Saggi Storici
Quaderni Brembani

Edizioni Centro Storico Culturale Valle Brembana, Corponove, Bergamo

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Osservazioni su un antico stemma rinvenuto a San Giovanni Bianco
(n. 8, 2010)

 

Nella primavera dell’anno scorso durante lavori di restauro ad una casa posta nel centro storico di S. Giovanni Bianco è stato rinvenuto un interessante stemma in pietra recante il simbolo dell’antica famiglia Boselli. Il proprietario attuale di tale casa, il signor Bonaiti Giuseppe di S. Pellegrino Terme esercitante però in S. Giovanni un negozio per vendita di Marmi per Onoranze Funebri, al termine dei restauri ha fatto collocare questa pietra in bella vista sul muro esterno rivolto verso la strada statale che sale verso l’alta Valle Brembana facendola accompagnare da una lapide commemorativa che fa risalire tale pietra al periodo del 1100. Poco dopo questi fatti ho avuto la possibilità di farmi indicare dal signor Bonaiti il luogo esatto del ritrovamento di questa scultura insieme ad alcuni affreschi venuti alla luce, sempre durante i restauri, ai piani alti di quella casa, affreschi che rivelano uno stile barocco del tardo XVII secolo (forse degli inizi del XVIII) e che testimoniano tuttavia l’appartenenza di questa casa ad una famiglia assai importante nel paese in passato (foto 1).

Questa casa si trova tra l’attuale piazza Martiri di Cantiglio sulla destra orografica della valle Taleggio e la riva stessa di quel fiume. La pietra è stata ritrovata nel locale seminterrato prospiciente il ponte di fattura napoleonica sulla Valle Taleggio. Questo locale oggi appare seminterrato a causa della piccola strada in salita realizzata nel 1882 per collegare il ponte appena citato con la nuova carrozzabile della valle  usata ancora oggi. Tuttavia prima del 1882 questo locale appariva a pianterreno e arioso anzi prima dell’epoca napoleonica questo locale risultava un poco rialzato rispetto all’antica sede stradale in riva al fiume e in posizione dominante in quanto il ponte del periodo veneto era più piccolo e più in basso di quello napoleonico permettendo solo un passaggio ai pedoni ed alle bestie (non ai carri).  In pratica questo locale nel passato stava sul fronte principale dell’edificio e non sul retro come invece appare oggi. Bisogna sottolineare inoltre che in epoca napoleonica tutto l’agglomerato di case, di cui fa parte quella in esame, compreso tra la riva destra della Valle Taleggio e la riva destra del Brembo era ancora denominato ufficialmente “Contrada Boselli”, come risulta dai libri catastali relativi o sommarioni [1], mentre l’ampio spiazzo compreso tra il ponte napoleonico e il lato ovest di questa casa, oggi interamente occupato dalla strada statale della valle e dai suoi accessi, era ancora denominato ufficialmente in epoca austriaca “Piazza de Boselli”, come appare dalle mappe catastali relative [2]. Risulta evidente perciò che la pietra in oggetto ha a che fare con una abitazione dell’antica famiglia Boselli non solo per il suo contenuto simbolico ma anche per il luogo del suo ritrovamento (foto 2).  

Lo stemma rappresenta inequivocabilmente un bue dal corpo massiccio e dalle ampie corna andante verso destra per chi guarda la figura. Sopra la schiena dell’animale appaiono delle lettere maiuscole comprese tra due piccole stelle decorative. Ai lati inoltre l’intera figura è delimitata da due rametti di palma che fanno da cornice. Lo stile grafico delle lettere maiuscole è senza dubbio tardo-gotico mentre il ricorso ai rametti di palma come cornice tradisce un gusto classicheggiante e rinascimentale.  E’ da notare che queste due caratteristiche non sono in contrasto tra di loro in quanto la scrittura tardo-gotica da noi, in Valle Brembana, si è usata di norma  fino a quasi tutto il XVI secolo.

