Saggi Storici
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Edizioni don Giulio Gabanelli, stampa Carminati Stampatore, Almè - Zogno

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Storia della roggia Traini

(n.1, febbraio 1997)
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(Nota preliminare: questo saggio storico è stato raccolto nel volume dello stesso autore “Le Rogge di Zogno”, capitolo: Roggia Traini)

E' giunto ora il momento di fare alcune riflessioni sulla ricca serie di dati e di fatti sin qui esposti per trarre qualche insegnamento e per meglio capire i meccanismi che sono alla base dello sviluppo di questa parte della storia di Zogno.
Senza dubbio è un motivo di rincrescimento non essere riusciti a scoprire chi costruì per primo questa roggia e con quali scopi. Tuttavia le notizie certe più antiche, che risalgono al periodo a cavallo tra il XV e il XVI secolo, permettono di trarre ugualmente una ragionevole conclusione. Questa roggia fu costruita quasi di certo per azionare un antichissimo mulino che doveva produrre la farina per fare il pane per tutto il paese. Non a caso esso era ubicato sulle rive del Brembo nel luogo più vicino possibile al paese che a quel tempo era costituito solo dall'attuale centro storico. Ancora oggi del resto è visibile e percorribile la mulattiera o strettoia, le cui origini si perdono nella notte dei tempi, che da via Vittorio Emanuele II conduce al luogo dove ancora  esiste, sia pure trasformato, quell'antico edificio. Tutto ciò con ogni probabilità avvenne agli inizi del Quattrocento o forse già nel secolo precedente quando questa attività era fondamentale per il sostentamento della popolazione.
Il follo nelle vicinanze del mulino risale probabilmente alla seconda metà del XV secolo quando, dopo la pace di Lodi del 1454 che pose termine a cinquant'anni di guerre, incominciò per la Lombardia un lungo periodo di pace con una lenta ma graduale ripresa di tutte le attività economiche e commerciali. Può essere fatta rientrare nell'onda lunga di questo sviluppo economico la costruzione nella seconda metà del Cinquecento del maglio Maffeis che non cambiò nella sostanza la struttura della roggia e non aumentò di molto la sua importanza.
Un salto di qualità notevole si ebbe invece con l'entrata in campo del conte Francesco Brembati nei primi anni del Seicento il quale allargando il canale, cioè aumentando la portata d'acqua, e allungandolo fin quasi a raggiungere i due chilometri, lo rese adatto ad azionare altri opifici. E in effetti, come mostrato, poco dopo la cartiera nacquero la segheria e il maglio Pasinelli, il mulino del Capo e più tardi il torchio. E' solo a partire da questo momento che la roggia in oggetto, che sarebbe più corretto chiamare Brembati e non Traini, suscitò gli interessi per non dire gli appetiti degli imprenditori sia locali che esterni al territorio zognese e brembano perchè incominciò ad essere concepita come il motore indispensabile di svariate attività artigiane e industriali. In tutti i secoli a turno i proprietari di uno o più opifici di questa roggia e dei diritti di sfruttamento delle sue acque esercitarono grande influenza nella vita politica e sociale di Zogno proprio perchè erano i soggetti economicamente più forti del paese: chi divenne sindaco, chi presidente o consigliere della Misericordia, chi amministratore del Vicariato della valle Brembana Inferiore, chi responsabile della distribuzione delle derrate alimentari e chi infine responsabile dell'ordine pubblico non solo a Zogno ma anche a Bergamo.
L'importanza di essere proprietari di uno di questi laboratori artigianali era tale che in tutti i secoli i possessori di uno o più opifici sulla roggia di Zogno possedevano anche un opificio analogo sulla roggia dell'Acquada. Basterà ricordare qui brevemente i fratelli Paganoni, i fratelli Scuri, la ditta Osio di Milano, i fratelli Sinibaldi di Salò, lo stesso conte Francesco Brembati, i fratelli Gavazzi di Romacolo e i proprietari dei più antichi opifici sino ad oggi conosciuti: la famiglia di Andrea Gariboldi detto Toloni. Grazie a questa caratteristica tra l'altro si può affermare che la roggia dell'Acquada è più antica di quanto detto nella ricerca ad essa dedicata (1). Infatti la segheria di Ambria presso la valle del Lupo risulta esistente già da tempo nel 1564 (2) e il follo dell'Acquada, acquistato da Filippo Batelli nel 1570, era di proprietà di Giuseppe Gariboldi detto Chisetto, nipote di Andrea, già da parecchio tempo. Le due rogge quindi con tutta probabilità sono coeve ed entrambe assai antiche.
