Saggi Storici
Zogno Notizie

Edizioni don Giulio Gabanelli, stampa Carminati Stampatore, Almè - Zogno).

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Viabilità ieri e oggi a Zogno

(n.6, dicembre 1981)
5/10

La volta scorsa è stato scritto che il Molino del Capo doveva trovarsi nei pressi dell'officina meccanica Chiesa-Gustinetti. Tuttavia alcuni documenti mostrati molto gentilmente dal Sig. Franco Lucca e una testimonianza altrettanto gentile del sig. Nino Fustinoni (mugnaio), entrambi di Zogno, dimostrano che quella affermazione era errata. Da queste nuove prove risulta infatti, senza alcun dubbio, che dal 1600 fino a tutto il 1800 si deve intendere quale Molino del Capo solo ed esclusivamente il molino ancora oggi situato in via A. Locatelli mentre quello che era nei pressi dell'officina meccanica Chiesa-Gustinetti era nominato Molino della Misericordia.
A maggiore conferma di ciò più di un anziano ha riferito di ricordarsi che i loro genitori chiamavano via dei Molini della Misericordia quel tratto di strada che dall'officina suddetta porta all'attuale incrocio delle cinque vie. In effetti ci era noto che questa strada era stata sistemata ed allargata con il soprannome di Circonvallazione poco dopo il completamento della  stazione  ferroviaria (1906), per collegare in modo carreggiabile la via Mazzini e la Piazza Italia con la stazione stessa, ma non ci era noto il nome della via prima di questa data; donde alcune incertezze.
Queste correzioni che sono molto gradite e ben accette, e che si spera possano giungere anche in futuro, non sminuiscono però l'importanza attribuita nella puntata precedente al viottolo che da via Vittorio Emanuele discende all'officina Chiesa-Gustinetti, anzi l'accrescono: infatti quando fu costruito il Molino del Capo (1550 circa), il Molino della Misericordia già esisteva, pertanto l'esistenza e l'uso del viottolo in questione sono confermati con sicurezza già prima del 1500.
Che cosa si può dire invece delle mulattiere nel territorio di Zogno tra il 1000 e il 1592? Le notizie non sono abbondanti ma abbastanza significative per dare una risposta sufficiente ai due problemi più importanti: la loro origine e il loro aspetto.
Per ciò che riguarda il primo evidentemente non si può dire che queste mulattiere siano sorte nel periodo indicato; nessuno potrà mai affermare quando esse furono costruite esattamente. E' più sensato credere che esse derivino da percorsi tracciati dal lento e incessante calpestio dell'uomo, e degli animali indispensabili alla sua vita, nell'andirivieni tra vari punti abitativi dove condizioni ambientali favorevoli avevano reso possibile, fin da tempi imprecisabili, una dimora fissa. Pertanto accertarsi dell'esistenza di una località significa indirettamente accertarsi della via che porta a quella località. A tal proposito da diversi documenti inediti si ricava quanto segue: Pratomano risulta citato per la prima volta nel 1180 nella forma "Prato Tomati"; Piazza Martina nel 1172 come "Plaza Martine"; Piazza Monaci nel 1250 come "Stallum de Monachis" (5.1); la contrada Colorita, che per noi oggi è tutta la zona del Monte Basso, nel 1210 come "Colareto"; la frazione Forosso o Folrosso che, salendo, precede immediatamente la Pernice, appare nel 1224 come "Foldrosso"; nel 1277 si cita una zona detta "Aralle de Mussinonibus" che ancora esiste nella contrada Camissinone; Castegnola, il nome delle due contrade che formano il paesello di S. Antonio Abbandonato, appare nel 1224 come "Castegnoquello in Monte de Zonio"; nel 1178 si legge "Teliolo" e nel 1224 "Tiolum" per cui non si può dire con sicurezza se il primo indica la località del Tiglio e il secondo quella di Tiolo o viceversa, in ogni caso è certamente una delle due (5.2).
Una valletta poco lontana da Tiolo detta Scabla è citata nel 1163 come "Scabila"; nel 1220 compare la località "Olzelera" nei pressi di una "Fontana Composta" e del "Ronchum de Colareto" per cui si trae la convinzione che si tratti di quel luogo dove esiste una antica casa isolata, in una zona un pò acquitrinosa, posta a monte del quartiere "ol Quadrèl" e che oggi è conosciuta come Colombera (5.3).
