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Edizioni don Giulio Gabanelli, stampa Carminati Stampatore, Almè - Zogno

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Nuove scoperte sulla storia di Zogno:
Una roggia non meno importante ed antica della Roggia Traini

(n.2, aprile 1986)

3/4 

(Nota preliminare : questo saggio storico è stato raccolto nel volume dello stesso autore “Le Rogge di Zogno”, capitolo : Roggia Acquada) 

Il secolo che si andrà a considerare, il diciassettesimo, è il più importante tra quelli esaminati sin qui poichè il numero e la qualità delle trasformazioni operate sia ai canali che agli opifici furono tali da assegnare alla roggia in esame l'assetto che è stato illustrato nelle parti precedenti, in pratica l'assetto moderno.
Si deve incominciare col dire che in tempi anteriori al 1700 si perdono le indicazioni della sicura esistenza del mulino "L" (foto 2), il che significa indirettamente che questo edificio fu costruito o adattato a mulino sul finire del 1600. E' stato possibile invece conoscere con certezza e dovizia di particolari quando e perchè fu costruito l'edificio "A" (foto 2). Si tratta di una vicenda assai controversa e interessante che merita di essere raccontata brevemente.
Bisogna dunque sapere che un ricco possidente di Endenna, certo Gerolamo Sonzogno fu Giovanni, indicato a volte come "speziale" a volte come "aromatario" cioè droghiere nella città di Bergamo e con interessi commerciali anche nella "inclita città di Venetia", decise di allargare il raggio delle proprie attività acquistando l'edificio "F" (foto 2) che conteneva "due folli da folar panine e un argagno" da Giuseppe Sonzogno fu Antonio di  Ambria il 4 ottobre 1691 (1). Per tale acquisto Gerolamo sborsò la considerevole somma di 3500 lire di cui oltre la metà servì a pagare i creditori di Giuseppe e si impegnò ad assumere come "lavorante preferito" lo stesso Giuseppe con lo scopo di dare un più sicuro appoggio alla sua nuova attività.
Erano appena trascorsi sei mesi da questa compravendita quando entrò in campo certo Giuseppe Sonzogno fu Giovan Battista, cugino del precedente Giuseppe, il quale in forza di una legge allora in vigore rivendicò per sè il diritto di poter riacquistare "l'edifizio da follo" che era stato tempo addietro di suo padre. Questa legge nota col nome di "retrodato o retrovendita" aveva lo scopo di favorire il tramandarsi di un'attività economica da padre in figlio. Essa aveva chiare origini medioevali e benché fosse ancora in vigore era da tempo anacronistica poichè ostacolava lo sviluppo dell'iniziativa individuale. Pertanto contro la propria volontà Gerolamo dovette cedere il recente acquisto dopo aver recuperato i propri soldi e le spese per le migliorie che aveva nel frattempo apportato (2).
Tenace come pochi e convinto che "folar panine" fosse un lavoro redditizio Gerolamo comunque non si arrese e comperò quasi subito un terreno nei pressi della valle del Lupo (foto 2), quindi chiese a tutti gli utenti della roggia in questione il permesso di poter utilizzare una parte della loro acqua. Tale permesso fu accordato a condizione che Gerolamo allargasse a proprie spese il tratto iniziale del canale compreso tra l'origine e il punto di divisione tra la cartiera "C" e la segheria "B" (foto 2). Gerolamo rispettò l'accordo e allargò il tratto comune di canale da un metro e mezzo a poco più di due metri in modo che la parte di acqua destinata agli opifici già esistenti rimanesse la stessa di prima, quindi costruì in poco tempo un nuovo edificio con "due folli et argagno da panine", per l'appunto quello segnato con la lettera "A" (foto 2). Tutto ciò fu stabilito con l'atto del 23 giugno 1692 (3). A conferma della felice intuizione di Gerolamo Sonzogno si deve ricordare che questo opificio conobbe in seguito sviluppi lusinghieri come è stato illustrato nelle parti precedenti di questa ricerca.
Il fatto in assoluto più importante del secolo è tuttavia la costruzione della cartiera per il tipo di attività abbastanza insolita per la valle Brembana anche se non del tutto nuova, per il numero delle persone coinvolte e per gli interessi commerciali suscitati (attività indotte). Si tratta di una storia assai lunga ed avvincente per la sua complessità e che purtroppo in questa sede può essere riportata solo in sintesi.
