Saggi Storici
Quaderni Brembani

Edizioni Centro Storico Culturale Valle Brembana, Corponove, Bergamo

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Ancora su alcune antiche date brembane. (n. 15, 2017)  

       

Sotto il portico ricavato tra la chiesa e il campanile della parrocchiale di Pizzino, in Valle Taleggio, esistono murate varie antiche sculture di cui chi scrive ha già commentato in parte alcune caratteristiche [1]. In particolare una di queste è costituita da una lapide dalle limitate dimensioni, alta cm. 29, larga cm. 31, profonda cm. 4 circa e incisa in pietra calcarea locale, che contiene un'iscrizione accompagnata da una data all'apparenza decisamente antica. La data infatti indica, in caratteri arabi, l'anno 1170 in cui secondo l'iscrizione si svolse un fatto d'armi tra i Guelfi e i Ghibellini di quel paese. Letteralmente vi si legge "Hic Guelphorum contra Gibelinos castri Pizini Vigiliae 1170" che significa "Qui le sentinelle del castello di Pizzino dei Guelfi contro i Ghibellini 1170".

Già pubblicata molti anni fa da chi scrive come evidente lapide commemorativa [2] essa colpisce l'attenzione non solo per il suo contenuto ma anche perché appare "strana" risultando incoerente nella sua forma o codifica per il fatto che esprime con caratteri arabi un periodo, l'anno 1170, in cui con certezza i numeri arabi non erano ancora conosciuti non solo a Pizzino in Valle Taleggio e in generale in Valle Brembana ma anche in tutta Italia e in tutta Europa. Dunque si deve concludere che quella data, pur riferendosi all'anno 1170, è stata scolpita in un tempo alquanto successivo. Oltre a questo motivo fondamentale vi sono poi altre caratteristiche che inducono a pensare che questa scultura non sia poi così tanto antica come appare. La sezione a "V" dell'incisione, l'altezza e la larghezza dei vari caratteri sia alfabetici che numerici rigorosamente uguali per tutti in modo da occupare spazi ben squadrati e regolari, quasi geometrici, dicono che nello scolpire questa iscrizione e questa data fu seguito uno stile che si può definire capitale, uno stile che si diffuse in Italia solo nel Rinascimento avanzato dopo le prime scoperte, gli studi relativi e le imitazioni di varie antichità e iscrizioni classiche romane. (foto-01) A Pizzino, vista la sua posizione lontana e abbastanza isolata dai maggiori centri cittadini più ricchi di cultura, è lecito pensare che queste conoscenze siano giunte ancora più tardi cioè non prima della seconda metà del 1500 e probabilmente anche dopo. Anche lo stile letterario dello scritto latino, che in poche parole riesce a far immaginare al lettore un intero episodio come fosse un racconto, rivela un gusto e una sensibilità per la storia e le cose del passato e nello stesso momento un desiderio di celebrare qualcosa di antico delle proprie origini che si diffuse in Italia tra le persone di una certa cultura, e tra queste anche tra alcuni religiosi, solo nella prima metà del 1700. Tutto ciò permette di affermare che questa iscrizione e la data associata siano relativamente recenti.

E' lecito pertanto sospettare, con un notevole grado di sicurezza, che questa lapide fu fatta realizzare attorno al 1750 dal parroco e vicario locale don Francesco Biava Salvioni, noto cultore di cose antiche, il quale tra l'altro fece realizzare nel 1762 con la propria firma anche la lapide commemorativa di quando San Carlo Borromeo (o il suo delegato), durante la sua visita pastorale, benedisse nel 1582 la sorgente-fontana che sta poco a valle della contrada Fraggio, presso Pizzino, lungo la mulattiera che sale da Sottochiesa. Lo stesso Francesco Biava Salvioni fece realizzare poi anche un'altra lapide in pietra calcarea quasi nera, sempre con la propria firma e con lo stesso stile e intento celebrativo, interna alla chiesetta di Fraggio in cui si afferma, in base a documenti notarili e a visite pastorali scoperte in loco come documenti archivistici, che tale chiesetta fu costruita nel 1445 come piccola cappella dedicata a Santa Margherita, vergine martire, e che fu poi ingrandita e trasformata attorno al 1492 nell'attuale chiesetta dedicata a San Lorenzo dove, sempre durante la sua visita pastorale, San Carlo Borromeo (o il suo delegato) celebrò una messa. Queste iscrizioni si possono leggere assai bene anche oggi rispettivamente sopra la sorgente-fontana citata e dentro la chiesetta di Fraggio sul lato sinistro rispetto al portale d'ingresso [3].