Le lettere incise sono senza dubbio una “M”, una “C” e una “B”. L’asta verticale a sostegno della “B” è sostituita infatti dai due tratti di chiusura della lettera “C” e questo fatto ha portato qualcuno a leggere in quella sigla il numero 3. Invece si tratta di una “B” che si legge con qualche difficoltà solo perché è a contatto di una piccola barra che si stacca dal collo del bue e che rappresenta in modo semplificato il giogo e perché è molto vicina alla stellina che delimita a destra, per chi guarda, il gruppo delle sigle. Le tre lettere indicano senza dubbio le iniziali del doppio nome di qualche importante personaggio dei Boselli. “M” potrebbe significare MARCO (assai diffuso in epoca veneta in onore del santo patrono di Venezia ma anche di origini classiche) o MATTEO o MAFFEO o MARIO (assai meno diffusi). “C” potrebbe significare CLAUDIO (un po’ meno diffuso di MARCO in epoca veneta e sempre classicheggiante) o CARLO o altri nomi facilmente intuibili ma meno frequenti (CARLO divenne molto diffuso soprattutto dopo la morte di S. Carlo Borromeo nel 1584). Poiché è risaputo che il bue è un simbolo dell’antica famiglia Boselli di S. Giovanni Bianco è naturale concludere che la terza lettera, “B”, indichi proprio l’iniziale del cognome Boselli. 

E’ da escludere che le lettere in oggetto indichino una data.  Non possono indicare come sostenuto da qualcuno gli anni 1100 o 1103 o 1300  poiché la lettera “C” è seguita da un segno che non ha a che fare nulla con i numeri ne latini ne arabi. Per esempio 1300 sarebbe espresso senza possibilità di contrazioni come “MCCC”; 1100 come “MC” e 1103, senza alternative possibili, come “MCIII”. Ma tutte queste lettere combinate tra loro non corrispondono affatto a quanto si osserva nell’incisione. Lo stile tardo-gotico inequivocabile certifica inoltre che le sigle in oggetto non rappresentano numeri ma lettere poiché in questo periodo una data era universalmente incisa in forma di numero arabo e non più ormai in forma di lettere latine ad eccezione di sculture di interesse assai rilevante e pubblico [3]. L’interpretazione più semplice poi, ma errata poiché ignora la terza sigla vale a dire la sola lettura “MC”, che vorrebbe significare 1100, è da respingere poiché attorno al 1100 non si era ancora affermata la moda per così dire di esaltare le origini di una famiglia ricorrendo ad uno stemma a meno che si trattasse di famiglie di altissimo lignaggio quali principi o duchi o delegati (feudatari) nominati direttamente dagli ultimi imperatori carolingi. E comunque lo stile scultoreo tipico dell’epoca del 1100 è molto più grezzo e schematico di quello che si osserva in questa pietra che ha invece un tratto molto preciso, ben rifinito e realistico che denota una forte padronanza nell’uso dello scalpello. Nel corso del XII secolo inoltre la Valle Brembana era semideserta quanto ad abitanti e di certo l’esigenza o il problema di affermare le proprie importanti origini era di là da venire per chi non era nato nobile.

Infine si deve considerare che nel lungo elenco di personaggi Boselli descritti da Tarcisio Salvetti [4] nella sua storia di S. Giovanni Bianco tra il 1350 e il 1550, pensando che spesso il nome dei nipoti era identico a quello dei nonni, vari rappresentanti potrebbero avere il nome con le iniziali qui proposte essendoci un Maffeo (tra i più antichi) ed un Carlo (vescovo nella prima metà del 1500). In conclusione lo stemma in esame vuole ricordare qualche personaggio di questa antica famiglia ma la sua realizzazione, per tutto quanto si è detto, risale quasi di certo alla prima metà del XVI secolo.   

