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Edizioni don Giulio Gabanelli, stampa Carminati Stampatore, Almè - Zogno

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Nuove scoperte sulla storia di Zogno:
Una roggia non meno importante ed antica della Roggia Traini
(n.6, dicembre 1985)
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(Nota preliminare : questo saggio storico è stato raccolto nel volume dello stesso autore “Le Rogge di Zogno”, capitolo : Roggia Acquada) 

Non tutti gli abitanti di Zogno sanno che accanto alla roggia Traini, che attraversa il centro del paese ed alimenta ormai solo in modo intermittente il cosidetto Mulino del Capo in via Antonio Locatelli, esiste nel nostro territorio un'altra roggia dalle dimensioni non trascurabili: è quella che alimenta il complesso delle vasche per l'allevamento dei pesci della Federazione Italiana Pesca Sportiva (F.I.P.S.), poste nella frazione Acquada sulla sinistra orografica del Brembo (foto 1).
A differenza della Traini però questa roggia non nasce dal fiume Brembo ma dal fiume Serina nel luogo dove incominciano i ben noti orridi di Bracca, detto comunemente gli Stretti (i strecc).
Da questo punto mantenendosi sulla sinistra orografica della valle Serina essa si dirige verso il centro della frazione Ambria sottopassandolo interamente, rispunta alla luce del sole all'altezza dell'officina per scaffalature metalliche Rondi e, serpeggiando in mezzo ai prati e lungo la riva del Brembo, raggiunge e supera la frazione Acquada gettandosi nel Brembo centocinquanta metri a valle della stessa frazione dopo un percorso di 1550 metri. Fino ad oggi questa roggia è sempre stata ignorata dagli studiosi di storia locale sia per una mancanza oggettiva di informazioni sia per il fatto che trovandosi abbastanza lontana dall'abitato di Zogno non è mai stata coinvolta direttamente negli avvenimenti che hanno interessato il centro del paese.
Tuttavia diversi documenti di proprietà di uno degli autori (Pesenti) ed una ricerca durata quasi due anni hanno permesso di attribuire ad essa un passato assai lungo e glorioso, tale da far vedere sotto una nuova luce la storia stessa di Zogno e del suo territorio.
Bisogna dunque sapere che quando la F.I.P.S. assunse circa venti anni fa la gestione dell'impianto di pescicoltura sito all'Acquada essa non fece altro che continuare ed ampliare un'attività che era stata iniziata e portata per la prima volta in valle Brembana da un cugino dello stesso autore di parte materna, Mosca Camillo, nel 1956. Questo cugino aiutato da un socio di nome Francesco Chiesa (detto Penca) di Ambria aveva avuto l'idea, per quei tempi innovatrice, di sfruttare i diritti all'uso della roggia in questione per allevare e far riprodurre le trote per poi venderle sul mercato, vive o morte, a vari tipi di acquirenti. La nascita di questa attività commerciale fu resa possibile per il verificarsi di due eventi: da un lato la proprietà della roggia che derivava a questo cugino in via ereditaria per parte di padre, dall'altro la chiusura quasi contemporanea avvenuta pochi anni prima di due edifici siti entrambi all'Acquada e che sfruttavano proprio quella roggia. Il primo di questi edifici era un maglio per lavorare il ferro gestito da uno zio, sempre dello stesso autore, di parte materna che era pure zio di Camillo: Risi Giuseppe morto nel 1947; il secondo era un mulino per macinare il grano il quale fu chiuso qualche anno dopo la morte della proprietaria Vitali Caterina vedova Rinaldi (detta Anì) la quale rimase uccisa nello scontro fra due treni verificatosi a Zogno nell'agosto del 1947. In quegli anni la roggia in parola azionava pure un maglio ed una segheria posti nel centro di Ambria e noti agli abitanti di Zogno non più giovanissimi come il maglio Rondi e la segheria Basiletti (detti Rasgocc): essi continuarono la loro attività fino a poco dopo il 1950. Immediatamente prima della seconda guerra mondiale all'Acquada era attivo e azionato dalla stessa roggia un secondo mulino da grano di proprietà del padre di Camillo che egli aveva acquistato poco tempo prima da un fratello del Rinaldi citato sopra.