Un'altra data che a prima vista appare "strana" si trova sul sagrato della chiesa parrocchiale di Somendenna frazione del comune di Zogno, a poco più di 10 metri di distanza dalla facciata, cementata nella base di un cospicuo monumento funerario. Essa rappresenta in una poderosa lastra di pietra locale, larga cm. 95 e alta cm. 68, l'anno 1360 espresso in caratteri arabi all'interno di un riquadro che fa da sfondo, e al contempo da cornice, levigato ed evidenziato rispetto al piano rugoso della pietra. Allo stato attuale delle conoscenze sono assai poche le certezze che i numeri arabi fossero conosciuti in modo diffuso in Italia in quel periodo cioè nel 1360. E' più sicuro che fossero noti, ma non ancora usati, negli ambienti culturali più evoluti di alcune grandi città italiane. Quasi di certo non erano conosciuti a Somendenna. Ma al di là di questo fatto vi è una caratteristica più evidente che permette di affermare che anche questa data fu incisa in tempi assai successivi a quello indicato. Come è stato detto per l'iscrizione di Pizzino, la sezione a "V" dell'incisione, l'altezza e la larghezza dei vari caratteri rigorosamente uguali per tutti in modo da occupare spazi uguali e squadrati e, in aggiunta, la forma del numero "3", che presenta il semicerchio in alto sostituito da una sorta di angolo, dicono che nello scolpire questa data fu utilizzato anche in questo caso lo stile che si può definire capitale diffusosi in Italia, come già accennato, solo nel Rinascimento avanzato. A Somendenna, vista la sua posizione marginale anche rispetto alle principali direttrici di comunicazione locali, è lecito pensare che queste conoscenze siano giunte ancora più tardi cioè non prima della seconda metà del 1500 e probabilmente anche dopo. (foto-02)

Questa incisione comunque presenta degli aspetti notevoli e una storia interessante. Le dimensioni della lastra in effetti la fanno sembrare non una semplice lapide commemorativa ma quasi una stele come a voler ricordare qualcosa del passato di molto importante, aspetto questo che è pure mutuato dai modelli classici romani. Inoltre bisogna sapere che il monumento funerario nella cui base è murata questa lastra fu costruito nel settembre del 1928 grazie ai contributi della popolazione e degli emigrati di Somendenna nel Nord America, come risulta da un'altra iscrizione incisa nel mezzo del monumento, e che in tale iscrizione si precisa che il monumento fu costruito per sostituire una chiesetta che esisteva prima nello stesso luogo edificata nel 1750 circa per riorganizzare e riordinare la precedente area cimiteriale attorno alla parrocchiale per tutta la comunità di Somendenna. In effetti l'occasione per sostituire l'antica chiesetta con questo monumento si presentò poco prima del 1928 quando, durante i lavori di abbassamento del piano del sagrato esterno di circa 80 cm. poiché vi erano infiltrazioni di acqua nel pavimento interno della parrocchiale, si scoprirono molte ossa di defunti che furono traslate nell'antica chiesetta pericolante la quale, poco dopo, per evitare rischi di crolli fu sostituita col monumento funerario citato. La tradizione locale degli anziani sostiene inoltre che anche in un passato più lontano durante ristrutturazioni e ingrandimenti della parrocchiale, che furono vari nel corso dei secoli, furono trovate altre volte numerose ossa attorno e sotto la parrocchiale e che questi resti furono sempre raccolti in tale antica chiesetta [4]. Quasi di certo dunque quella stele fu scolpita durante una delle ristrutturazioni o ingrandimenti più significativi della chiesa attuale avvenuti a cavallo tra il 1600 e il 1700, o poco dopo, per tramandare una testimonianza decisamente importante, che diversamente sarebbe andata perduta, scoperta durante quei lavori. E' difficile non pensare che l'anno 1360 rappresenti l'epoca della costruzione della primitiva chiesa di Somendenna quando forse non era ancora parrocchiale riconosciuta ufficialmente e le cui origini al momento sono sconosciute.