Tutto cominciò nel mese di marzo del 1674 allorchè due fratelli "Carlo et Francesco Sinibaldi cartari detti bressani (bresciani) ma hora abitanti nella terra di Zogno" chiesero ai comuni di Endenna e Somendenna la possibilità di acquistare un terreno nel loro territorio a contatto con la valle Serina con lo scopo di "construere una cartara". Dopo una "longa consideratione" il 22 marzo si riunì il consiglio degli anziani di Endenna il quale approvò all'unanimità la richiesta. Lo stesso giorno anche gli anziani di Somendenna diedero il loro consenso non senza aver consultato i rappresentanti di Endenna.
Poichè il terreno in gioco era di pertinenza comunale (oggi si direbbe più correttamente demaniale), i Sinibaldi avevano chiesto nel frattempo il permesso per costruire la cartiera anche alle autorità del governo veneto. Tale benestare giunse a Zogno nello studio del notaio Panizzoli lo stesso giorno 22 marzo (4). Pertanto il 26 successivo fu possibile stipulare l'atto definitivo con il quale i rappresentanti dei comuni di Endenna e Somendenna vendevano ai fratelli Sinibaldi per il prezzo di 200 lire:
"... una pezza di terra geriva, cornina, sassosa et spinosa con alcune piante de castegna in essa esistenti posta nel dito comun d'Endena nella contrata del Ambria in fondo alla valle chiamata del luppo alla quale confina da tutte le parti il predetto comun sicome resterà terminata (posti i termini, picchettata) da dette parti a richiesta dei detti signori compratori; la quale dentro alli territori dei detti comuni di tavole dodeci in linea misura oltre il sitto della sariola che intendono essi compratori construere et aquedoti di essa nella quale potrano li detti signori Sinibaldi compratori fabricar et construere qualonque edeffici di qual si voglia sorte a loro volontà, beneplacito et comodo loro senza alcuna contraditione ne ecetione, la quale pezza di terra, sitto di sariola, acqua et aquedoti essi signori deputati di essi comuni la danno et vendono libera in forma ecetto che dalle Publiche Gravezze al Santo Marco (le tasse dovute allo Stato di Venezia)...".
Questa "pezza di terra" sterile era composta da due lotti per usare termini più moderni: il primo aveva una superficie di una pertica e mezza (circa mille metri quadrati) ed era disposto in piano nel comune di Endenna, il secondo era una striscia lunga e stretta che risaliva per un tratto la valle Serina  posto nel comune di Somendenna.
Lo stesso giorno 26 i fratelli Sinibaldi divisero a metà il terreno acquistato e i relativi diritti ad usare l'acqua con certo Tadeo Sonzogno fu Giuseppe di Somendenna il quale era falegname ed intendeva costruire una segheria ad acqua vicino alla futura cartiera. Il che per inciso tornava utile agli stessi Sinibaldi (5).
In tal modo il 29 marzo 1674 Francesco Sinibaldi, a nome del fratello Carlo, stipulò un contratto (foto 4) con il "mastro" Francesco Ruspini di Endenna, muratore, con il quale si fissavano al prezzo di 500 scudi le modalità e i tempi di costruzione della cartiera. E' interessante riportare per sommi capi questo documento perchè permette di farsi un'idea dell'aspetto di questo edificio (6).
   "... et prima che il signor Francesco Ruspini sia obligato far in stabile forma una cartara che sia di lunghezza brazza trentasei di volto et di larghezza di brazza vintuna comprese le muraglie et più verso sino al tetto sopra la terra sia di altezza di brazza diecinove. Et parimenti far le fondamenti necessarii per fare essa fabrica e che la muraglia sopra infrascritti celtri (dal dialettale silter = volti) sia di grossezza di quarte sei ben fatta.
Che sia tenuto construervi quattro celtri in quattro stanze a basso ciouè a piè piano et sopra esse quattro stanze di larghezza proporzionata ali sudetti celtri et sopra esse stanze, in mezo, un locho da tendere la carta con suoi balconi ciouè numero dieciotto.
Che sia obligato metervi la porta maestra con pietre piche tonda di larghezza di brazza conforme l'ordinario de porte maestre.
Che sia obligato far nelle stanze a basso le portelle necessarie per traversare in detti lochi.
Che parimenti sia obligato far in esse stanze a basso balconi numero sei con li suoi piani, architravi di petra batuta con li suoi ornamenti di quadrelli (mattoni) o toffi (tufo) in bona forma.
Che sia parimenti  obligato  far in esse stanze che devono esser quatro li suoi balconi necessari per andare in esse con le sue intermediature (muri divisori o tavolati) si che restino divise in quatro stanze ben fatte. Quali balconi siano sei  di altezza brazza 3,5 et larghezza di brazza sete sicome sono quelli che s'attrovano nella cartara di Zogno con suoi piani et architravi di petra come sopra et quadreli o toffi.