Se ci si spinge ancora più indietro nel tempo e in particolare prima del primo conflitto mondiale è abbastanza risaputo tra la gente di Zogno, ma comunque in modo confuso e per sentito dire, che esisteva ad Ambria anche una cartiera. In realtà in questa contrada quasi un secolo fa esistevano diversi altri edifici industriali insospettati e sorprendenti sia per numero che per qualità come si vedrà tra poco.
Prima di proseguire in questa storia è necessario però porre alcune premesse. Innanzitutto si deve dire che una parte delle notizie che qui si riporteranno sono tratte da alcuni documenti che sono derivati, attraverso la madre, da un nonno dell'autore Pesenti, Risi Giovanni soprannominato Frer, che gestì il maglio dell'Acquada prima di suo figlio, nonchè zio del medesimo autore, Risi Giuseppe. Questo nonno condivideva nella stessa misura la proprietà della roggia con i signori visti sopra e con altri che si incontreranno più avanti. Poichè la coesistenza di tanti proprietari non era sempre felice fu abbastanza naturale ricorrere di tanto in tanto al notaio o all'avvocato per affermare e far rispettare l'antichità della propria quota di diritti. Ed è proprio grazie ai riferimenti ad atti notarili antichi contenuti nei documenti di questo nonno che è stato possibile ricostruire in grandissima parte la storia di questa roggia.
La seconda premessa che si deve fare è che la roggia in esame e tutti gli edifici che in varie forme la usavano prima del 1928 appartenevano al territorio comunale di Endenna. Pertanto sarebbe stato più rigoroso presentare i fatti che seguiranno come inerenti alla storia di Endenna. Tuttavia come si vedrà la maggior parte dei proprietari di tali edifici nel corso dei secoli furono nativi di Zogno o addirittura residenti a Zogno, altri di Bergamo e di S. Pellegrino Terme oltre che di Ambria e dell'Acquada. I rapporti commerciali inoltre privilegiarono sempre Zogno per essere il paese più importante e vicino. Se si considera infine che da quasi sessanta anni il territorio di Endenna è stato aggregato al comune di Zogno è abbastanza plausibile far rientrare questi avvenimenti nella storia del nostro paese.
La terza premessa consiste nel fatto che nei secoli passati, e in particolare in quello diciannovesimo, gli edifici che sfruttavano questa roggia cambiarono spesso i proprietari senza dire che per alcuni di essi si verificò più di una volta una trasformazione e una riconversione del tipo della loro attività. Addirittura per alcuni di essi si segnalano anche delle permute cioè degli scambi di proprietà!
Affinchè il lettore non trovasse troppo difficile seguire l'elenco di tali nominativi e cambiamenti si è creduto perciò che fosse più utile fotografare per così dire la situazione di questi edifici in momenti storici ben precisi e tracciare un lineamento del loro sviluppo immediatamente a ridosso di tali periodi anziché fornire la successione completa di tutti gli avvenimenti e dei loro intrecci.
Riprendendo dunque il discorso, anteriormente alla prima guerra mondiale una situazione di riferimento semplice per i proprietari è quella del 1898 nella quale il numero e la qualità degli edifici combacia perfettamente con quanto risulta dalla  mappa censuaria  di Endenna del 1903 cui si riferisce lo schema nella foto 2. In esso la lettera "O" indica l'origine della roggia. La lettera "S" indica il punto dal quale un ramo secondario si staccava da quello principale tenendosi lontano dalla chiesa parrocchiale e dopo aver incrociato lo stesso ramo principale, sottopassandolo, sfociava nel Brembo poco a valle dell'abitato di Ambria.