Forse questa affermazione può apparire un poco azzardata perché colloca la nascita della chiesa di Somendenna, che è sempre stata una comunità abbastanza piccola, in tempi alquanto lontani. Tuttavia vi è un elemento abbastanza importante a supportare ciò oltre ad alcune considerazioni di carattere generale. L'elemento storico specifico è il fatto che la tradizione locale degli anziani ha sempre sottolineato che la chiesetta distrutta nel 1928 non era la solita chiesetta che raccoglieva i morti per la famosa peste manzoniana del 1630, di cui vi sono esempi in quasi tutti i paesi della Bergamasca, ma era il cimitero vero e proprio di tutta la comunità di Somendenna come del resto è ribadito nella iscrizione al centro del monumento funerario. La sepoltura dei morti voluta in questo luogo ubbidiva all'esigenza di conservare e tramandare il legame con gli antenati cioè di sottolineare il senso di appartenenza alla comunità originaria più antica, sia dal punto di vista religioso che civile, anche se nel corso dei secoli, per esigenze di uno spazio maggiore a causa dell'aumento della popolazione, era stata costruita una chiesa più grande al posto di quella più antica o ad essa vicina. Per quanto riguarda invece le considerazioni storiche generali per capire come e quando siano nate le prime chiese nei nostri villaggi può essere utile ricordare con una digressione quanto segue.

Dopo il periodo paleocristiano in cui le prime chiese furono costruite soprattutto nei centri cittadini già importanti in epoca romana, i lunghi secoli delle invasioni barbariche frenarono la costruzione di nuove chiese. Dopo la sconfitta definitiva dei Longobardi da parte di Carlo Magno l'incoronazione di quest'ultimo da parte di papa Leone III, nella notte di Natale dell'anno 800, diede l'avvio a una stagione di grandi riforme per la Chiesa tendente da un lato all'affermazione definitiva della Chiesa di Roma su tutto l'impero germanico (Sacro Romano Impero) e dall'altro alla legittimazione dell'imperatore come unico difensore di tutta la Cristianità. Nell'Italia settentrionale questo processo sul territorio si manifestò attraverso la costruzione di nuove chiese plebane anche nei luoghi che erano rimasti più lontani dalle grandi vie di comunicazione antica cioè nelle campagne più sperdute della Pianura Padana e in luoghi strategici delle vallate alpine e prealpine quali piazze rilevanti di mercati extraurbani sopravvissute al mondo romano o presso ponti che erano luoghi importanti di superamento di fiumi o presso passi alpini che mettevano in comunicazione versanti e vallate opposte delle montagne o in luoghi importanti per il reperimento di materie prime quali legname o minerali vari. Questo processo iniziò dalla metà del IX secolo e si protrasse per tutti i secoli X, XI e XII e portò alla creazione di una ricca rete di chiese plebane distanti tra di loro in genere non più di due giorni di cammino in modo che ciascuna avesse influenza su uno spazio geografico esteso all'incirca un giorno di cammino con lo scopo di permettere agli abitanti residenti anche nelle più lontane plaghe di assistere almeno qualche volta all'anno ai sacramenti più importanti. Per queste nuove chiese plebane fu istituzionalizzato il pagamento delle decime alla chiesa plebana più antica del territorio di riferimento cioè alla basilica o cattedrale della Diocesi. Col tempo l'arricchimento anche materiale di tali chiese grazie ai donativi di fedeli benestanti e meno benestanti portò alla nascita di interessi non solo fiscali ma anche civili attorno a queste chiese che incominciarono a diventare centri di circoscrizioni amministrative e giuridiche e nel tempo fattore pratico di suddivisione politico-amministrativa del territorio. (foto-03)