Nel 1192 si cita un piano (plano) detto "Ronchum de Astino" (5.4). Poichè alle spalle della vecchia chiesetta del Carmine, un poco in alto, esiste un pianoro anche oggi detto "Pià del Ronchèl" dove si trova, isolata, un'antica stalla dotata di camino e di finestre di una certa eleganza che fan pensare appartengano più a una casa che ad una stalla, e poichè secondo la tradizione orale del posto quella costruzione aveva a che fare in passato con dei monaci o con un convento, è forte il sospetto che il "Ronchum de Astino" si riferisca a questo luogo che dista soltanto 100 metri dalla contrada dell'Inzogno.
Nel 1163 infine compare un "Grumello de Medio" (5.5) che è da intendersi come Grumello de Zanchi in quanto esso si trova nella posizione mediana di quel contrafforte di monte sulla cui cima è invece posto Grimolto, deformazione e contrazione di Grumello Alto.
Stranamente non compaiono in maniera ufficiale, se non assai più tardi, tre contrade che hanno preso il nome dai loro abitanti i quali sono considerati appartenenti alle più antiche famiglie di Zogno: esse sono Capaniccioli da casa dei Panizolo, Carubbo da casa dei Rubis e Sonzogno da casa dei Sumzonio o Sumzonii o forme simili. Tuttavia questi cognomi vengono citati tutti e tre già poco dopo il 1150 per cui è impensabile che queste località non esistessero in questa data. Addirittura impressionante è la somiglianza tra il nome Carubbo (in bergamasco Caròbe) e quello di un tale che in un atto notarile di poco posteriore al 1150 è chiamato semplicemente "Ròbe de Zonio" (5.6).
Se si considera poi che il nome di Zogno appare per la prima volta nel 1102, quello di Stabello nel 1092, quello di Endenna nel 1086 e quello di Poscante nel 1223 (5.7), si può dire che dall'inizio del 1100 fino ai primissimi anni del 1200, la bella conca di Zogno risulta già costellata di quasi tutti i nuclei abitativi ancora oggi presenti.
Necessariamente doveva già essere definita in quel tempo anche una rete abbastanza sviluppata di linee di comunicazione tra questi punti i quali erano costituiti non sempre da case in muratura ma spesso e volentieri da casupole e capanne. In più di uno di questi documenti si fa riferimento ad  appezzamenti  di  terra "cum casa plod., palliot." cioe' con case aventi il tetto di piode (pietre piatte) e da pareti esterne formate da pali conficcati nel terreno. Non ci sarebbe da meravigliarsi se qualche abitazione fosse stata ricavata sfruttando anche le sporgenze naturali delle rocce del luogo.
Come le abitazioni in questi nuclei avevano caratteristiche di essenzialità, quasi animalesche, così anche le strade erano primitive, cioè erano più che altro sentieri o tratturi che penetravano a fatica nei boschi. Per farsi un'idea approssimata, ma indicativa, dell'ambiente che poteva esserci nel corso del 1100 non bisogna dimenticare che in quel periodo non esisteva la coltura intensiva delle campagne che si sviluppò qualche secolo più tardi e che da noi raggiunse il culmine, e purtroppo la saturazione rispetto alla popolazione, agli inizi del 1800.
Pertanto la conca di Zogno doveva apparire molto selvaggia, ricoperta di fitti boschi, quasi impenetrabili, interrotti soltanto qua e là da pochi prati circondanti le poche abitazioni dell'epoca. I prati stessi erano ricavati, ma in parte furono ricavati già prima del 1000, dal taglio dei boschi.
Si spiega così perchè il nome di molte località citate sopra è accompagnato dall'espressione Ronchum, Runcatium o Ronchellum; in latino il verbo "runcare" significa mietere e più in generale tagliare i peli. Qui perciò si può intendere: luogo dove sono stati tagliati gli alberi, o perchè l'azione del tagliare gli arbusti e gli alberi è simile a quella del mietere o perchè gli alberi sono in un certo senso i peli della terra. Per inciso, ancora oggi gli esempi di località che portano il nome di Ronco, Ronchi o Roncola si sprecano non solo nel territorio di Zogno e in valle Brembana ma in tutta la Lombardia.
