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Edizioni don Giulio Gabanelli, stampa Carminati Stampatore, Almè - Zogno

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Ritrovato un prezioso sigillo

(n. 5, ottobre 1994)


Qualche tempo fa il signor Sana Gianfranco Cipriano soprannominato "Strosa" ha rinvenuto durante gli scavi alle fondamenta di un'antica casa colonica, nota col nome di "stala dela  Marta", nei pressi della contrada Angelini in territorio di Zogno, un singolare sigillo.
Esso ha una forma perfettamente circolare, un diametro di 3,5 cm e uno spessore di 0,3 cm. Dal lato non utilizzabile per imprimere il sigillo vi è un'asola alta 1,5 cm. Per mezzo di questo supporto ricorrendo a un'elegante cordicella o, più probabilmente, a una preziosa catenella, il proprietario poteva appendersi al collo questo strumento come un pendaglio e portarselo sempre con sè.
Il materiale di cui è composto l'oggetto è bronzo di elevata qualità poichè esso appare di un colore alquanto chiaro, quasi giallo, e piuttosto lucido ed ha inoltre un suono molto vivo, cristallino. Ciò sta ad indicare che la percentuale di rame, pur essendo prevalente, è bassa (circa il 75 %), che quella di stagno è elevata (circa il 25% contro il 4-7% dei normali bronzi) e che probabilmente è presente, in piccole tracce, anche dell'argento.
Simili componenti conferiscono a questa lega una buonissima resistenza alla corrosione ed all'usura e quindi permettono ai caratteri ed alle figure che devono essere impresse sulla cera, sul piombo o su altre sostanze malleabili, di mantenere i loro profili nitidi cioè chiari e leggibili per lungo tempo; caratteristica questa che è fondamentale per un buon sigillo.
Al contrario se il bronzo fosse costituito al 95% da rame il sigillo mostrerebbe una colorazione decisamente verdastra, avrebbe un suono più cupo e greve e presenterebbe i classici segni della corrosione che progredisce attraverso granuli e scagliette che si staccano dal corpo principale.
L'aspetto più interessante dell'oggetto in questione è tuttavia l'insieme dei caratteri e delle figure che compongono la matrice del sigillo vero e proprio. Vicino al bordo infatti è inciso in modo circolare e al rovescio il nome del proprietario un certo BELTRAME DE LOVERBERCI (o LOVERBERDI) seguito dalla sigla "I + S" che significa "Jesus Salvator" (Gesù Salvatore dell'Umanità).
Ciò sta ad indicare che il proprietario apparteneva ad una  congregazione o ordine religioso. Si trattava di un abate o di un rappresentante che poteva vantare particolari meriti o forse di qualche altro personaggio altolocato, con funzioni amministrative, sempre in strutture religiose o simili. Ad esempio potrebbe anche  trattarsi di un notaio esperto degli aspetti pratici di problematiche giuridiche religiose, un magistrato religioso insomma non un teologo però, in altre parole il corrispondente in campo ecclesiastico del notaio pubblico che all'interno della Pretura è noto col nome di Cancelliere.
Al centro della matrice vi è uno scudo sul quale campeggiano tre aquile con le ali spiegate per indicare l'alto grado di nobiltà di questo personaggio che col suo nome rappresentava ben tre famiglie da cui egli discendeva direttamente o indirettamente.
Per inciso basterà ricordare che nel passato Beltrame poteva fungere sia da nome che da cognome e che ancora oggi sono assai diffusi i cognomi Beltrame e Beltrami. Nella sua forma completa il nome di questo personaggio è alquanto singolare e non pare di origine bergamasca.
Poichè a partire dagli inizi del XVII secolo, epoca alla quale risale con più probabilità tale sigillo, anche i notai pubblici che rogavano molti atti al giorno anzichè firmare usavano lasciare un timbro alla fine di ogni documento, si è pensato per qualche momento che questo nominativo si riferisse ad un notaio di particolare importanza. Ma sia nei registri notarili dell'Archivio di Stato di Bergamo che nelle pergamene medioevali della Biblioteca Civica A. Maj in Città Alta non appare in nessun modo questo nome. Ciò avvalora ancora di più l'ipotesi che si tratti di un personaggio religioso non bergamasco.
Certo è sorprendente trovare una testimonianza di questo genere a 1,5 metri di profondità vicino alle fondamenta di una casa colonica che risulta presente già sulle mappe catastali napoleoniche. Le fondamenta di questa casa a quella profondità apparivano squadrate e massicce in misura sorprendente il che fa supporre che questa stalla (questo è oggi il suo utilizzo) sia il resto di un edificio più cospicuo, forse di una costruzione fortificata.
Non bisogna dimenticare infatti che questa casa sovrasta in modo quasi strapiombante la contrada Angelini e l'antica strada della valle Brembana, prima e dopo la costruzione della Priula. In quella località infatti essendo le pareti della valle Brembana molto vicine e ripide, sulla destra orografica del fiume vi era un punto di passaggio obbligato. La strada Priula perciò in quel luogo fu costruita al posto della mulattiera medioevale, anzi fu la stessa  mulattiera medioevale semplicemente allargata (1). Del resto per gli stessi motivi anche oggi la statale "470" della valle Brembana in quel punto scorre pochi metri al di sotto del tracciato della Priula.
Vi è un'altra circostanza da sottolineare che non appare fortuita. Da questa casa si domina anche l'alveo del fiume Brembo all'altezza della contrada Angelini dove fino a tutto il XV secolo esisteva con certezza un ponte in pietra chiamato "Ponte del Ragno" (2) che collegava l'asse viario sulla destra orografica del fiume con quello sulla sinistra. Questo secondo tracciato a sua volta metteva in comunicazione tutta la conca di Zogno e la bassa valle Brembana attraverso Malpasso e Romacolo con Grumello de Zanchi, Poscante, Il Monte di Nese, Ponteranica Alta e Bergamo. Era un percorso alternativo a quello lungo il fiume dalla costruzione della Priula in poi, ma era di primaria importanza in epoche antecedenti la Priula. E' probabile dunque che questa antica casa fosse un avanposto di osservazione e di controllo dell'incrocio delle due direttrici principali della valle fin da tempi remoti. 
Infine l'idea che una simile costruzione fosse di proprietà di un monastero e che sia stata visitata più volte da un abate è abbastanza plausibile. Dal 1150 fino a tutto il 1500 circa il monastero di Astino risulta proprietario di molti boschi e prati situati qualche centinaio di metri oltre la località in oggetto, esattamente nei dintorni della cosiddetta "valle della Scabla" (in latino Scabila) (3) che scende dalle pendici del monte poco oltre la contrada di Tiolo.
E' assai probabile dunque che anche il pianoro, la casa colonica e i boschi adiacenti la "valle della Marta", parallela e abbastanza vicina alla valle della Scabla, fossero di proprietà di questo Monastero e che ciò non risulti formalmente per il semplice fatto che sono andati perduti i documenti relativi. Il nostro sigillo in tal caso sarebbe una conferma indiretta di questi avvenimenti.


BIBLIOGRAFIA
1) Per maggiori dettagli vedi degli stessi autori: Una Strada, Una Valle, Una Storia Ed. Archivio Storico S. Lorenzo, Zogno 1988.
2) Zogno Notizie, giugno 1982. Zogno Notizie, marzo 1985.
3) Biblioteca Civica Angelo Maj di Bergamo. Fondo Manoscritti: Pergamene provenienti dal soppresso Monastero di Astino. Perg. N. 2148, aprile 1178; Perg. N. 404, 8 agosto 1291.