Dopo il 1100 quando si registrò una crescita demografica e si diffuse una nuova sensibilità tra i fedeli cristiani, che richiedeva una vicinanza più assidua e costante dei sacerdoti e una pratica più frequente dei sacramenti, la presenza delle chiese plebane permise la nascita di quelle che diventarono, ma non sempre, chiese parrocchiali che all'inizio erano chiese private di una comunità abbastanza numerosa nelle quali si svolgevano funzioni religiose più frequenti lungo l'anno, essenzialmente la messa domenicale, ma nelle quali il rito di iniziazione al Cristianesimo, cioè il battesimo, non si svolgeva essendo ancora riservato alla chiesa plebana originaria. Solo più tardi, dagli inizi del 1300 e diffusamente nel 1400, queste chiese poterono svolgere pienamente anche il rito del battesimo diventando a tutti gli effetti chiese parrocchiali vere e proprie autonome con l'obbligo tuttavia di versare le decime alla propria chiesa plebana originaria la quale a sua volta le riversava alla cattedrale della propria diocesi. Questo orientamento nuovo delle comunità cristiane fu recepito e sancito formalmente e propugnato dalla Chiesa di Roma con il quarto Concilio Lateranense che nel 1215 fissava il ruolo del "sacerdos proprius" cioè del sacerdote proprio o privato di una comunità incaricandolo di responsabilità pastorali e legandolo saldamente alla propria comunità di fedeli decretandone anche l'obbligo della residenza presso la chiesa dove egli officiava. Era l'inizio della fine dell'organizzazione o ordinamento della Chiesa di Roma attraverso le chiese plebane sostituito gradualmente da quello a chiese parrocchiali, un fenomeno innescato e accelerato in modo particolare in Italia settentrionale dalla nascita dei liberi comuni.

In un contesto generale di questo tipo, ritornando alla chiesa primitiva di Somendenna è ragionevole pensare che il 1360 rappresenti l'anno di costruzione della prima chiesa intesa come chiesa privata della comunità senza che essa fosse dichiarata necessariamente anche parrocchiale. Ciò dipendeva in effetti da vari fattori quali la numerosità e la ricchezza economica degli abitanti e le condizioni di vita cui era disposto ad assoggettarsi il religioso di turno in quanto il "sacerdos proprius" doveva essere sostenuto negli alimenti, dotato di un alloggio e godere di un tenore di vita dignitoso a spese esclusive della comunità e il villaggio primitivo di Somendenna, posto ai margini di un altopiano abbastanza fertile, soleggiato e ricco d'acque, per le sue dimensioni limitate doveva godere di condizioni economiche agricole capaci di sostenere un simile impegno ragionevolmente solo nel corso avanzato del 1300. Questa data dunque può semplicemente indicare la nascita della chiesa dove si incominciò a svolgere in modo autonomo alcune funzioni religiose essenziali, magari in modo non sempre regolare e continuativo lungo l'anno, per motivi di praticità e comodità cioè per evitare di recarsi alla parrocchiale di Endenna, che era abbastanza lontana, prima che la comunità di Somendenna decidesse di costituirsi a sua volta in parrocchia autonoma nel 1462 e alcuni decenni dopo anche in comune autonomo staccandosi definitivamente, non senza liti giuridiche durate per l'appunto decenni, da quello di Endenna [5].

A supportare queste considerazioni vi sono anche due nuovi documenti archivistici in latino scoperti durante la presente ricerca storica. Il primo si riferisce all'assegnazione del beneficio sacerdotale e della funzione di "beneficiale" cioè di parroco della "chiesa di San Giacomo di Sumandena (Somendenna)" al primo parroco ufficiale il "venerabile e honesto uomo il signor presbitero Ludovico de Mersis de Andena (Endenna)" da parte del "Reverendissimo ed Eminentissimo signor Giovanni Barozio per grazia di Dio vescovo di Bergamo e conte e commissario perpetuo del monastero e della chiesa di San Giacomo di Pontida" avvenuta il primo giugno 1464 come risulta da atto notarile del notaio cancelliere episcopale il "venerabile presbitero Gaspare di Antonio de Rogeris" nel quale atto si dice anche che è stato fissato il valore di tale beneficio al momento però rimasto sconosciuto. Alcuni giorni dopo tale assegnazione i rappresentanti della comunità di Somendenna, riuniti all'interno della loro chiesa, che esisteva dunque già da tempo, approvano la nomina del Mersis come loro parroco, scelgono alcuni terreni da assegnare al beneficio sacerdotale per ottenere una rendita sufficiente da destinare al parroco e alla chiesa e impongono allo stesso Mersis, nel caso e per qualunque motivo egli volesse abbandonare quell'incarico, di restituire subito quei beni immobili alla comunità di Somendenna [6]. Il secondo rogito, del 12 gennaio 1469, testimonia che il parroco Ludovico de Mersis è ancora in carica e che rilascia, nella sede del vicariato della Valle Brembana Inferiore a Zogno, una ricevuta di pagamento del valore di 14 ducati d'oro veneti, come acconto di una somma di 22 ducati simili, al notaio Alessandrino Sonzogno di Zogno procuratore di tre sindaci che a loro volta rappresentano l'intera "cura seu parochia de Sumandena" debitrice del Mersis [7].