Dunque la conca di Zogno non era ricca di prati, campi e orti come in parte si vedono ancor oggi, e purtroppo sulla via del completo abbandono, ma vi erano pochi spiazzi erbosi dispersi in un mare di alberi: isole di luce e di vita nella vasta oscurità dei boschi. Spostarsi e muoversi in un ambiente simile non doveva essere nè facile nè gradevole ed ogni viaggio era all'insegna del rischio e del pericolo.
Le cose migliorarono un paio di secoli più tardi, verso la fine del 1200 e l'inizio del 1300, quando l'aumento della popolazione e l'emergere di una nuova organizzazione economica, a carattere più sociale che in passato, portò alla nascita ed alla affermazione dei comuni. E' in questo periodo che si assiste probabilmente alla prima regolare sistemazione degli antichi sentieri: doveva essere motivo di vanto e orgoglio e anche una testimonianza tangibile dell'esistenza e della estensione di un comune far disporre il selciato e i cordoli (in bergamasco arnèle) per deviare l'acqua su alcuni antichi percorsi, i più usati, e dotarli, dove possibile, dei muri a secco a sinistra e a destra della via.
Nascono dunque in questi anni quelle che furono definite per la prima volta "strade comunali" e che appaiono tali anche nelle mappe censuarie moderne, benchè nel linguaggio comune si indichino in modo un poco spregiativo come mulattiere, cioè di scarsa importanza, come strade di un tempo andato su cui gli uomini potevano muoversi solo a piedi.
Allora però le mulattiere definivano lembi di territorio intoccabili, inalienabili che godevano di un rispetto quasi religioso. Essendo state sistemate con gran sacrificio di tutti, spesso con la partecipazione manuale diretta, esse contribuivano a rafforzare e a cementare il senso della comunità, pertanto erano il simbolo di un interesse al di sopra delle parti, di un valore riconosciuto e accettato da tutti.
Se poi si pensa che durante il 1300 il territorio, non solo di Zogno, era ancora scarsamente popolato, che questo secolo vede il culmine delle lotte tra Guelfi e Ghibellini, che la quasi totalità degli uomini svolgeva la vita nei campi poco lontano dalle case per il timore dell'assalto di qualche nemico vicino e che per quasi tutte le persone i confini del mondo non andavano al di là di quelli del proprio villaggio, si può capire quale importanza avessero le mulattiere per gli scarsi viandanti di quell'epoca: esse rappresentavano il cordone ombelicale che legava, almeno psicologicamente, chi era in viaggio con le mura amiche del focolare, erano un segno della presenza umana anche al di fuori del villaggio.
Assai probabilmente cominciano in questo periodo a sorgere lungo questi percorsi le santelle, che non erano solo un segno di devozione e di fede, ma anche una supplica all'essere spirituale amico raffigurato  nella  santella di dare protezione  e infondere tranquillità e coraggio al viandante solo.
Si può capire dunque quanto fosse di vitale importanza la manutenzione delle mulattiere in quei lontani tempi. Il mantenerle però era una dura lotta contro la natura poichè la pioggia, la neve e le frane dovevano cancellare facilmente quei graffi umani dalla superficie della terra.
In effetti era la natura con i suoi vari fenomeni e con il lento alternarsi delle stagioni a scandire il ritmo della vita dell'uomo, a determinarne le esigenze, i desideri, i pensieri e le possibilità d'azione. Vi era perciò un altro ostacolo alla cura delle strade ed era costituito dalla scarsa convenienza di sottrarre braccia indispensabili ai lavori dei campi per dedicarle ad una attività che non dava un tornaconto immediato.
Forse è anche per questi motivi che sono scarsissimi i documenti che accennano alla manutenzione delle mulattiere prima del 1500. Si sono trovati tre soli riferimenti: il primo cita una strada comunale linea di confine tra due privati dalle parti di Poscante; il secondo accenna a una mulattiera lungo il confine tra Zogno e Brembilla senza possibilità di sapere esattamente dove; il terzo, della metà del 1200, parla di una via che scorre sulla riva del Brembo al di sotto di Piazza Monaci.
Anche durante il governo veneto questi documenti non sono molti, anzi pochissimi in confronto alla sua durata (quasi 400 anni). Poichè da parecchie carte emerge che Venezia non si sforzò mai troppo di curare, dopo la costruzione, nemmeno la strada Priula lasciando ampie libertà nel settore ai comuni, nasce il sospetto che le nostre mulattiere non si trovassero in buone condizioni in questi anni.
