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Edizioni don Giulio Gabanelli, stampa Carminati Stampatore, Almè - Zogno

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Gabanellia Agilis: una nuova specie individuata tra i pesci fossili di Zogno (dedicata a don Gabanelli)

(n.2, aprile 1997)

 


Fossile di Gabanellia Agilis predatore di mare aperto

L'autunno scorso il professor Andrea Tintori, docente e ricercatore all'Università delle Scienze della Terra di Milano, ci ha comunicato i risultati degli studi condotti su una decina di esemplari di pesci fossili ritrovati recentemente nei giacimenti di Zogno e da lui pubblicati sulla Rivista Italiana di Paleontologia e Stratigrafia in inglese affinchè possano essere messi a disposizione degli scienziati di tutto il mondo.
Ci è sembrato utile e interessante estrarre dalla lunga relazione una sintesi che dimostra quanto siano ricchi, importanti e fondamentali i giacimenti fossiliferi di Zogno per la Geologia, la Paleontologia e gli studi della Terra in generale perchè permettono di ricavare nuove conoscenze non solo sulla nascita e la formazione della Terra ma anche sulla nascita e lo sviluppo della vita sul nostro pianeta.
Il professor Tintori dunque ci fa sapere che circa 220 milioni di anni fa (N.B.!) a Zogno nelle acque di un mare tropicale caldo viveva un pesce dalle dimensioni contenute, in media lungo 25 centimetri, ben affusolato ma non anguilliforme, con una pinna caudale biforcuta, simmetrica e molto sviluppata rispetto al resto del corpo e con altre numerose pinne sul dorso, nella regione ventrale e presso l'attaccatura della testa al tronco. Inoltre sui fianchi questo pesce presentava un numero eccezionale di file di scaglie, ben 95, il che dava alla parte centrale del corpo una grande flessibilità. Questa caratteristica abbinata all'ampia coda e alle altre pinne permetteva un'eccezionale capacità di nuoto ad elevate velocità per molto tempo con la possibilità di cambiare improvvisamente la direzione del nuoto. Questo pesce insomma era perfettamente a suo agio nell'elemento acqua.
L'esame paleontologico del cranio, del palato, delle mandibole e dei denti, numerosi, molto taglienti e distribuiti in modo irregolare non solo sulle mandibole ma anche sul palato, ci dicono che questo pesce era un predatore che inseguiva a lungo le prede e che, una volta afferrate perchè esauste, le poteva ingoiare interamente se piccole, oppure le faceva a brandelli se si trattava di prede di dimensioni confrontabili con le sue. Per la voracità e le dimensioni si potrebbe quasi dire che esso era un antenato dell'attuale Pirana mentre per il nuoto in mare aperto e per la forma del corpo si potrebbe pensare ad un piccolo antenato del moderno tonno.
Non solo per queste caratteristiche generali ma soprattutto per numerose altre di anatomia comparata, che qui trascuriamo, legate alla struttura ossea del cranio, delle mandibole e dello scheletro  e alla conformazione delle pinne e dell'apparato gastro-intestinale, questo pesce non risulta avere parenti stretti tra quelli antichi sino ad oggi conosciuti. Anzi le sue caratteristiche complessive sono così peculiari che costringono a classificarlo non solo come una specie nuova ma anche come genere e come famiglia nuova.
Il professor Tintori che ha dimostrato per primo che ci si trovava di fronte a un pesce preistorico di tipo completamente nuovo ha voluto dare a questo nuovo "nato" un nome che ricordasse il nostro parroco don Giulio Gabanelli per ringraziarlo dei tanti aiuti economici e morali che egli ha dato per lo sviluppo di queste ricerche sul territorio di Zogno. Pertanto secondo le norme in vigore in campo paleontologico questo nuovo pesce è stato chiamato GABANELLIA (dal cognome Gabanelli) AGILIS che in latino significa svelto, veloce.
GABANELLIA AGILIS dunque rientra nella vasta categoria dei predatori marini ma rispetto a quelli già noti della stessa epoca, e ritrovati in numerosi esemplari anni fa sempre nei giacimenti di Zogno, aveva comportamenti e abitudini di vita assai diverse.
Infatti SAURICHTHYS (lunghezza media di 120 cm. e anguilliforme) era un predatore da imboscata: se ne stava rintanato in qualche anfratto della barriera corallina e assaliva come una scheggia il malcapitato visitatore di turno. BIRGERIA (lunghezza media di 100 cm. e con forma tondeggiante) era un cacciatore più lento che si muoveva di preferenza sul fondo dei bacini ad acque basse. CELECANTIDE (lunghezza media di 100 cm. dal corpo robusto) se ne andava a caccia vagabondando e visitando tutte le grotte e i corridoi naturali presenti tra le lagune coralline.
GABANELLIA AGILIS invece preferiva il mare aperto abbastanza lontano dalla terraferma dove poteva compiere le sue scorrerie e dove viveva indisturbato in modo abbastanza isolato. Solo durante il periodo della riproduzione si avvicinava alle coste per deporre le uova in fondali bassi ma comunicanti col mare aperto dove l'acqua era mossa in continuazione dalle correnti marine in modo che le uova potessero essere meglio ossigenate.
Dal numero di esemplari ritrovati pare che questo pesce fosse assai meno diffuso degli altri predatori. Questo giudizio tuttavia non può essere definitivo poichè la scarsità dei reperti può essere dovuta al fatto che vivendo GABANELLIA AGILIS in acque aperte il fenomeno di decomposizione dei resti organici è più veloce. Inoltre potrebbe accadere di ritrovare prossimamente, dopo questi primi dieci esemplari, altri reperti modificando così l'abbondanza relativa delle presenze.
L'importanza della scoperta di GABANELLIA AGILIS a Zogno si può meglio comprendere pensando al fatto che in altri giacimenti fossiliferi piuttosto noti presso Seefeld in Austria, dove affiorano gli stessi strati di roccia (Calcare di Zorzino) coevi a quelli di Zogno, sono stati rinvenuti in misura più modesta resti degli altri predatori marini quali Saurichthys, Birgeria e Celecantide ma non GABANELLIA AGILIS. Ciò testimonia come le condizioni dell'ambiente marino nella regione comprendente Zogno in quelle epoche tanto lontane fossero più favorevoli allo sviluppo della vita che in altre regioni europee anch'esse occupate dal vasto mare chiamato Tetide.
Dopo queste considerazioni è doveroso da parte di chi scrive rivolgere ancora una volta un appello alle autorità pubbliche competenti facendo leva sulla loro sensibilità affinchè questo immenso patrimonio scientifico, culturale e turistico-economico, che il mondo intero ci invidia, possa essere conservato, difeso e divulgato attraverso un museo civico paleontologico da costituirsi nel territorio dei ritrovamenti cioè Zogno. Così facendo si eviterebbe che reperti tanto preziosi e rari vengano dispersi in vari musei italiani o esteri dimenticando spesso la loro origine e facendo perdere a Zogno e alla valle Brembana in generale  un'importante parte della loro storia e del loro passato in altre parole della loro identità geografica, ambientale e culturale.