Saggi Storici
Zogno Notizie

Edizioni don Giulio Gabanelli, stampa Carminati Stampatore, Almè - Zogno

1|2|3|4|5|6|7|8|9|10|11|12|13|14|15|16|17|18|19|20|21|22|23|24|25|26|27|28|29


Scoperte mappe catastali venete a Stabello

(n. 6, dicembre 1990)


E' risaputo che il più antico e completo catasto italiano è quello relativo al Ducato di Milano entrato in vigore il primo gennaio 1760 per volere dell'imperatrice Maria Teresa d'Austria. Fu però il padre di Maria Teresa, Carlo VI d'Asburgo imperatore dalla tenacia e intraprendenza senza eguali, ad ideare il censimento dei terreni e dei fabbricati dello stato milanese  decretando l'inizio dei lavori nel 1718. Il tracciato delle mappe durò oltre sei anni mentre la catalogazione dei proprietari e la classificazione dei terreni e dei fabbricati richiese oltre dieci anni. Le guerre di successione polacca interruppero più volte i lavori e solo dopo il 1740 Maria Teresa, succeduta nel frattempo al padre, con intraprendenza ed energia non inferiori a quelle del padre, potè far completare il grandioso progetto introducendo nelle mappe varie rettifiche e perfezionamenti.
Anche il governo veneto nella prima metà del XVIII secolo aveva avviato una documentazione e una classificazione analoghe ma non in modo completo e organico come quelle milanesi essendo gli obiettivi più limitati. Lo scopo principale infatti era di descrivere gli elementi del territorio di importanza vitale per Venezia e il suo immediato entroterra. Si spiega così perchè le mappe che si ritrovano più di frequente negli archivi sono quelle che illustrano le fortezze sui monti o sul mare, i porti, i fiumi veneti navigabili e gli estesi boschi delle prealpi venete e friulane (notevoli quelli del Cansiglio) dai quali Venezia traeva gran parte del legname per costruire navi militari e mercantili.
L'idea di descrivere in modo rigoroso tutto il territorio della repubblica si fece strada con fatica sia per la maggiore estensione dello stato veneto, sia per il costo delle operazioni alquanto elevato per la debole economia veneziana, sia per l'amministrazione lenta e corrotta, troppo burocratizzata, che toglieva respiro ad ogni iniziativa e diluiva nel tempo, in maniera inaccettabile, ogni realizzazione. Per tali cause si cominciò a discutere con convinzione di un catasto veneto solo alla metà del XVIII secolo mentre le prime rilevazioni dei terreni si svolsero attorno al 1770 o in anni successivi e riguardarono le proprietà delle famiglie nobiliari o comunque facoltose poichè erano le sole che potevano sostenere in parte le spese delle operazioni. Sono il risultato degli studi preliminari per la formazione di tale catasto alcune mappe topografiche presenti nell'archivio parrocchiale di Stabello, segnalate da tempo dall'amico prof. Claudio Gotti, e concesse gentilmente in studio nella primavera scorsa dall'ex parroco di quella frazione di Zogno: don Luigi Morino.
Sono  15  pregevoli acquerelli disegnati tra il 19/12/1783 e il 17/1/1785 che illustrano altrettanti appezzamenti di terreno, situati nel territorio di Stabello, di proprietà di un certo Giuseppe Maffeis fu Beltrami rappresentante di una ricca famiglia da qualche generazione residente in Bergamo ma originaria di Stabello.
Accompagnano queste mappe  16  fogli che descrivono solo in modo discorsivo altrettanti e differenti appezzamenti i cui disegni sono andati purtroppo perduti. In totale sono 31 fogli che illustrano una proprietà di oltre 410 pertiche bergamasche. I fogli inoltre pur non essendo consecutivi sono numerati manualmente con un progressivo a fondo pagina. Il numero più alto è il 64: ciò dice che questo "Inventario seu Rotolo dei beni del signor Giuseppe Maffeis" comprendeva in totale una proprietà all'incirca doppia, vale a dire oltre 820 pertiche bergamasche ossia circa 550.000 metri quadrati. Per avere un'idea immediata di questa estensione basti dire che essa equivale a 100 campi di calcio dell'attuale serie "A".
E' da sottolineare che queste tavole indicano le proprietà di Giuseppe Maffeis solo nell'antico comune di Stabello. Egli tuttavia aveva dei terreni, sia pure più modesti, e alcune case anche in Bergamo. Si trattava dunque di un patrimonio cospicuo ma ancora limitato se confrontato con quello di alcune famiglie nobiliari dell'epoca.
Ad esempio i conti Giovannelli possedevano ad Arcene e a Mapello oltre 5.000 pertiche di terreno agricolo di grande valore e varie case sia in quei paesi che in città; la famiglia Tasca ne possedeva altrettante a Brembate Sotto e nei paesi limitrofi; i conti Brembati avevano un patrimonio analogo a Brembate Sopra, Almenno S. Bartolomeo, Paladina e Zogno benchè il periodo di maggior fortuna per questa famiglia sia stato il secolo precedente a quello in oggetto. In condizioni ancora migliori erano i conti Agliardi, Suardi, Moroni, Vimercati-Sozzi e Scotti per citare solo i più noti. Coloro che si elevavano decisamente sopra gli altri erano però i conti Martinengo-Colleoni, discendenti del famoso condottiero Bartolomeo Colleoni, che in città e nei paesi di Malpaga e Martinengo possedevano in pratica un feudo vero e proprio. Nella biblioteca civica Angelo Maj in Città Alta esistono alcune mappe (1) della stessa epoca di quelle di Stabello che descrivono per scopi catastali le proprietà di alcune di queste nobili famiglie. Tuttavia esse sono molto frammentarie e incomplete a tal segno da poter essere riconosciute con difficoltà come catastali e da far apparire le mappe di Stabello come una fortunata e preziosa rarità. E' interessante esaminare ora le caratteristiche di queste mappe.
