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Edizioni don Giulio Gabanelli, stampa Carminati Stampatore, Almè - Zogno).

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Viabilità ieri e oggi a Zogno

(n.5, ottobre 1982)
10/10

E' un'impresa ardua descrivere le vie di comunicazione del nostro paese e del suo territorio prima del 1000, mancando totalmente i documenti d'archivio e dovendo ricorrere, per avere informazioni, a reperti archeologici o preistorici. Perciò si tenterà di dare qui solo un'immagine approssimata dell'ambiente in cui viveva e si spostava l'uomo di Zogno in epoche tanto lontane dalla nostra.
Benchè il nome di Zogno compaia per la prima volta nella Storia in un documento del 1102, l'origine del nostro paese risale sicuramente a tempi anteriori a questa data. Già il Belotti (10.1) supponeva, in base a considerazioni storiche di carattere generale, che Zogno si fosse formato nel periodo longobardo dubitando però fortemente che esso esistesse in epoca romana.
Tuttavia la scoperta fatta circa vent'anni fa, nella località Quadrèl, di alcune tombe a inumazione del cui corredo è rimasto un vaso che fa bella mostra di sè al Museo della Valle di Zogno ci garantisce che il nostro paese era abitato in epoca tardo-romana, cioè ragionevolmente verso il 300 dopo Cristo (foto 1).
Addirittura i reperti preistorici, che si possono ammirare nell'anzidetto Museo, rinvenuti in diverse buche e caverne a partire dal gennaio 1975, ci dicono con certezza che il territorio di Zogno era abitato dall'uomo già 4000-5000 anni fa, se non prima. Naturalmente questi reperti testimoniano solo la presenza dell'uomo in quei periodi e non permettono di trarre informazioni soddisfacenti sul suo modo di vivere.
Così ad esempio è difficile dire quali interessi avesse il mondo romano verso la valle Brembana. Un passo del naturalista e storico latino Plinio il Vecchio, riportato da numerosi studiosi di storia locale, dice che nei primi decenni dell'Impero Romano una discreta quantità di rame, usata nell'industria e nelle armi, proveniva dal territorio di Bergamo. Considerando la storia dei secoli più recenti delle valli bergamasche non si è lontani dal vero dicendo che questo rame doveva provenire in gran parte dal monte Arera, dalla valle Seriana e dalla valle di Scalve.
Se qualche traccia di rame era presente nei monti attorno a Dossena questo prendeva la via naturale per Serina, Aviatico, Selvino e Nembro.
Fin dal tempo dei Comuni si ha notizia della presenza di tracce ferrose, non di rame, nei monti alla testata della Val Taleggio (10.2), nel Pizzo dei Tre signori e nel monte Camisolo. Se le cose stavano così anche nel periodo romano, probabilmente questo metallo prendeva la più comoda e vicina via della Valsassina.
Ancora nel Medioevo si sa che qualche traccia di ferro sfruttabile proveniva dai monti attorno a Carona; però questo minerale, qualora scendeva la valle, giunto a S. Giovanni Bianco saliva a Dossena per puntare a Serina dove vi erano diverse officine per la lavorazione del ferro. Da qui esso si dirigeva ancora ad Aviatico, Selvino e Nembro. Ammettendo che questo metallo fosse sfruttato non si hanno motivi per credere che le cose stessero diversamente nel periodo romano.