Un altro fatto abbastanza importante da sottolineare è che tra queste famiglie artigiane si celebrarono vari matrimoni e che altrettanti furono celebrati con le famiglie dei notai più rinomati di Zogno e del suo territorio. Basterà ricordare a tal proposito i casi Golini, Torricella, Pesenti (Molena), Marconi-Maffeis e Sonzogno. In ogni epoca storica ciò servì a rafforzare il legame tra la categoria sociale economicamente più potente e la categoria detentrice della cultura e da questa unione derivò sempre la classe politica dirigente del paese. Attorno alla roggia di Zogno insomma ruotarono sempre interessi privati e pubblici. Non è da escludere infatti che anche nei tempi più lontani nel corso del Trecento il mulino Gariboldi sia sorto per iniziativa del Comune per macinare a favore di tutto il paese con meno fatica e più rapidità il frumento che prima veniva macinato in casa da ogni famiglia con opportune peste manuali. Sul finire del Cinquecento questa roggia ebbe il compito fondamentale di azionare per alcuni anni il maglio di Giovan Giacomo Maffeis che forgiò tutte le chiavi di ferro utilizzate nella costruzione della strada Priula tra Villa d'Almè e Zogno e non a caso per questa circostanza Giovan Giacomo fu nominato direttore pubblico dei lavori. Infine tra il 1678 e il 1680 grazie alla segheria e al maglio Pasinelli fu possibile costruire in pietra il ponte vecchio di Zogno migliorando in modo sensibile la viabilità del territorio di Zogno e della bassa valle Brembana.
Il ruolo per così dire pubblico più importante svolto dalla roggia Brembati è legato tuttavia all'attività della Misericordia. Questa istituzione civile aveva l'obiettivo di aiutare, soprattutto con risorse alimentari, i poveri del paese attingendo alle donazioni fatte da tutte le famiglie, benestanti e non, sensibili al problema. Queste donazioni potevano essere in denaro, in natura o in beni materiali quali terreni e fabbricati. Il presidente della Misericordia di Zogno pertanto fu sempre responsabile di un cospicuo capitale che gestì in vari modi per scopi umanitari. L'idea di acquistare un mulino e di affittarlo ad un mugnaio per avere pane e farina gratis registrò un largo consenso tra la popolazione per oltre due secoli. Un altro modo di far fruttare questo capitale fu di prestare dei soldi a interessi relativamente bassi agli imprenditori che ne facevano richiesta. E' quanto successe più volte con i proprietari degli opifici della roggia in esame. In pratica in questi casi la Misericordia svolse il ruolo di una moderna banca.
Durante la presente ricerca è stato possibile scoprire alcune interessanti novità sulla storia di questa istituzione. Innanzitutto si deve ricordare che non si sa quando nacque questa istituzione a Zogno, dipendente in modo gerarchico dall'analoga di Bergamo. Grazie a un documento scoperto da don Enrico Mangili si sa solo che la Misericordia di Zogno esisteva nel 1456 e che si riuniva nella casa in cima allo scalone della parrocchiale a sinistra per chi sale (3). Ma prima e dopo di questa data ne don Mangili ne Bortolo Belotti poterono ricavare informazioni sulla sua attività fino all'epoca delle visite pastorali del cardinale Borromeo che risalgono al 1575. Oggi invece si può dire che la Misericordia di Zogno era ben presente e operativa sul territorio anche molto prima di quest'epoca. Infatti basti pensare all'atto di compravendita della segheria di Ambria nel 1564, al tentativo di costruire un edificio da mulino, da follo e da pesta nella contrada Capaniccioli nel 1532, all'atto di affitto di un vasto prato nella contrada "Muselito" (S. Cipriano) a certo Antonio Sonzogno soprannominato Galasso nel 1516 (4).
Si è già detto inoltre che nei primi anni del Cinquecento uno dei presidenti più significativi della Misericordia fu Antonio Maffeis proprietario di opifici sulla roggia in questione. E' anche interessante ricordare che in quegli stessi anni nei vari atti notarili la Misericordia viene ancora indicata con la sua denominazione originaria di "Consorzio della Misericordia di Zogno" che rivela la natura e i fini di questo ente benemerito. Per dimostrare come la roggia Brembati ebbe sempre un ruolo centrale nella vita economica, politica e sociale del paese bisogna infine ricordare che nelle sue vicende, non sempre limpide, fu coinvolta in alcune occasioni anche un'istituzione religiosa: "la congregazione (confraternita) dei Disciplini Neri eretta nella chiesa parrocchiale" la quale più volte finanziò con il denaro proveniente dalle offerte le attività del maglio dei fratelli Chiavaro, ex maglio Pasinelli. 