Le altre lettere nell'ordine indicano quanto segue: "A" mappale n.1223: "molino da grano con follo e casa oggi adibito  a molino ed a fabbrica di pannilani o feltri per cartiera" di proprietà di Scuri Alessandro e Luigia fu Simone di Zogno; ruote mosse dall'acqua due (1).
"B" mappale n. 1225: "cartiera con pile ad acqua con casa" di proprieta' dell'ingegnere Enrico Frizzoni fu Antonio di Bergamo; ruote due (1).
"C" mappale n. 1212: "cartiera con pile ad acqua con casa" di proprietà dello stesso ingegnere Frizzoni di Bergamo: ruote cinque (1).
"D" mappale n. 2095 (1): "molino da gesso" di proprietà di Riccardo Scuri fratello di Alessandro e Luigia pure di Zogno; ruote due (2).
"E" mappale n. 2094: "molino da gesso e produzione calce" di Alessandro Scuri citato sopra; ruota una (2).
"F" mappale n. 1184: "maglio da ferro con mola ad acqua con casa" di proprietà di Invernizzi Alessandro fu Giosuè di S. Pellegrino Terme; ruote due (2).
"G" mappale n. 1650: "sega da legnami ad acqua" di proprietà di Basiletti Antonio fu Giuseppe di Ambria; ruota una (2).
"H" mappale n. 914: "maglio da ferro con mola ad acqua con casa" di proprietà di Risi Giovanni (nonno di uno degli autori), Amadio e Orsola fu Giuseppe di Acquada; ruote due (2).
"I, L" mappali n. 912 e 907: "molini da grano ad acqua" di proprietà di Rinaldi Giovanni, Martino ed Antonio fu Giuseppe di Acquada; ruote due per ciascun edificio (2).
Le caratteristiche delle ruote in sintesi erano le seguenti: per i mulini, il follo, le cartiere ed i magli il diametro oscillava da un minimo di 2 metri ad  un massimo di 3,60 metri (maglio Invernizzi) mentre la larghezza era compresa tra 0,25 e 0,65 metri.
Il maglio Risi a differenza di quello Invernizzi era caratterizzato dalla più piccola (2 metri di diametro) ma con la larghezza maggiore (0,65 metri) e tale ruota era a cassette non a pale. Inoltre esso aveva accanto alle ruote del percussore e della mola un mulinello "insufflatore" che serviva a creare un soffio d'aria continuo per alimentare il fuoco e portare all'incandescenza i pani di ferro. Impressionante doveva essere poi l'aspetto dell'unica ruota a pale della segheria Basiletti: 4 metri di diametro per 1 di larghezza! (2).
La portata della roggia, che è la stessa di quella odierna, era di 0,9 metri cubi al secondo cioè 900 litri al secondo. Essa si divideva esattamente nel punto "S" indicato nello schema.
Dall'origine fino a tale punto la larghezza media del canale era di 2 metri mentre più a valle per ciascun ramo essa si restringeva ad un metro; la sua profondità si aggirava sul valore di 70 centimetri mentre lo strato di acqua utile in condizioni di regime normale era di circa 50 centimetri il che risulta anche oggi. La lunghezza totale del ramo principale, in assenza delle vasche per la pescicoltura, era di 1400 metri (2).
Per quanto riguarda l'attività degli opifici si deve ricordare che le due cartiere negli anni considerati si dibattevano in una crisi strutturale piuttosto seria dovuta al fatto che in esse era ancora in uso un metodo antico detto "a tine" che privilegiava la qualità ma non la quantità della produzione mentre, per fare un raffronto, nella cartiera di Zogno era adottato già da qualche tempo il metodo più recente detto "a tamburro".
Non a caso poco dopo il 1898 sopra tutti gli immobili dell'ingegnere Frizzoni fu emessa dal tribunale di Bergamo una ipoteca trentennale. Nel 1916 quando questi edifici che comprendevano anche una casa di abitazione, un magazzino, uno stenditoio per carta e gli annessi diritti sulla roggia passarono alla Manifattura di Valle Brembana, dopo vari cambiamenti di proprietà, le cartiere dell'Ambria erano già ferme da diversi anni (1).