Da queste considerazioni nasce il sospetto che la bassa e media valle Brembana non dovessero essere molto trafficate 2000 anni fa, se non dai loro stessi abitanti. Zogno nel periodo romano era costituito probabilmente da qualche capanna di legno e di paglia disposte, se è vero che le necropoli erano vicine alle abitazioni, sui piccoli pianori a terrazza che circondavano la zona del Quadrèl, come ricorderà qualche lettore prima che venisse costruito il condominio che ha preso il nome da quel luogo. A sostegno di questa idea, che è e vuole essere solo un'ipotesi, non bisogna dimenticare che poco lontano dal Quadrèl esiste una sorgente d'acqua assai buona. Ancora migliore come luogo abitativo doveva essere il pianoro che oggi costituisce l'orto del convento delle monache di clausura perchè meglio esposto al sole e meno umido essendo in posizione elevata. Anche i dossi sulla cui cima oggi si trovano la chiesa parrocchiale, il sagrato e il cimitero dovevano essere favorevoli alle abitazioni. Allo stesso modo le piane rialzate di Capaniccioli, delle Cornelle e dell'Inzogno devono aver ospitato qualche casupola nel periodo romano: tuttavia non essendovi prove bisogna precisare che si tratta solo di congetture.
Con molta più sicurezza invece si può dire che le estese piane del Carmine erano disabitate per due motivi: innanzitutto perchè è ragionevole supporre che 2000 anni fa il letto del fiume Brembo fosse un paio di metri più alto di quello attuale per cui le piane in questione dovevano essere invase dalle acque ad ogni più piccola piena; secondariamente perchè il Brembo in quei tempi era assai più ricco di acque. A proposito di questo problema è doveroso segnalare all'attenzione del lettore come la portata attuale del Brembo non sia quella naturale. Nei mesi estivi infatti oggi è abituale vedere il Brembo in condizioni quasi di secca. Ma prima del 1902, anno in cui fu costruito il canale idroelettrico dell'Enel, la portata del nostro fiume era assai maggiore. Ciò si è constatato assai bene proprio quest'anno allorchè dopo oltre due mesi di siccità, alla fine di luglio, l'acqua del Brembo era ridotta a poco più di un filo. Tuttavia a partire dagli ultimi 3 o 4 giorni di luglio, per problemi di manutenzione, è stato svuotato per due settimane il canale dell'Enel e l'acqua è stata lasciata defluire nell'alveo naturale del fiume. Il lettore attento a queste cose avrà notato allora che in queste condizioni, anche nel mezzo di un'estate particolarmente asciutta, prima che incominciassero le piogge dello scorso mese di agosto, il Brembo conteneva molta acqua e risultava impossibile attraversarlo a piedi in qualunque punto del territorio di Zogno.
Queste sono sempre state le vere condizioni del nostro fiume in ogni stagione dell'anno prima del 1902!
Ora se si pensa che il torrente Brembilla presso i ponti di Sedrina è un guado facile da superare a piedi ma che la valle Imagna nel punto in cui sbocca nel Brembo, a Clanezzo, sia per la maggior quantità di acqua che per le sue pareti strapiombanti, è quasi impossibile da attraversare a piedi a meno di fare un lungo giro che costringe a risalire la valle stessa per un lungo tratto, se ne ricava che il territorio di Zogno sulla destra del Brembo, in mancanza di ponti, doveva trovarsi in condizioni di forte isolamento rispetto alla pianura Padana dove già nel periodo romano l'uomo godeva di un tenore di vita superiore.
Ma naturalmente se 2000 anni fa a Zogno vi era un piccolo villaggio abitato è impensabile che non vi fossero delle passerelle fatte di tronchi di albero o di cordame nei pressi della gola di Sedrina e sopra la valle Imagna a Clanezzo per congiungere il nostro paese con il ponte romano di Almenno il quale, in quei tempi, si trovava lungo una importante via militare che collegava Bergamo con Lecco (10.3) (foto 2, 3).
Se è vero che le tradizioni di un popolo vanno al di là dei decenni e dei secoli non è un caso allora che i primi ponti della valle Brembana ad essere citati nella Storia sono proprio l'antico ponte di Zogno (10.4) presso Sedrina (1178) e il ponte di Clanezzo (10.5) sopra la valle Imagna (1235) (foto 4, 5).