Che sia obligato farli un camino in dette stanze dove sarà ordinato dal detto Sinibaldi ben fatto.
Che sia anco tenuto lasiare nella fabrica a basso li buotti (vuoti o fori) per metter le rotte (ruote). Che sia obligato allabelir et inbianchare tutta essa fabrica.
Che sia obligato far il teto sopra li detti celtri in bona et laudabile forma.
Che sia obligato pasare a piè piano della fabrica in modo che possa metervi li stravasi et le tine bisognanti.
Che sia obligato meter sopra essa fabrica li coppi solamente dopo fatti dal signor Tadeo Sonzogno tutti li legnami bisognanti.
Che sia obligato Francesco Ruspini meter tutte le materie bisognanti in essa fabrica ciouè pietre calzina sabione coppi quadreli toffi porte balconi portelle et ogni altra cossa niuna ecetuata solo il legname et fero che farà bisogno et ben fatto.
Che sia tenuto Francesco Ruspini consegnarla fabricata et stabilita come sopra nel termine di un anno ben fatta...".
Mentre fervevano i lavori di costruzione della cartiera certo Andrea Gavazzo, proprietario di quasi tutti gli opifici  all'Acquada, e Lorenzo Sonzogno, proprietario di un opificio ad Ambria ma utente del canale diretto all'Acquada, avendo inteso che i fratelli Sinibaldi volevano scaricare l'acqua nella valle Serina dopo averla utilizzata nella loro cartiera, chiesero di far defluire tale acqua nel canale diretto all'Acquada scorrendo esso a pochi metri di distanza. Tale permesso fu accordato con un patto stipulato il 14 maggio 1674 nel quale Andrea Gavazzo e Lorenzo Sonzogno nonchè i loro eredi si impegnavano a sostenere "in perpetuo" le spese di manutenzione del nuovo breve tratto di roggia che i Sinibaldi stavano costruendo a monte della cartiera (7).
Le sorprese tuttavia non erano ancora finite. Bisogna sapere infatti che il 7 aprile 1674 vi era stata una piena di un certo rilievo della valle Serina. Anche la piccola valle del Lupo era straripata ed aveva danneggiato sia la roggia che la segheria dei fratelli Antonio e Battista Sonzogno (lettera "B", foto 2). Benchè questa attività fosse secondaria per questi fratelli in quanto essi già gestivano in prima persona dei mulini nel centro di Ambria, tuttavia essi intendevano ristrutturare ed ingrandire questo antico edificio che era vicinissimo al luogo dove si stava costruendo la cartiera.
Pertanto essi chiesero ai Sinibaldi che nel costruire il loro tratto iniziale di canale, che in parte sfruttava quello già esistente, avessero dei riguardi per la cascata d'acqua che alimentava quel loro edificio. A questo punto i Sinibaldi per soddisfare tutte le richieste e per non danneggiare il canale diretto ad Ambria furono costretti a ristrutturare l'inizio della roggia in questione nel modo che si può notare facendo il confronto tra la foto 5 e la 2. Queste modifiche furono sancite con l'atto del 14 giugno 1674 sottoscritto dai fratelli Sinibaldi, dal loro socio Tadeo Sonzogno e da tutti gli utenti  della roggia  di Ambria e dell'Acquada (8). Con il consenso del Capitano di Bergamo esso fu firmato nel Palazzo della Ragione in Città Alta.
Questo atto è molto importante perchè costituisce un rinnovo dello statuto del consorzio che da tempo si era formato fra tutti gli utenti della roggia. Tra le modifiche apportate è da sottolineare la seguente: i fratelli Sinibaldi allungarono la parte di canale in comune di circa 100 metri al fine di sfruttare una modesta cascata naturale che esisteva nella valle Serina agli inizi degli orridi di Bracca (lettera "O", foto 2). Ciò permise di ottenere un salto d'acqua supplementare, per azionare gli opifici, di circa 4 metri. Un altro fatto che merita di essere citato è che la segheria di Antonio e Battista Sonzogno passò poco dopo nelle mani di Tadeo Sonzogno il quale la ristrutturò in modo sensibile.