Per quanto riguarda la problematica del primitivo utilizzo della numerazione araba può essere interessante ora ricordare per sommi capi come e quando i numeri arabi si sono diffusi, prima in Italia e poi in Europa, nel corso del 1300 in quanto queste conoscenze sono note a mala pena anche a persone che hanno ricevuto una prevalente cultura tecnica e scientifica. Bisogna dunque sapere che uno dei più brillanti matematici del Medioevo, il pisano Leonardo Fibonacci nato nel 1170 e morto dopo il 1240, trovandosi in gioventù in Africa settentrionale per la precisione in Algeria e in Egitto e più tardi in Siria per seguire gli interessi commerciali del padre mercante, apprese, studiò ed approfondì la strana numerazione utilizzata in quei paesi musulmani intuendo la formidabile novità concettuale basata sul fatto che il valore effettivo di un numero dipendeva non solo dal numero stesso ma anche dalla sua posizione all'interno di un gruppo di numeri. Egli inoltre migliorò l'uso pratico del numero "0" che all'epoca aveva un valore quasi solo filosofico significando il nulla e facendone l'ultimo numero della famosa base 10. Ritornato a Pisa nel 1202 egli pubblicò in latino il noto trattato "Liber Abbaci" con cui descriveva il nuovo sistema numerico e con cui dimostrava la semplicità e la flessibilità di questa numerazione con molti esempi pratici applicati a problemi commerciali e monetari. Ci fu anche un'ulteriore spiegazione più completa di questo sistema pubblicata però postuma. Purtroppo questa numerazione agli inizi fu guardata con molti sospetti perché non compresa, soprattutto dai politici, per cui si arrivò all'assurdo nel 1280 che il comune di Firenze, sotto la cui influenza nel frattempo era caduta la città di Pisa, vietò a tutti i commercianti e professionisti di usare questo nuovo sistema. Ma la maggiore semplicità e flessibilità di questa numerazione rispetto a quella latina nell'esprimere e nel calcolare le grandi cifre si impose inevitabilmente nelle operazioni pratiche per cui nella seconda metà del 1300 i mercanti e gli artigiani più importanti delle più grandi città italiane usavano abbastanza correntemente questi numeri. Tuttavia poiché le attività artigianali di qualunque tipo, in particolare quelle dei capomastri edili, erano considerate attività socialmente di rango inferiore rispetto a quelle religiose, filosofiche, giuridiche e politiche, che erano appannaggio delle classi dominanti, negli ambienti istituzionali, i soli a detenere le conoscenze classiche romane, per motivi di prestigio culturale si continuò ad usare la numerazione latina ancora per parecchio tempo, almeno fino a tutto il 1500. (foto-04) Dunque i due sistemi di numerazione coesistettero per oltre due secoli, benchè usati in ambiti diversi, prima che quello arabo si imponesse definitivamente in ogni campo. Vi è inoltre da aggiungere che, poichè gli artigiani in quei lontani tempi si esprimevano in prevalenza col dialetto regionale e registravano scarsamente documenti ufficiali, non è nemmeno molto noto quali fossero le forme esatte più antiche dei numeri arabi usati in Italia, forme determinate anche dall'esigenza pratica di una veloce scrittura e di una facile memorizzazione. Solo a cavallo tra il 1300 e il 1400 compaiono i primi numeri con forme abbastanza simili a quelle in uso oggi. A livello nazionale come esempio è abbastanza famosa la data 1444 che segna l'epoca della decorazione della Cappella di Teodolinda, con le storie omonime, nel Duomo di Monza ad opera di rappresentanti della bottega degli Zavattari di Milano su committenza del duca Filippo Maria Visconti.