Colpito dall’elegante semplicità di questa scultura chi scrive vuole ora proporre qualche spunto di riflessione nel tentativo, assai arduo, di portare qualche contributo alla ricerca del significato più corretto di tale simbolo. Nello stemmario     Camozzi-Vertova [5] lo stemma dei Boselli è sempre rappresentato, tranne per un caso di cui si dirà più avanti, da un bue andante verso sinistra (anziché verso destra) con andatura scomposta, come imbizzarrita, cavalcato da un guerriero medioevale o da un semplice uomo che brandisce una spada vestito con abiti borghesi di stile tardo quattrocentesco. Tutte queste rappresentazioni sono sempre accompagnate inoltre da un cartiglio scritto in latino che recita “A furore rusticorum libera nos Domine” che tradotto alla lettera significa: dal furore dei contadini liberaci o Signore. Tale scritta secondo una tradizione storiografica che, come asserisce lo stesso Salvetti nel suo libro, appare più che altro una leggenda starebbe a ricordare un membro della famiglia Boselli che in tempi antichi a Bergamo avrebbe sedato una ribellione di un gruppo di contadini contro dei nobili della città cavalcando per l’appunto un bue recuperato in zona e sgominando la banda di ribelli con furiosi colpi di spada. Premesso che questo gesto non appare particolarmente eroico ne cavalleresco ne eclatante, se calato nei tempi medioevali cui è riferito, ma anzi alquanto grottesco e quindi assai poco credibile, chi scrive vuole tentare una diversa interpretazione basata solo sui pochi elementi certi che si hanno a disposizione (foto 3).

Innanzitutto si deve dire che riesce difficile accettare la versione di vari studiosi secondo cui il nome Boselli deriverebbe dal termine germanico “Boso” che significa “uomo superbo, cattivo, ostile, nemico” in quanto questo significato è totalmente contrario all’immagine di forza grezza ma sostanzialmente tranquilla e pacifica, di certo non aggressiva, che trasmette il bue, figura predominante di ogni stemma dei Boselli.

In secondo luogo, sempre a parere di chi scrive, non è per niente secondario e non si può trascurare il fatto che il nome latino del bue “BOS” è la radice del cognome Boselli. In tempi assai antichi, come nel Medioevo per esempio, il secondo nome o cognome di una persona nata non nobile derivava spesso dalla sua attività lavorativa.  E’ dunque più che lecito ipotizzare che i Boselli in tempi primitivi fossero allevatori di bestiame quali buoi, vacche e vitelli. In pratica all’origine i Boselli erano mandriani. Non a caso i primi Boselli di S. Giovanni Bianco e della Valle Brembana risultano abitare nel corso del 1200 nella contrada di Cornalita al centro di un vasto altopiano che bene si prestava all’allevamento e alla gestione delle mandrie. Nello stesso tempo essi erano anche proprietari di vasti territori quasi sulla cima del sovrastante monte Sornadello dove si sfruttavano i pascoli estivi oltre alle legne dei boschi [4]. Storicamente non risulta però l’allevamento intensivo di buoi in senso proprio ne in Valle Brembana ne nella pianura bergamasca. Questi animali infatti da noi erano presenti solo in modo sporadico, in pochi esemplari, per aiutare i contadini in qualche lavoro dei campi (aratura) o nella trazione di qualche carro soprattutto in pianura. L’allevamento intensivo in Valle Brembana riguardava in realtà solo le mucche, le manze, i vitelli, le pecore e le capre. Il riferimento al bue sia nello stemma sia nel cognome della famiglia deriva pertanto, per estrapolazione, dall’esigenza di distinzione sociale intervenuta in tempi un poco successivi a quelli primordiali quando fu scelto il bue come l’animale più rappresentativo dei bovini sia per le sue dimensioni che per la sua forza, simboli naturali di superiorità e di potere. La mucca infatti non avrebbe potuto assurgere a un tale compito essendo percepita come animale troppo debole ed umile. Tuttavia è importante sottolineare che l’allevamento dei bovini, mestiere assai umile e vituperato dai veri nobili dell’epoca medioevale ed anche di qualche tempo successivo, costituiva una tra le attività economiche più redditizie di quei lontani tempi. Ed è proprio grazie alla ricchezza accumulata con questa attività umile che due o tre secoli più tardi numerosi discendenti degli originari Boselli poterono istruirsi e diventare uomini di religione, di scienza e di arte ovvero uomini di cultura come ci testimonia il lungo elenco di personaggi illustri descritti da Salvetti nella sua storia.   