Forse una passerella sul Brembo era situata anche nei pressi di Romacolo o di fronte alla contrada Angelini per stabilire un collegamento tra Zogno e la valle Seriana attraverso il monte di Nese. Tuttavia per la precarietà di questo tipo di ponte e poiché la mulattiera verso il Monte di Nese, essendo esposta a Nord  e salendo alla quota di 900 metri, è coperta dal ghiaccio e dalla neve da metà novembre a tutto marzo, rimane forte la sensazione che il territorio di Zogno in epoca romana fosse piuttosto isolato, certamente assai più di quanto non lo fosse 600 o 700 anni fa, cioè in epoca comunale. Il mondo romano perciò non dovrebbe aver lasciato importanti segni di sè a Zogno e in valle Brembana. Del resto il nome stesso di Zogno, stando agli esperti, non si giustifica bene in base alla terminologia latina e sembra derivare piuttosto dall'idioma di popolazioni barbariche succedute ai Romani e giunte in valle Brembana dai monti oppure potrebbe risalire a qualche primitivo vocabolo di popolazioni preesistenti all'epoca romana. Considerando quanto detto sul problema dell'isolamento e vista l'abbondanza dei reperti preistorici rinvenuti negli ultimi anni questa ipotesi non è da escludere a priori.
Se è difficile dire quali vie seguissero gli abitanti di Zogno in epoca romana è quasi impossibile dire quali sentieri percorressero gli uomini preistorici di 4-5000 anni fa. C'è un solo dato di fatto su cui il buon senso e l'immaginazione possono lavorare ed è che le buche e le caverne in cui è stato trovato il materiale preistorico si trovano sparpagliate su tutto il territorio  di  Zogno. Benchè queste caverne fossero usate in prevalenza come sepolture bisogna comunque dire che quelle adibite ad abitazione, oppure le tende o le capanne, non erano in genere molto lontane dalle prime. Perciò anche i nuclei abitativi, composti da poche famigliole, erano dispersi sui monti attorno alla conca di Zogno, vicini agli anfratti naturali di cui il nostro territorio è ricco.
In questi nuclei gli uomini primitivi vivevano probabilmente in condizioni di poco superiori a quelle degli animali ed è proprio il problema di soddisfare i bisogni elementari della sopravvivenza che portò alla formazione dei sentieri: le prime e più semplici vie di comunicazione dell'uomo. Basti pensare ad esempio all'andirivieni tra due o più caverne usate o come abitazione o come ripari dalla pioggia e dalla neve o come luoghi di sosta durante le battute di caccia o come rifugi contro gli animali feroci e meno feroci (lupi, orsi, cinghiali, cervi, caprioli) che allora certamente esistevano anche nel territorio di Zogno. Altri solchi nel terreno si formarono per il continuo recarsi alla sorgente più vicina o nel raggiungere i luoghi dove la selvaggina era solita abbeverarsi, oppure più frequentemente pascolava oppure infine dove gli animali, per le asperità del terreno, erano costretti a passare, riuscendo così più facile la loro cattura. Non è da escludere che alcuni individui avessero il compito di recarsi in certi luoghi del bosco dove si era scoperto che un tipo di pianta produceva bacche prelibate. Probabilmente alcuni sentieri erano tracciati appositamente e segnalati da alcuni coraggiosi il cui compito era di perlustrare il territorio attorno alla/e caverna/e al fine di scoprire zone abitative migliori, meglio difese dai pericoli, con più selvaggina e più acqua.
Non bisogna dimenticare infine il sentiero forse più importante: quello che conduceva al luogo del culto dove una caverna adibita a sepoltura o una lastra di pietra o una roccia dalla configurazione strana o un particolare fenomeno della natura rappresentava l'essere mitico, padre di tutte le cose, a cui rivolgersi per ottenere aiuto nell'affrontare le tremende difficoltà di quell'esistenza.