Anche in Valle Brembana si osservano alcune antiche date incise in tempi precoci con caratteri arabi in modo coerente e autentico nel senso che esse furono scolpite con caratteri arabi nell'anno da esse indicato perchè in quel periodo i numeri arabi cominciavano a essere noti in modo abbastanza diffuso. (foto-05) Risalgono tutte alla seconda metà del 1400 e il loro tipo di incisione e la loro forma vanno sotto il nome non del tutto appropriato di stile "gotico". Tra queste deve essere citata la data 1453, scolpita in una poderosa pietra che è la chiave di volta della porta dell'antica chiesa di Grumello de Zanchi, murata sopra la porta laterale verso nord dell'attuale chiesa che fu ristrutturata e ingrandita, ottenendo l'aspetto attuale, nei primi anni del 1700 [8]. Essa sta a indicare la trasformazione di una primitiva chiesetta o cappella, forse romanica, in una chiesa di stile tardo-gotico quando la comunità di Grumello de Zanchi, oggi in comune di Zogno, si staccò dalla chiesa parrocchiale non plebana di Poscante formando a sua volta una chiesa parrocchiale e un comune autonomo tra il 1447 e il 1460 [9]. E' rilevante in essa la forma del numero "5" che pare la moderna lettera "S". E' da notare inoltre che questa data in caratteri arabi primitivi e autentici, nel senso che si è spiegato sopra, è tra le più antiche del territorio bergamasco. (foto-06)

