Archivio Parrocchiale di Poscante, registro dei Battezzati, anni 1662 - 1727. Bernardo Licini figlio di Giovan Maria e di Angela è battezzato il 6 maggio 1664 dal parroco don Marco Raspis e risulta nato il giorno precedente.
9 - ASBG, FN, notaio Noli Bernardo fu Francesco di Alzano, c. 7599, atto del 31/10/1689.
10 - ASBG, FN, notaio Ambiveri Francesco Ferrante fu Giuseppe di Bergamo, c. 7871, atto del 05/09/1696.
11 - Archivio della Parrocchia di San Martino Vescovo di Alzano, registro dei Matrimoni, anni 1632 - 1708.
12 - Come nota 9) ma atto del 21/06/1689.
13 - Come nota 9) ma atto del 20/02/1690.
14 - ASBG, FN, notaio Peliccioli Giovanni fu Giovan Antonio di Alzano, c, 4958, atto del 06/04/1690.
15 - Come nota 9) ma c. 7600, atto del 15/03/1691.
16 - ASBG, FN, notaio Panizzoli Lelio Lorenzo fu Francesco di Zogno, c. 7302, atto del 17/04/1692.
17 - Come nota 4) ma atto del 20/05/1692.
18 - Come nota 4) ma atto del 19/11/1692.
19 - Come nota 4) ma atto del 04/03/1693.
20 - Come nota 9) ma c. 7600, atto del 31/01/1698.
21 - Come nota 11) ma Registro dello Stato delle Anime, volume n. 5, anni 1709 – 1716, anno 1709, progr. 224.
22 - I PITTORI BERGAMASCHI, IL CINQUECENTO, Vol. 2°, Ed. Banca Popolare di Bergamo, 1976, pag. 101 e ss.
23 - ASBG, FN, notaio Sonzogni Michele fu Guarino di Zogno, c. 1171, vol. 1551-1557, f. 46r.
24 - GLI ATTI DELLA VISITA APOSTOLICA DI S. CARLO BORROMEO A BERGAMO (1575) a cura di Angelo Giuseppe Roncalli, cardinale patriarca di Venezia con la collaborazione di don Pietro Forno, vol. II, La Diocesi, parte III, Ed. Leo S. Olschki, Firenze 1957, pag. 12.
25 - Don Giulio Gabanelli: Le Visite Pastorali a Zogno,, Ed. Ferrari, Clusone (BG), 2002.
26 - Don Giulio Gabanelli: La Parrocchia di Zogno nei secoli, Ed. Ferrari, Clusone (BG), pag. 143 e ss.
27 - Phylip Rylands: Palma il vecchio: L’opera completa, Ed. Arnoldo Mondadori, Milano, 1988.