Riassumendo, la situazione degli opifici alla fine del 1674 con riferimento alla foto 2 era la seguente:
"A"  non esistente
"B" "sega da legnami ad acqua" di proprietà di Antonio e Battista Sonzogno fu Giuseppe d'Ambria
"C" "cartara" di Francesco e Carlo Sinibaldi fu Gerolamo di origini bresciane
"D"  l'edificio era composto da due case: in quella ad Est vi era un "torchio da ollio" di Antonio Sonzogno fu Antonio; in quella ad Ovest un "molino da grano" a due ruote dei fratelli Antonio e Battista già proprietari della segheria "B"  
"E"  "sega da legnami"
"F"  "follo da pannilani": gli edifici "E" ed "F" erano dei fratelli Antonio e Lorenzo Sonzogno fu Bernardo di Ambria
"H"  "follo da pannilani" a due ruote di Andrea Gavazzo fu Sigismondo dell'Acquada
"I"  "molino da grano" a due ruote dello stesso Andrea Gavazzo
"L"  questo edificio esisteva probabilmente come casa di abitazione non come opificio che sfruttava la roggia; ai fini della presente ricerca è da considerare come non esistente.
E' abbastanza importante sottolineare che i vari Sonzogno presenti in questo prospetto risultano essere cugini tra loro in  terzo grado.
Il diciassettesimo secolo deve essere ricordato non solo per gli sviluppi positivi sin qui trattati ma anche per un fatto drammatico.
Dopo molti giorni di piogge torrenziali il giorno 22 giugno 1646 la piena del Brembo e dei suoi affluenti toccò un livello che da allora non fu più superato in base ai documenti che fino ad oggi si conoscono. Questo record storico, di cui viene data per la prima volta la notizia in questa sede, è confermato da quanto ci ha tramandato nel 1812 "l'ingegnere in capo del Dipartimento del Serio Vidali Simon Felice" il quale in un suo giro di ispezione ai ponti di interesse nazionale nella provincia di Bergamo osserva a proposito del ponte sopra il Brembo a Ponte S. Pietro che: " in elevazione di metri 9,85 della prima imposta dell'arco nel muro della casa delli signori Giovan Antonio e fratelli Moroni, a destra dell'ingresso al ponte, trovasi lapide di marmo nero coll'iscrizione seguente - Alli 22 giugno 1646 a hore 23 in giorno di lunedi l'onde di questo fiume arrivarno sin qui -".
Questa incisione, dimenticata e perduta da tempo immemorabile, è stata ritrovata casualmente in tempi recenti. Sia dalla sua posizione attuale che dalle caratteristiche note di questo ponte nel 1812 si deduce che le acque del fiume nello stretto alveo di Ponte S. Pietro arrivarono a dieci metri al di sopra del loro livello normale (9)!
Questa inondazione che colpì tutta la valle Brembana trascinò con sè diverse persone e innumerevoli capi di bestiame, sradicò alberi, asportò considerevoli lembi di prati e di campi e rese pericolanti diverse case vicine alle rive del fiume.
Anche ad Ambria si registrò un disastro. Infatti la chiusa della roggia in esame fu spazzata via e la stessa cosa successe ai primi 300 metri dei canali. La segheria "B" (foto 5) fu lambita dalle acque per più giorni ma rimase miracolosamente in piedi. Ciò che non potè fare la valle Serina fu completato dalla valle del Lupo, la quale pur essendo piccola, straripando, riempì di terra e di sassi quel poco che era rimasto dei canali in riva al fiume.
Di fronte a tanto sconcerto gli artigiani di Ambria e dell'Acquada non poterono fare altro che accordarsi per un intervento straordinario di ricostruzione e ristrutturazione della roggia e della chiusa. Questo accordo fu firmato il 23 luglio 1646 come risulta dall'atto del notaio Giuseppe Bigone de Sonzogni di Endenna. Questo atto risulta allegato e cucito con un filo di lana rossa ad uno dei documenti Panizzoli citati sopra e bisogna riconoscere che la dea fortuna in questo caso è stata generosa poichè Giuseppe Bigone è tra i notai la cui documentazione nel corso dei secoli è andata totalmente perduta. E' importante sottolineare che anche questo atto non rappresenta la prima costituzione del consorzio tra gli utenti della roggia ma il rinnovo di quella già esistente da un tempo imprecisabile (foto 6).
Questo documento insieme ad altri che saranno indicati dice che l'assetto della roggia e degli opifici, con riferimento alla foto  5, nel 1646 era il seguente:
"B" "sega da legnami ad acqua" di Gioseffo (Giuseppe) Sonzogno fu Pietro (10)
"D"  l'edificio era composto da due case: ad Est vi era il "torchio ad ollio" di Antonio Sonzogno fu Giacomo; ad Ovest un "molino da grano" ad una ruota di Gioseffo Sonzogno citato sopra.