Un'altra data importante in numeri arabi sta scolpita nella chiave di volta di un grande portale che immette in un vasto cortile di un complesso edificio che ancora oggi appare come una cospicua casa fortificata con massicce pietre angolari squadrate in contrada di Acqua Fredda, o Cafredda, nel territorio di Poscante in comune di Zogno. Essa reca l'anno 1472 ed è importante per la Valle Brembana in quanto fa riferimento ad un evento di carattere civile, e non religioso, rappresentando quasi di certo l'anno di costruzione o di ristrutturazione e ingrandimento di quel complesso edificio. Infine vi è da ricordare lo stemma della famiglia Bonetti datato 1487 e murato sul lato a nord-est del campanile della chiesa parrocchiale di Baresi, in alta Valle Brembana, che testimonia quasi di certo un cospicuo finaziamento di questa importante famiglia alla costruzione del campanile di quella chiesa. (foto-07) Vi è da dire poi che in Valle Brembana vi sono alcune altre date di questo tipo tutte della seconda metà del 1400 tra cui merita di essere ricordata quella che sta sopra la porta laterale, a oriente, della chiesa di Sentino e Capatelli in comune di S. Giovanni Bianco che reca l'anno 1476 e che dovrebbe indicare l'epoca della trasformazione dell'antica chiesetta romanica di questa località nell'attuale chiesa a impianto tardo-gotico [10]. Alcune altre date simili si trovano a Bergamo, in città alta, risalenti sempre agli ultimi anni del 1400. Infine vi sono altre tre date assai interessanti che si trovano in ambiti geografici esterni alla Valle Brembana ma comunque vicini ad essa: le prime due sono state già pubblicate parecchi anni fa in contesti storici però molto diversi da quello presente e rifotografate l'estate scorsa da chi scrive per motivi di maggiore leggibilità e comprensione; la terza invece è inedita. Tutte queste meritano di essere illustrate per la loro antichità, per il loro significato e per la loro bellezza esecutiva oltre che per stabilire un confronto con quelle brembane. (foto-08) La prima sta quasi alla base di una poderosa casa-torre nel centro storico di Madone nella pianura bergamasca non lontano dalla riva destra del Brembo. Essa riporta l'anno 1401 nella forma * IQ0I * dove la lettera "Q" sta ad indicare il numero "4" dalla parola latina "Quattuor". Questa data di certo vuole indicare l'anno di costruzione di quella casa-torre ed è in assoluto una delle più antiche conosciute [11]. La seconda si trova sulla chiave di volta del portale della chiesa non parrocchiale, caratteristica questa da sottolineare, di S. Maria in Borgo a Nembro in Valle Seriana. Essa riporta l'anno 1458 nella forma IQ58 e testimonia il periodo della trasformazione di una precedente chiesa, risalente con certezza al V o al VI secolo, nell'attuale chiesa di impianto architettonico tardo-gotico [12]. Oltre alle caratteristiche numeriche (foto-09) è importante osservare che questa data è già accompagnata dal simbolo, o trigramma, IHS di S. Bernardino da Siena, nella forma antica YHS con un'asta della lettera "H" trasformata in croce circondata dal sole raggiante, per cui si deve pensare che questo frate, nato nel 1380 e morto nel 1444, avendo soggiornato con certezza varie volte in modo non consecutivo in territorio bergamasco tra il 1419 e il 1435, deve avere suscitato con le sue prediche semplici ma ricche di umanità una profondissima devozione nella popolazione. Al di sotto dell'anno indicato vi è da segnalare poi una scritta in parte danneggiata che precisa forse il giorno esatto di questa data: con alcune incertezze l'autore del presente scritto vi legge 30 JUNIJ o 3 ° JUNIJ oppure 8 ° JUNIJ cioè 30 Giugno o 3 Giugno o 8 Giugno. Infine l'ultima data si trova sulla facciata della chiesa parrocchiale di Ponteranica. Essa riporta l'anno 1492 che testimonia la realizzazione di un grande rosone il cui ricamo interno di pietra purtroppo è andato perduto nel corso dei secoli ed è accompagnata dalla mano benedicente del Signore e da varie lettere che dovrebbero essere le iniziali di una preghiera invocativa o di una formula di benedizione. (foto-10) E' rilevante in essa la forma aperta del numero "9" e quella del numero "2" che sembra la moderna lettera "Z". Questo rosone fu realizzato in tempi successivi alla trasformazione della primitiva chiesa in quella attuale, ancora una volta di impianto architettonico di base tardo-gotico, testimoniata da un'altra data esistente sopra la porta laterale murata, verso sud, e incisa ancora in caratteri latini: MCCCCLXXIII vale a dire 1473.

 

BIBLIOGRAFIA  

1. Giuseppe Pesenti : “Le più antiche sculture della Valle Brembana” in Quaderni Brembani n. 10, 2012, pag. 60 e ss., Ed. Corponove - BG.

2. Giuseppe Pesenti – Franco Carminati (Prida) in Zogno Notizie, n. 2 aprile 1987: Sensazionale scoperta archivistica, la Valle Taleggio nella più antica mappa che si conosca di un territorio lombardo, pag. 14 e ss., foto a pag. 21.

3. L’iscrizione sopra la sorgente-fontana recita testualmente :
“Mensis Augusti 1582
S. Carolus Card. Archiep.
Deb.Transiens (forse Pertransiens) Benefaciendo
Huic Fonti Benedixit
Ex Actis Visitationi(s)
P. F. B. S. Par.Vic.For.”
(Prete Francesco Biava Salvioni Parroco Vicario Foraneo).

L’iscrizione all’interno della chiesa di Fraggio recita testualmente:
“Hoc Sacellum S. Margaritae V.M. Circa An. 1445
ex Actis D. Io B. Maphae Salvioni Not. 10 Xbris 1458
Postea S. Laurentio L. M.
Ampliori Forma Constructum Dicatum Legitur
Actis D.Ion Ser Biavae Salvioni Not. 22 Iulii 1492
Indeque Consecratum 1548 ex Eius Codicibus
in Eodem S. Carolus 1582 Sacrum Litasse Traditur
Ex Firma Traditione et Actis Visit.

              P. Franc. Biava Salvioni
              Paroc. Vic. For. P.
                  1762 “

4. In particolare il padre, Giacomo, dell’amico Domenico Gherardi abitante a Somendenna e studioso di ricerche storiche locali, nato nel 1912 e morto nel 2008, ricordava in modo assai lucido che la lastra recante la data 1360, prima che venisse costruito il monumento funerario nel 1928, era inserita nella facciata della chiesetta abbattuta alla base dell’angolo di destra della stessa.