E' interessante ricordare qui, ma la cosa è forse risaputa dagli abitanti di Zogno di una certa età, che i proprietari della Manifattura intendevano ampliare i diritti su questa roggia e costruire un canale di portata ben maggiore per alimentare una centrale idroelettrica che avrebbe dovuto sorgere ad Ambria. Questa centrale avrebbe dovuto poi fornire energia elettrica all'azienda M.V.B. Per motivi tecnici e finanziari che qui non è il caso di indagare il progetto non andò tuttavia a buon fine e da quell'anno (si era attorno al 1925) gli edifici furono pressochè abbandonati e in tempi più recenti abbattuti per evitare pericolosi crolli (1). Ancora oggi i terreni che erano annessi a quegli immobili e i relativi diritti sulla roggia sono di proprietà della Manifattura di Valle Brembana.
Le vicende degli edifici "E" e "G" sono intrecciate tra di loro per l'attività incessante, quasi frenetica, del signor Alessandro Scuri di Zogno. Bisogna sapere infatti che la segheria Basiletti "G" fu costruita nel 1897 "nel campo cosidetto di S. Antonio" con un contributo finanziario dello Scuri il quale aveva acquistato dal Basiletti la sua vecchia segheria "E" per trasformarla in "molino da gesso". Ciò avvenne con atto del 29 maggio 1897 nel quale si precisava che "solo dopo che il Basiletti avrà trasportato la ruota e il macchinario per trasmettere la forza dell'acqua dalla vecchia casa di segheria alla nuova" il signor Scuri avrebbe potuto usare l'edificio vuoto a suo piacere (1).
Poco tempo dopo Alessandro Scuri acquisì anche il mulino per gesso "D" del fratello Riccardo creando un impianto industriale abbastanza complesso per la macina delle pietre e la produzione di calce, gesso e cemento.
Non contento di ciò per potenziare ulteriormente la propria azienda, con atto del 19 agosto 1904 (3), egli chiese ed ottenne da Risi Giovanni, dai fratelli Rinaldi, dall'Invernizzi e dal Basiletti (foto 4, 5 dei documenti di proprietà Pesenti) di modificare la roggia nel seguente modo: il tratto di ramo principale che dal punto "S" si dirigeva al maglio Invernizzi sfiorando la chiesa parrocchiale fu eliminato e tutta l'acqua  fu avviata nel ramo secondario, opportunamente allargato, che dal punto "S" si dirigeva verso gli edifici Scuri "D", "E"; subito dopo tali edifici fu creata una partitoia che dava origine di nuovo a due canali: l'uno diretto verso il maglio Invernizzi e la segheria Basiletti, l'altro all'Acquada (4). Per inciso questo è anche il tracciato odierno.
Questa modifica non fu effettuata però con criteri tecnici molto validi sicchè da allora nei periodi di magra del fiume Serina diverse volte all'Acquada non giunse acqua a sufficienza costringendo il maglio e i mulini a funzionare in modo alternato con non poche contestazioni da parte del nonno Risi e dei Rinaldi. Anche tutti gli edifici Scuri passarono qualche anno dopo alla Manifattura di Valle Brembana dopo essere stati per qualche tempo di proprietà della Società Anonima Cementi e Calci di Valle Brembana con sede in Bergamo (2). Non si devono segnalare particolari vicende  per il maglio Invernizzi  che poco dopo il 1912 passò a Rondi Davide un cui discendente è ancora oggi il proprietario della casa dove quel maglio era situato. Anche l'edificio che ospitava il maglio dell'Acquada è attualmente di proprietà di un discendente del nonno in questione: Risi Gianni, abitante di quella contrada e cugino dell'autore Pesenti. La segheria Basiletti fu invece sostituita attorno al 1960 da una nuova e grandiosa segheria elettrica nota a tutti gli abitanti di Zogno.