"E"  "molino da grano"
"F"  "follo da pannilani" : a due ruote: gli opifici "E" ed "F" erano dei fratelli Antonio e Bernardo Sonzogno fu Gioseffo
"H"  "follo da pannilani" a due ruote di Sigismondo Gavazzo originario di Romacolo (11)
"I"  in questo periodo questo edificio era formato da due case: ad Est vi era un "follo" ad una sola ruota dello stesso Sigismondo Gavazzo, ad Ovest un mulino ad una sola ruota di      Zuanne (Giovanni) Quadino de Berlendis detto anche Giovanni Quadi perchè abitante da tempo imprecisabile "nela contrata de la Quada" (12).
Anche in questo prospetto i vari Sonzogno interessati risultano essere cugini tra loro ma in secondo grado.
Non essendoci altre particolari vicende da segnalare in questo periodo si può fare subito un salto all'indietro nel tempo di trent'anni. Nel 1616 la situazione della roggia e degli opifici, con riferimento sempre alla foto 5, era la seguente:
"B" "sega da legnami ad acqua" di Tadeo Sonzogno fu Giovanni  Giacomo de Sonzogno (13)
"D"  come già detto l'edificio era composto da due case: ad Est vi era un "molino da grano" , ad Ovest "una mola et pesta
"E"  "molino da grano" a due ruote: gli edifici "D" ed "E" erano di Antonio Sonzogno fu Giovanni Giacomo de Sonzogno (13)
"F"  "follo da pannilani" di Gioseffo Sonzogno fu Giovanni Giacomo de Sonzogno (13)
"H"  "follo da pannilani" a due ruote di Giacomo e Margarita Batelli fu Felipo de Quata (= Quada = Acquada) (14)
"I"  questo edificio era alquanto lungo ed era quasi attaccato all'edificio "H" come del resto è anche oggi; esso conteneva i seguenti opifici ad una sola ruota: un "molino da grano" di      Zuanne Quadino de Berlendis (Giovanni Quadi), "una pesta et mola" di Lorenzo de Berlendis fratello di Zuanne (12) e un "molino da biada" di Andrea de Berlendis fu Tonetto (15).
Prima di terminare questa parte si devono sottolineare alcune caratteristiche di questo prospetto che saranno al centro di interessanti considerazioni più avanti. Esse sono le seguenti: l'assenza del torchio di Ambria (fu infatti costruito tra il 1616 e il 1628); il fatto che tutti gli opifici di Ambria erano di proprietà di tre fratelli Tadeo, Antonio e Gioseffo i quali, a seconda dei casi furono i padri, i nonni e i bisnonni dei vari Sonzogno incontrati in questo secolo; la presenza di un mulino dedicato alla sola macina della biada e infine la presenza all'Acquada della famiglia Batelli che era originaria della valle Seriana.


BIBLIOGRAFIA
1) Archivio di Stato di Bergamo (= ASBG). Fondo notarile: Notaio Bigoni de Sonzogni Marc'Antonio fu Franco di Endenna, cartella 4450.
2) ASBG. Fondo Notarile: Notaio Grazioli de Tognini Bortolo fu Giovanni di Piazzo (S. Pellegrino Terme), cartella 5107. (Vedi l'atto del 09/01/1693 che sancisce l'avvenuta "retrovendita").
3) Come nota 2).
4) ASBG. Fondo notarile: Notaio Panizzoli Francesco fu Alessandro di Zogno, cartella 4706. 
5) Come nota 4).
6) Come nota 4).
7) Come nota 4).
8) ASBG. Fondo notarile: Notaio Ambivere Giuseppe fu Francesco di Bergamo, cartella 7819.
9) ASBG. Fondo Regio Genio Civile: cartella 153, numerazione  vecchia. N.B. Diversi scrittori antichi parlano di questa piena ma in termini generici, non quantitativi. Un'altra piena storica  del Brembo è quella dell'agosto 1493. Anche in questo caso  i documenti antichi dicono che fu eccezionale ma non si conoscono indicazioni oggettive sul livello delle acque.
10) ASBG. Fondo notarile: Notaio Maffeis Marconi Giuseppe fu Orazio di Zogno, cartella 4360.
11) ASBG. Fondo notarile: Notaio Sonzogno Giovan Battista fu Sebastiano di Zogno, cartella 4254.
12) Come nota 11) ma cartella 4257.
13) Come nota 11) ma cartella 4251.
14) Come nota 11) ma cartella 4252.
15) Come nota 11) ma cartella 4258.


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