Seguendo questa evoluzione generale della famiglia Boselli e dei suoi vari discendenti si può interpretare senza troppe forzature anche il motto latino che si legge nel cartiglio che accompagna gli stemmi dipinti. Questo motto non va inteso alla lettera ma in senso lato e più esattamente, secondo chi scrive, in questo modo : “liberaci o Signore dalla ferocia (brutalità) verbale e di comportamento delle persone rustiche nel senso di  rozze e ignoranti, senza cultura, rappresentate non a caso dai contadini di un tempo (rustici)”. In altre parole si tratterebbe della riedizione, riveduta e corretta, del famoso e più antico motto e augurio presente nella Divina Commedia di Dante Alighieri secondo cui gli uomini non furono creati “… per vivere come bruti (bestie) ma per seguire virtute e conoscenza…”. E dal punto di vista figurativo questo concetto è rappresentato da un membro della famiglia Boselli dei secoli XV o XVI dipinto come un paladino nel tentativo di dominare e domare, in una continua ed estenuante lotta, attraverso il suo sapere la componente rozza e bestiale che è dentro di noi simboleggiata dal bue. La storia complessiva della famiglia è lì poi a dimostrare che questa lotta si è risolta in numerosi casi a favore dei Boselli.

Il fatto che nella scultura ritrovata a S. Giovanni Bianco manchi l’incisione del cartiglio e dell’uomo che cavalca il bue, elementi sempre abbinati questi, si può giustificare in modo assai semplice pensando alla difficoltà di scolpire su pietra una frase così lunga e articolata in così poco spazio mentre è molto più facile dipingerla sia su tela che su affresco. E non a caso quest’ultima è la tipologia prevalente degli stemmi visti e collezionati dal Camozzi-Vertova. Ma forse la mancanza del motto nella pietra ritrovata a S. Giovanni Bianco potrebbe essere intenzionale nel qual caso il committente di questa scultura ha voluto fare riferimento alle origini più antiche e vere della famiglia in quanto il motto di cui si è discusso sopra appare comunque come un arricchimento successivo, un’aggiunta al  contenuto primitivo dello stemma suggerita dall’esigenza della famiglia di distinguersi in base ai meriti sociali acquisiti nel frattempo. 

Per questi motivi tale stemma è prezioso e raro poiché sembra evidenziare in maniera sobria e genuina l’identità originaria dei Boselli senza troppi scopi celebrativi e frivoli come accadeva negli stemmi ideati nel 1600 e 1700 quando il governo veneto, in cerca di soldi per la crisi economica, vendeva questi titoli a qualsiasi acquirente facilmente arricchito, desideroso di soddisfare la propria voglia e vanità di appartenere alla classe dominante dell’epoca senza averne le origini effettive. Non va nemmeno trascurato il fatto che questo stemma in pietra quasi di certo è lo stemma più antico che si conosca ad oggi di questa famiglia almeno in tutta la provincia di Bergamo.

Per motivi di completezza di tale indagine si deve ricordare infine che nella raccolta Camozzi-Vertova è segnalato un solo stemma appartenente, secondo il Camozzi, ad un ramo di una famiglia Boselli originaria di S. Pellegrino Terme senza tuttavia una documentazione di supporto (foto 4). Tale stemma per le sue caratteristiche si distoglie completamente dalle conoscenze generali che si possiedono sull’argomento. Esso presenta un avambraccio che sostiene una testa sopra una serie di righe bianche, nere e blu con uno stile che appare tardo quattrocentesco e forse anche successivo. Il significato di questa composizione grafica, che appare senza dubbio artificiosa, è alquanto enigmatico e meriterebbe un’indagine dedicata che è sperabile si possa affrontare in futuro.

BIBLIOGRAFIA

1) Archivio di Stato di Bergamo: Catasto Napoleonico, Sommarioni di S. Giovanni Bianco (circa 1808 – 1810).
2) Archivio di Stato di Bergamo: Mappe Catastali del Lombardo – Veneto : S. Giovanni Bianco, rettificata nel 1845.
3) Adriano Cappelli: DIZIONARIO DI ABBREVIATURE LATINE ED ITALIANE, Editore Ulrico Hoepli, Milano 1961. Vedi lettere B, C, M (sia minuscole che maiuscole, sia come lettera iniziale che come lettera finale di una parola) e inoltre Numerazione Romana e Numerazione Arabica)
4) Tarcisio Salvetti: S. GIOVANNI BIANCO E LE SUE CONTRADE; Ed. Ferrari, 1994.
5) Cesare dè Gherardi Camozzi Vertova: STEMMI DELLE FAMIGLIE BERGAMASCHE, Bergamo 1888 (Biblioteca Civica A.Mai).