Prima di completare il quadro della situazione negli ultimi anni del XIX secolo è doveroso segnalare un'altra funzione che questa roggia svolgeva, una funzione che non è citata nei documenti scritti ma la cui natura lascia presagire di origini antichissime.
La madre del citato autore si ricorda infatti che quando era giovane ed abitava all'Acquada, nei periodi di siccità, era un'abitudine consolidata far straripare la roggia chiudendo gli accessi al maglio ed ai mulini e con opportuni canaletti scavati nella terra inondare la parte inferiore della vasta piana coltivata a frumento e a granoturco, dove oggi si trovano le vasche per l'allevamento dei pesci (foto 1).
Facendo ora un salto all'indietro nel tempo di circa cinquanta anni e fermandoci al 1853, cioè al momento dell'impianto del catasto austriaco, si trova una situazione piuttosto diversa e non meno interessante.
Come già anticipato l'edificio "G" non esisteva prima del 1897. Esistevano però tutti gli altri edifici con caratteristiche in gran parte diverse. Conservando come riferimento lo schema già indicato in precedenza (foto 2) le lettere hanno ora il seguente significato (5):
"A" mappale n. 1223: "casa con opificio per concia pelli ad acqua" di proprietà di Angelini Andrea fu Giovanni.
"B" mappale n. 1225: "cartiera con pile ad acqua" di proprietà di Osio Ignazio fu Giuseppe.
"C" mappale n. 1212: "cartiera con pile ad acqua con casa"  di proprietà di Osio Ignazio fu Giuseppe.
"D" mappale n. 2095 (1): " molino da grano ad acqua con porzione di casa" di proprietà di Sonzogni Andrea fu Antonio
."E" mappale n. 2094: "sega da legnami ad acqua" di Sonzogni Antonio (fratello di Andrea) fu Antonio.
"F" mappale n. 1184: "maglio da ferro con mola ad acqua con casa" di Manenti Bartolomeo, Giovanni ed Antonio fu Alberto, originari della val Serina.
"G" non esistente.
"H" mappale n. 914: "molino da grano ad acqua con casa" di Grigis Giacomo fu Girolamo dell'Acquada.
"I" mappale n. 912: "molino da grano ad acqua con casa con porzione della corte" di Berlendis Giacomo fu Giovan Battista.
"L" mappale n. 907: "molino da grano ad acqua con casa con porzione  della corte" di Brumana sacerdote Giuseppe di Antonio, livellario al comune di Endenna.
Il numero delle ruote di questi edifici era lo stesso già visto nel 1898. Le loro dimensioni erano invece un poco diverse ma solo nei dettagli non nella sostanza.  Pure le caratteristiche della roggia erano quelle del 1898.
Per ciò che riguarda il tipo degli opifici spicca su tutti la presenza della conceria ad acqua "A". Insieme ad un'altra conceria di maggiori proporzioni situata a Villa d'Almè sull'antica roggia Scotti essa era uno dei due centri di produzione e trattamento pelli di tutta la valle Brembana, citati anche nella nota statistica del Rosa (6).
La sua produzione era buona sia per qualità che per quantità. Pure fiorente era l'attività delle due cartiere che nella prima metà del XIX secolo toccarono la massima espansione economica.
L'opificio "D" come risulta dal prospetto precedente non era più "molino da gesso" ma "da grano". E' abbastanza interessante ricordare però che nei documenti sta scritto che la casa dove esso si trovava era comunemente indicata da tutti come "la vecchia casa del torchio".
Un dato abbastanza importante da sottolineare e che emerge sempre dal prospetto precedente è che anche senza l'edificio "G" esisteva comunque da tempo ad Ambria una segheria ad acqua il che rivela l'antichità di questa lavorazione. Analoghe considerazioni valgono per l'edificio "F" già illustrato come maglio Invernizzi.