Per concludere ora si devono fare alcune puntualizzazioni sull'aspetto del territorio zognese in epoche tanto lontane. Dalla fine del XV secolo agli inizi circa del XIX le vaste piane comprese tra l'ex stazione ferroviaria e le Grotte delle Meraviglie erano genericamente chiamate "le gierre di Zonio". In vari atti notarili sono descritte come "terre gierive et sassose che il Comune non ne cava cosa alcuna non nasendosi (nascendo) manco herba da far pascolare". Ciò dipendeva dal fatto che l'alveo del fiume era più in alto di oggi e che le piene anche piccole del Brembo, dopo le strettoie di Tiolo e di Tre Fontane, scaricavano il loro impeto in modo disordinato in queste piane. Il percorso del fiume in questo lungo tratto pianeggiante formava ampi meandri con acqua stagnante nei periodi siccitosi. Non a caso i più antichi opifici sulla roggia nacquero nel punto più vicino al paese a monte di queste piane e di poco sollevato rispetto ad esse. Questo luogo era detto "il loco dei Salegii" cioè dei salici che si sa sono piante che vivono sulle rive dei fiumi a ridosso immediato dell'acqua.
A valle di questo punto le piane non erano praticabili ne abitabili formando un terreno paludoso. Diversamente non si spiegherebbe perchè Antonio Maffeis nel 1532 propose di costruire, a favore della Misericordia, un edificio da mulino, follo e pesta nella contrada Capaniccioli, sulla valletta attigua, e non sulla roggia vicina al centro del paese che già alimentava il mulino e il follo Gariboldi. Solo cinquant'anni più tardi, perchè nel frattempo l'alveo del Brembo si era un poco abbassato, fu possibile costruire il maglio Maffeis circa trecento metri a valle di questi due opifici nel luogo non a caso detto "Palta" cioè fanghiglia o palude col rischio però di essere ancora inondato dal fiume, motivo per cui i rappresentanti del Comune che concessero il benestare all'uso delle "gierre" demaniali chiesero di essere sciolti da ogni responsabilità. Col passare dei decenni, abbassandosi sempre più l'alveo del Brembo, fu possibile costruire con sicurezza sempre maggiore il vasto edificio della cartiera e più tardi gli altri opifici a valle. Continuando nel corso del tempo l'abbassamento dell'alveo del fiume e diventando sempre più rara l'inondazione delle piane circostanti, queste poterono essere trasformate gradualmente in prati e pascoli. Un contributo fondamentale a questo risultato fu dato però dalle prime e poderose opere di arginatura del Brembo compiute in epoca austriaca sul lato di Zogno che diedero al suo territorio nella sostanza l'aspetto di oggi e che ebbero l'effetto imprevisto di sottrarre a Stabello la parte di queste piane assegnate a quel tempo a quel comune. Prima di queste protezioni agli inizi del XIX secolo un ramo del Brembo sfiorava ancora l'antica chiesetta del Carmine!
Alla luce di queste scoperte si deve ritenere errata l'ipotesi fatta dagli stessi autori anni fa, quando la documentazione era incompleta, secondo cui la roggia Brembati potesse essere nata per irrigare queste piane così come diventa incerta l'ipotesi che la primitiva chiesa di S. Lorenzo di Zogno prima del Quattrocento si trovasse nel luogo della cartiera o "Palta". L'alveo del Brembo infatti in quell'epoca era ancora più in alto di quanto detto poc'anzi e la scoperta del maglio Maffeis preesistente alla cartiera permette di interpretare assai bene oltre agli stemmi già descritti anche la presunta pila lustrale di piccole dimensioni e l'affresco della Madonna trovati in quel luogo rispettivamente come crogiuolo per  fusione e come dipinto privato della casa Maffeis essendo questa famiglia benestante e risultando associata all'opificio anche una casa di abitazione. Queste osservazioni critiche comunque da sole non bastano a risolvere in modo definitivo e certo questo problema che rimane aperto a nuove e interessanti ricerche.


BIBLIOGRAFIA
1) Vedi la ricerca dedicata alla roggia Acquada (Zogno Notizie dicembre 1985; febbraio, aprile e giugno 1986).
2) Zogno Notizie, dicembre 1996. 
3) Don Enrico Mangili (P. Tosino): L'Eco di Bergamo, 27 luglio 1936.
4) Archivio di Stato di Bergamo. Fondo Notarile: Notaio Sonzogno Guarino fu Michele di Zogno, cartella 1167. 


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