Numerosi invece, rispetto ai 45 anni di governo, sono i documenti del periodo austriaco. Ancora una volta l'amministrazione austriaca appare come quella che più di altre si è occupata di strade, non solo di quelle importanti, come la strada della valle Brembana, ma anche di quelle che già nel 1800 erano considerate di grado inferiore come le vie che da Zogno diramano verso le sue contrade.
Per avere un'idea di ciò basti dire che nel 1833, quando la grande sistemazione austriaca della strada Priula era già completata, la mulattiera che da Alzano sale al Monte di Nese, scende a Poscante, a Grumello de Zanchi e a Romacolo si biforca puntando da un lato verso il ponte vecchio di Zogno e dall'altro, passando per la località Acquada, verso Ambria e la valle Serina, fa parte di un elenco di strade "cavalcatorie" della provincia di Bergamo militarmente importanti: per esse si raccomanda la massima cura nella manutenzione (5.8). Lo stesso risulta di un'altra mulattiera estranea al territorio di Zogno: quella che da S. Giovanni Bianco si dirige alla Pianca, alla frazione Cantiglio e quindi a Sottochiesa e a Vedeseta in valle Taleggio (5.9).
In alcuni casi addirittura gli Austriaci fecero interventi da manuale sostituendo le deviazioni a 90 gradi nei tornanti con ampi risvolti, per facilitare il passaggio dei muli carichi, e costruendo scolatoi laterali per l'acqua formati da un selciato più fine di quello disposto nel mezzo della via, ottenendo così anche discreti effetti estetici. Si poteva osservare questo fatto fino a qualche anno fa, prima che si diffondesse la moda delle motocross, sulla parte iniziale e finale della mulattiera che da Romacolo sale a Grumello de Zanchi, mentre si può vedere anche oggi su alcuni tratti, miracolosamente sopravvissuti, sul percorso Serina-Dossena e su quello Olda-Peghera in val Taleggio. In pratica molte mulattiere che si diramano dal centro di Zogno risentono della mano degli Austriaci. Bisogna aggiungere poi che vi sono cenni e testimonianze dirette di parecchie sistemazioni fatte dal comune di Zogno durante questo secolo e che alcune negli ultimi anni sono state viste realizzare da chi scrive sulla mulattiera che dal nostro Cimitero porta alla Pernice e lungo quella che da Romacolo porta a Endenna. In breve, l'aspetto odierno di queste vie è abbastanza diverso da quello che le doveva caratterizzare 600-700 anni fa (5.10).
Dalla seconda guerra mondiale ad oggi inoltre l'uso delle mulattiere è andato rapidamente diminuendo, sostituito, con il boom dell'automobile, dall'uso delle carrozzabili che collegano ora Zogno con tutte le località indicate più sopra. Purtroppo queste nuove vie, che lasciano nella terra ferite ben più profonde delle antiche strade, hanno in gran parte interrotto o parzialmente distrutto le mulattiere preesistenti. Molte di queste sono ridotte a sentieri impraticabili poichè le siepi laterali e gli arbusti, non più tagliati, hanno invaso la sede viaria destinando la mulattiera ad una continua degradazione e ad una rapida scomparsa.
La sola che ancora conserva un aspetto decoroso, perchè non toccata da una carrozzabile, è quella che nascendo presso lo stabilimento M.V.B. sale alla località Foppa, passa un poco a valle di Carubbo e scorrendo sul bordo dei precipizi della Corna Rossa giunge a Casarielli.
Semidistrutta è invece quella che dai pressi del Cimitero di Zogno sale al Monte Basso, a S. Cipriano, al Tiglio, a Camissinone, a Zergnone e quindi a S. Antonio Abbandonato. A questo paese si può giungere anche dai Ponti di Sedrina seguendo una via non sempre selciata passando a S. Gaetano, il Castello, Casarielli e Zergnone. In condizioni discrete è quella che dal nostro Cimitero sale a Padronecco, Forosso e alla Pernice.