Il maglio del nonno Risi invece non esisteva; al suo posto vi era un mulino da grano a due ruote. A questo proposito c'è l'esigenza di dire qualcosa di più su questo opificio perchè uno degli autori è coinvolto in modo diretto per motivi di famiglia.
Nel momento in cui entrò in vigore il catasto austriaco, il 17 febbraio 1853, l'immobile era di Grigis Giacomo fu Girolamo come si è detto. Essendo il Grigis morto senza eredi, il 5 luglio 1853 il mulino passò alla parrocchiale di Endenna in forza di un decreto "d'aggiudicazione" allora in vigore. Il 21 maggio 1855 Gherardi Giuseppe fu Alessandro di Zogno chiese in affitto ed ottenne dalla parrocchiale di Endenna la conduzione della sua gestione.
Il 16 novembre 1864 tale gestione fu assunta in via ereditaria dal fratello Gherardi Giovanni "possidente e negoziante" di Zogno.
Costui il 16 dicembre dello stesso anno in forza della legge del Regno Italiano del 24 gennaio 1864 liberò (acquistò) per sé "dall'affrancazione" l'immobile divenendo "ipso jure et facto proprietario assoluto et esclusivo anche nei registri del censo" rilasciando "alla Fabriceria della parrocchiale di Endenna un certificato di rendita del valore di L. 105" i cui interessi "...spetteranno tutti alla Fabriceria la quale avrà la possibilità secondo le leggi vigenti di intestare altri enti morali in futuro con l'autorizzazione delle autorità competenti ..." (7).
Infine con atto del 19 maggio 1870 il bisnonno di parte materna dell'autore indicato, Risi Giuseppe fu Antonio "possidente e residente in Endenna" ma originario di Zogno, dove era nato nel 1831, acquistò da Gherardi Giovanni il mulino con alcuni terreni annessi per la cifra di L. 1100 (8). E fu proprio questo bisnonno a trasformare il mulino in maglio.
Prima di concludere questa parte vi è da dire un'ultima cosa: all'inizio del governo austriaco il ramo secondario della roggia non era funzionante come si rileva dalla mappa censuaria del 1845 in cui non è disegnato. Esso però esisteva anche se abbandonato da qualche decennio per motivi che non si sono potuti comprendere. Fu riattivato proprio durante il dominio austriaco come è chiaramente indicato nei libri catastali del 1853.
Ciò non significa però che prima di quegli anni gli edifici "D" ed "E" non esistessero ma solo che funzionavano con un tipo di forza diverso: più in particolare la segheria "E" era manuale e vi lavoravano alcuni braccianti mentre la macina del mulino "D" era mossa per mezzo di una lunga asta di legno trascinata da un mulo accecato costretto a camminare sempre in tondo. L'edificio "F" invece sfruttava una parte dell'acqua del ramo principale.


BIBLIOGRAFIA
1) Archivio Storico Museale della Manifattura di Valle Brembana di Zogno.
2) Documenti di proprietà dell'autore.
3) Archivio Distrettuale Notarile di Bergamo. Notaio Zanchi Andrea fu Francesco. Atto del 19/8/1904, repertorio n. 2048.
4) Ufficio Tecnico Erariale di Bergamo: mappa censuaria del comune di Endenna rettificata nel 1903. Vedi l'allegato "A" che risale a qualche anno dopo.
5) Archivio di Stato di Bergamo. Fondo Mappe e Chiabrei:mappa censuaria di Endenna rettificata nel 1845. Fondo Notarile: Catastino, Rubrica e Libri delle partite del comune di Endenna.
6) Gabriele Rosa: Notizie Statistiche della Provincia di Bergamo, Tipografia Pagnoncelli, Bergamo 1858.
7) Archivio Distrettuale Notarile di Bergamo. Notaio Baronchelli Cesare fu Andrea. Atto del 16/12/1864, repertorio n. 617.
8) Archivio Distrettuale Notarile di Bergamo. Notaio Zanchi Francesco fu Andrea. Atto del 19/5/1870, repertorio n. 908.


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