Esse descrivono il territorio in maniera pittorica, un po’ ingenua,  privilegiando la qualità degli elementi alla quantità (lunghezza, altezza, superficie, numero ...) denotando perciò da parte degli esecutori una concezione ancora approssimativa dell'uso del catasto. Ad esempio i campi seminati a frumento o a granoturco sono rappresentati con un tratteggio giallo-arancione, i prati con un tratteggio verde, gli orti con un segno continuo marrone. Per i frutteti viene disegnato e ripetuto l'albero da frutto che li contraddistingue (pero, melo, noce, vite...); per i boschi il tipo di albero dominante (castagno, robinia, betulla, abete...). Un terreno in forte pendenza viene rappresentato con un tratto forte di colore grigio per segnalare la presenza di rocce. Qua e là sono indicati inoltre elementi che non caratterizzano in modo determinante il terreno ma che certamente lo arricchiscono. Attorno ad alcuni campi si vede infatti un filare di vite che aveva anche lo scopo di proteggere il granoturco dal vento, oppure un filare di alberi da gelso (murù) da cui si raccoglievano le foglie per alimentare i bachi da seta. In un paio di terreni posti lungo i contrafforti del Canto Alto si vede un bellissimo roccolo con il casello e le alte siepi su cui si stendevano le reti per catturare gli uccelli. Infine in un appezzamento lungo il margine del Brembo si notano  una fornace per fare la calce, un maglio per lavorare il ferro, una segheria ad acqua ed un mulino alimentati da un'antica roggia ora scomparsa. Nel complesso i colori di questi acquerelli offrono del paesaggio antico un'immagine piacevole e vivace che la stampa in bianco e nero purtroppo non riesce a mettere in risalto.  Ciascuna mappa, per motivi di chiarezza e per una più facile lettura, è stata tracciata secondo un fattore di scala specifico per cui tra i vari disegni mancano le proporzioni: in altre parole un terreno di 5 pertiche sulla carta appare grande quanto uno di 50. Tutte le mappe furono disegnate da "Andrea Ruspini fu Francesco publico agrimensore collegiato di Bergamo" che aveva diretto le rilevazioni dei terreni "alla presenza del sindaco di Stabello e dei signori confinanti del signor Maffeis". Nell'occasione con l'accordo di tutti i presenti furono fissati i "termini" (cippi) confinari mancanti scolpendo a volte per tale scopo delle croci in alcune rocce emergenti dal terreno. Al termine delle operazioni per ciascun appezzamento avrebbe dovuto seguire una relazione redatta da un notaio e controfirmata dal Maffeis, dal sindaco di Stabello e dal Ruspini ma di questi documenti non vi è traccia. In realtà è assai probabile che tali documenti non siano mai stati redatti o lo siano stati solo in parte poichè dai pochi scritti che accompagnano le mappe superstiti risulta che il disegno di quelle mancanti si spinse ben oltre il 17 gennaio 1785. Se si pensa che dopo pochi anni lo stato veneto fu invaso dalle truppe napoleoniche è fin troppo facile intuire gli sviluppi di queste operazioni. 
Ciò nonostante qualche tentativo in tal senso deve essere stato compiuto. Infatti il gruppo delle mappe è corredato da uno schizzo, di qualche anno successivo, che rappresenta alcune delle tavole nella medesima scala (circa 1 a 2000) riunite e disposte nel loro insieme come dovrebbero apparire nella realtà. Manca tuttavia la suddivisione in particelle o numeri di mappale, l'orientamento rispetto ai quattro punti cardinali e la collocazione relativa al resto del territorio comunale. Non si può cioè definire questo schizzo una tavola catastale vera e propria così come in generale non è corretto parlare di un catasto veneto per tutte le mancanze sopra rilevate.
Anche il governo francese, per cause analoghe a quelle venete, fallì in questa impegnativa opera. Come forse è noto i tecnici napoleonici riuscirono a rappresentare tutto il territorio bergamasco sotto forma di mappe con una medesima scala (2) ma non poterono completare e pubblicare le "Rubriche" e i "Libri delle partite" dei comuni rendendo di fatto inutilizzabile l'apprezzabile lavoro svolto.   
Fu il governo austriaco a portare a termine per la prima volta il grandioso progetto applicando metodi e regole nuove e realizzando un catasto  che è ancora oggi in molte situazioni un punto di riferimento insostituibile.
Le mappe di Stabello, insieme a poche altre presenti nella Biblioteca Civica Angelo Maj di Bergamo, sono pertanto la testimonianza della posa della prima pietra in un processo di costruzione durato quasi ottanta anni che ci ha dato al termine  uno strumento fondamentale per il vivere civile. Sarebbe augurabile che esse potessero trovare una collocazione più adeguata e sicura per interessamento delle autorità competenti di Zogno considerando che esse ci mostrano, tra le altre cose, l'abilità e l'equilibrio dei nostri antenati nello sfruttare e nel  modellare il territorio, impartendo una lezione attualissima di ecologia.   


BIBLIOGRAFIA
1) Reparto Manoscritti: sezione Cartografia.
2) Queste mappe sono tutte nella scala 1 a 2000 e sono depositate nel formato originale presso l'Archivio di Stato di Milano.