5. Per l’esattezza la parrocchia di Somendenna si costituì formalmente separandosi da quella di Endenna il 13/03/1462 come risulta dal manoscritto di ricerche storiche del parroco di Somendenna della fine del 1700 don Giuseppe Maria Bonesi : Varie notizie della Chiesa Parrocchiale del glorioso Apostolo S. Giacomo il Maggiore di Somendenna, pag. 4. Il manoscritto fu compilato nel 1788 e oggi si trova nell’Archivio del Monastero di S. Giacomo di Pontida alla sezione D 5.

6. Archivio di Stato di Bergamo (= ASBG). Fondo Notarile (= FN). Notaio Sonzogni Alessandrino fu Teutaldo di Zogno, cartella (= C.) 397, volume 1461-1467, f. 162r. Pertanto l’elenco dei primi parroci di Somendenna nel manoscritto di don Giuseppe Maria Bonesi citato alla nota 5), presente a pag. 26, risulta incompleto così come risulta incompleto l’analogo elenco nel volume di Paolo Lunardon e Carmelo Epis a pag. 75 : Somendenna, Miragolo, Storie di Comunità, edito da vari enti brembani pubblici e privati, 1997.  

7. ASBG.  FN.  Notaio Sonzogni Alessandrino fu Teutaldo di Zogno,  C. 397, volume 1467-1472, f. 165v.

8. Don Giulio Gabanelli : Il Sole sorge e . . .  tramonta; capitolo “Importanti scoperte storiche sulla chiesa di Grumello de Zanchi” di Giuseppe Pesenti, pag. 181 e ss. Ed. Parrocchia di S. Lorenzo, Comune di Zogno, Museo della Valle; Bergamo, 2013.

9. Archivio Storico Diocesano di Bergamo. Fondo Curia Vescovile. Fascicoli Parrocchiali, Grumello de Zanchi, cartella Misericordia, Confraternite, Oratori, Reliquie, Demarcazione nuova dei confini nel 1858 ...
ASBG. FN. Notaio Donadoni Tomaso fu Giacomo di Grumello de Zanchi, C. 11146, atto del 28/01/1725 in cui si descrive quando nacque il comune di Grumello de Zanchi.
ASBG. FN. Notaio Sonzogni Lanfranco fu Teutaldo di Zogno, C. 392, volume 1453-1455, f. 206v, atto del 29/09/1454 in cui il comune della “Parentela de Zanchis” (Grumello de Zanchi), partecipando ad un Consiglio della Valle Brembana Inferiore a Zogno nella sede del vicariato, è rappresentato dal suo console e notaio Peterzolo Zani Pezolo de Zanchis.
ASBG. FN. Notaio Sonzogni Lanfranco fu Teutaldo di Zogno, C. 393, volume 1464-1467, f. 23v, atto del 22/05/1464 in cui Pietro di Filippo detto Rusche de Zanchis di Grumello, nel suo testamento, lascia la considerevole somma per quei tempi di lire 100 imperiali alla chiesa di S. Maria di Grumello da spendersi per i paramenti o per la fabrica della chiesa e poi, a parte, altre lire 20 simili nel caso gli uomini e i vicini della Parentela de Zanchis decidano di fare e porre nella chiesa stessa una nuova croce.  

10. Giuseppe Pesenti : “Due interessanti scoperte su due chiese brembane” in Quaderni Brembani n. 13, 2015, pag. 82 e ss., Ed. Corponove - BG.

11. Vincenzo Malvestiti e Bruno Ceresoli: MADONE un secolo di storia, Ed. Villadiseriane, Ponteranica – Bergamo, 1989.
Vincenzo Malvestiti e Bruno Ceresoli: MADONE ANTIQUA, Ed. Villadiseriane, Romano di Lombardia, 2004.

12. Giovanni Bergamelli, Luigi Bergamelli, Gabriele Carrara: Nembro e la sua storia, Ed. Amministrazione Comunale di Nembro, Bergamo, 1985.