Come si vede molteplici erano i motivi perchè nel terreno rimanessero impresse per sempre le impronte degli spostamenti intenzionali e organizzati dell'uomo, diverse da quelle casuali degli animali e perciò incapaci di lasciare un segno duraturo della loro presenza. Quei sentieri, come tanti fili di Arianna, permettevano all'uomo primitivo di allontanarsi dalla caverna e di addentrarsi con una certa sicurezza in un ambiente ostile e misterioso e di conoscere, giorno dopo giorno, una porzione sempre più ampia di quel labirinto.
Ciò ha permesso a quegli uomini di prendere coscienza delle proprie capacità e di accrescerle acquisendo continue e nuove esperienze e gettando così le basi del loro sviluppo intellettuale, affettivo e spirituale. Col passar del tempo quei fili si sono allungati; grazie ad essi alcuni uomini primitivi hanno potuto conoscere altri uomini primitivi. Da questi incontri, non sempre pacifici, sono nati i villaggi, i villaggi sono diventati paesi, i paesi città. Di pari passo i sentieri si sono trasformati in mulattiere, in carreggiabili e in strade. Dentro le città la vita dell'uomo si è sviluppata in direzioni impensabili. Sono nate così, oltre al resto, le vie sul mare, le strade ferrate, le superstrade (sulla terra e sottoterra), le vie aeree, le vie dell'etere e le vie dello spazio. Addirittura già da tempo si parla di vie del pensiero, della scienza e della tecnica, di vie artistiche...
Dopo migliaia di anni dunque l'uomo è ancora in viaggio e continua ad aprire nuove strade; ma ciò che più impressiona è che il labirinto, costituito un tempo non lontanissimo dalla bella conca di Zogno, oggi è diventato il mondo intero, i pianeti, il cielo stellato, le galassie: in poche parole l'Universo. Ed è quasi angoscioso scoprire che quanto più l'uomo avanza lungo queste differenti strade tanto più i confini del labirinto entro cui si muove si allontanano da lui. Sembra proprio che l'uomo sia condannato a vivere in uno stato di perenne inquietudine, sempre teso verso qualche nuova meta, sempre in cammino.  A qual fine?
Sembra oltre le possibilità umane rispondere a questa domanda; è più utile forse limitarsi a constatare che anche questo lavoro, che ormai volge al termine, è frutto di questa irrequietezza e che anch'esso, ancora una volta, è come un sentiero tenue, tracciato nella realtà passata del nostro paese. E se durante questa ricerca-scoperta anche un solo lettore ci ha accompagnato trascorrendo qualche momento piacevole o traendo una riflessione di una qualche utilità per il suo viaggio quotidiano presente e futuro, allora questa fatica ha ottenuto assai più di quanto potesse onestamente sperare.


BIBLIOGRAFIA
10.1) Bortolo Belotti: Storia di Zogno e di alcune terre vicine, pag. 10.
10.2) A prima vista sembra impossibile che i monti attorno alla valle Taleggio possano fornire dei minerali ferrosi, avendo essi una costituzione in prevalenza calcarea. Tuttavia nei dintorni di Fraggio, località vicino a Pizzino, l'erosione dei ruscelli, asportando lo strato calcareo, ha messo a nudo qua e là rocce profonde contenenti siderite che può fornire tracce ferrose. Naturalmente la quantità di ferro presente in questa roccia è ben poca cosa rispetto a quella presente nei monti attorno a Carona o a Foppolo.
10.3) Angelo Mazzi: Le vie romane nel territorio di Bergamo, vol. 1°, vol. 2°.
10.4) Vedi la parte settima di questa storia e in particolare: Biblioteca Civica Bergamasca Angelo Maj (Bergamo); Fondo Pergamene del Monastero del S. Sepolcro di Astino passate alla B.C.B. e ora note anche come Pergamene del comune di Bergamo, pergamena n. 1094.
10.5) Biblioteca Civica Bergamasca Angelo Maj (Bergamo). Fondo: Pergamene dell'archivio del Capitolo di S. Alessandro, pergamena n. 3024.


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