Praticamente scomparsa, tranne per il primo tratto, è la via che dai Ponti di Sedrina saliva sopra le Grotte delle Meraviglie, passando per Cà Paiana, quindi per il Sànguen, Inzogno, Cornelle, S. Bernardino giungeva a Capaniccioli e da qui dopo essere ridiscesa al cosidetto Piano del Maglio arrivava a Zogno. Pure scomparsa è l'altra, che è la continuazione della precedente, e che nascendo vicino al Cimitero, (in passato usciva dalla Porta del Lucchetto), attraversava le piane di Campelmè e giungeva a Tre Fontane. Questa mulattiera rimase in condizioni buone fino a 10 anni fa.
Sulla riva sinistra del Brembo non si può tacere di tre strade che da Romacolo portavano verso Nord a Malpasso, l'Acquada e ad Ambria; verso Est a Endenna, Somendenna e Miragolo (5.11); a Sud-Est verso Grumello de Zanchi, Grimolto e Poscante.
Lo stato di queste tre mulattiere è cattivo. La mulattiera che da Poscante sale al Monte di Nese è ridotta ad una valle ma qualche tratto qua e là lascia intravedere la larghezza e la regolare pendenza che attribuiscono a questa via una importanza diversa dalle altre.
Infine bisogna citare l'ultima, sostituita 160 anni fa dalla carreggiabile austriaca, che collegava i Ponti di Sedrina con Pratomano, Stabello, Piazza Monaci e Piazza Martina. Qui essa incrociava una mulattiera che saliva dal ponte vecchio di Zogno e puntava verso Poscante e la contrada Ripa di Poscante. Quest'ultimo tratto si vede anche oggi nel bosco.
La mancanza di spazio ci costringe a tacere di qualche altra via; quel che importa ricordare però è che tutte le mulattiere indicate sopra formavano con certezza una rete di vie ben sviluppate già dal 1000-1100 le quali erano tutte della stessa importanza perchè collegavano tanti piccoli mondi, tanti universi nessuno dei quali emergeva sugli altri. Su questa rete si sovrapponevano, in maniera non molto marcata, alcune direttrici più frequentate e collegate ai ponti nel territorio di Zogno di cui si dirà prossimamente.    


BIBLIOGRAFIA
5.1) Biblioteca Civica Bergamasca: Fondo Manoscritti; Guiducci Ignazio, Compendio Archivio del Monastero di Astino; terre in Lemine, Piazza da Monaci, Poscantu, Stabulo, Prato Poningo (Manoscritto del XVII secolo).
5.2) Biblioteca Civica Bergamasca: Fondo Manoscritti;  Guiducci Ignazio, Compendio Archivio del Monastero di Astino; case e terre nel Zonio (Manoscritto del XVII secolo).
5.3) Come nota 5.2, varie pagine ss.
5.4) Come nota 5.2, varie pagine ss.
5.5) Come nota 5.2, varie pagine ss.
5.6) Biblioteca Civica Bergamasca: Fondo Manoscritti; Mozzo Giuseppe Gerolamo Ercole; Antichità Bergamasche, volume 6.
5.7) Queste quattro date sono state tratte dal libro "Storia di Zogno e di alcune terre vicine" di Bortolo Belotti e corrispondono a quanto si rileva da quattro pergamene provenienti dal Monastero di Astino e presenti nella B.C.B.
Tuttavia il noto studioso tedesco Jorg Jarnut nella sua recente opera "Bergamo 568 - 1098" ha indicato per Stabello una data un pò inferiore: 1085 (vedi opera citata a pag. 98).
5.8) Archivio di Stato di Bergamo: Fondo Regio Genio Civile; cartella 150.
5.9) Come nota 5.8, varie pagine ss.
5.10) La nota distintiva delle mulattiere costruite ex-novo o sistemate nel periodo Medioevale era la disposizione del selciato a spina di pesce. Attualmente questa caratteristica non si osserva più in alcuna mulattiera del territorio di Zogno tranne che sulla mulattiera Grimolto - Poscante per un tratto di 70 metri, quando si lascia alle spalle la contrada di Grimolto per scendere a Poscante.
5.11) Ancora oggi ai piedi della gradinata che dalla strada carrozzabile conduce al sagrato della Chiesa di Miragolo S. Marco si può vedere un cippo segnavia austriaco che indica come questa mulattiera proseguiva da un lato per Miragolo S. Salvatore, dall'altro per Alzano e Albino passando per la contrada oggi semisconosciuta di Salmezza. Un tempo tuttavia questa località, detta Salmeggia, era un centro fiorente e sede di un noto  mercato di bestiame.


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