Saggi Storici
Zogno Notizie

Edizioni don Giulio Gabanelli, stampa Carminati Stampatore, Almè - Zogno

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Nuove scoperte sulla storia di Zogno:
Una roggia non meno importante ed antica della Roggia Traini

(n.3, giugno 1986)

4/4 

(Nota preliminare : questo saggio storico è stato raccolto nel volume dello stesso autore “Le Rogge di Zogno”, capitolo : Roggia Acquada) 

In questa ricerca a ritroso nel tempo non è stato possibile conoscere con certezza i nomi dei proprietari, per uno stesso anno, di tutti gli opifici della roggia prima del 1616.
Ciò non significa però che qualcuno degli opifici non esistesse prima di questa data ma solo che i documenti relativi, man mano ci si addentra in un passato sempre più lontano, si fanno più frammentari e difficili da trovare. La costante presenza degli opifici e della roggia in questione è garantita infatti per almeno altri 50 anni precedenti il 1616 nella misura e nelle forme seguenti. Con riferimento alla foto 1:
 "B" risulta essere sempre una "rassiga (segheria) da legnami ad  acqua" intestata il 25 giugno 1599 a Tadeo Sonzogno fu Giovanni Giacomo (1) mentre il 6 luglio 1574 è intestata per una metà a Giovanni Giacomo de Sonzogno, padre di Tadeo, e per l'altra metà a Giampiero Vitali fu Giovanni di Ambria (2).
 "D" ed "E"  entrambi mulini a due ruote il 21 aprile 1603 sono di proprietà di Antonio Sonzogno fu Giovanni Giacomo (3).
 "F"  è ancora un "follo da pannilani" ed è citato più volte sempre con il nome di Gioseffo Sonzogno fu Giovanni Giacomo. Tra queste citazioni le più interessanti sono quelle dell'11      settembre 1608 (3) e del 4 aprile 1597 (4).
 "H"  è "un follo da pannilani" e compare più volte sempre accompagnato al nome di Felipo Batelli fu Bortolo il 10 luglio 1603 (5), il 24 aprile 1595 (6), il 17 marzo 1586 (7) e il 6      novembre 1570 (8).
 "I"  è un edificio a 3 o 4 stanze seminterrate contenenti ciascuna una ruota da mulino con i relativi accessori; due di esse il 4 febbraio 1599 sono di proprietà della famiglia di Lorenzo de Berlendis (5) mentre la terza e forse una quarta il  24 aprile 1595 appartengono alla famiglia di Tonetto de Berlendis (6). Questo edificio esiste tuttavia anche nel 1570 e contiene diversi mulini o rote come si diceva a quei tempi. Nel documento relativo (8) si dice infatti che il follo e il terreno annesso di Felipo Batelli confinano con l'"edificium molendinorum quatae" (l'edificio dei mulini della Quata = Quada = Acquada).
Si noti per inciso che ad esclusione di Giampiero Vitali tutte le persone qui presentate sono le stesse già citate come viventi o come defunte al prospetto del 1616 nella parte precedente di questa ricerca.
Anche l'assetto dei canali con le dimensioni che già sono note risulta identico a quello mostrato nella foto 1, con certezza, da qualche anno prima del 1570 (8).
A titolo di curiosità, non come prova che pretenda di dimostrare qualcosa, è interessante osservare anche che il quadro sopra illustrato combacia perfettamente nel numero e nella qualità degli opifici con quanto descrisse il Capitano di Bergamo, Giovanni Da Lezze, nella sua famosa relazione al senato veneto nel 1596.
Per il comune di Endenna vi si legge infatti: "... alla riva del fiume Brembo vi sono molini sette" (nel senso di sette ruote da mulino poichè in questo periodo il termine "molino" è sinonimo di ruota con l'annessa macina e non di casa), "folli da panni numero due et una rasega".
E' giunto ora il momento di trarre un bilancio di questa storia.
Quando dunque fu costruita questa roggia e perchè?
Dal contesto dei documenti più antichi che si sono potuti trovare, quelli cioè del 1574 e del 1570, emerge chiaramente che gli opifici ed i canali in argomento esistevano già da parecchio tempo prima di queste date. In nessuno di essi compare mai infatti, nemmeno per caso, qualche espressione del tipo "molino novo" o "rasiga nova" o "seriola nova", espressione che spesso accompagna l'esistenza di un manufatto edile anche dieci o venti anni dopo la sua costruzione. Gli edifici inoltre sono quasi sempre indicati con soprannomi o di luoghi o di mestieri ("la rasiga de supra, la casa del follo") e si sa che un modo di dire diventa abitudine e poi tradizione solo se si riferisce ad una situazione che perdura a lungo nel tempo.
Senza dubbio non si è molto lontani dal vero dicendo che questa roggia fu costruita nei primi anni del 1500 e che gli opifici furono inizialmente soltanto e tutti dei mulini.
Si è indotti a pensare ciò da quanto si legge nella relazione del Capitano Giovanni Da Lezze già citata. Da essa risulta che nel 1596 il comune di Endenna, composto da tutte le contrade attuali e da quelle che formano Somendenna, aveva una popolazione di 291 persone di cui "utili 44, il resto vecchi, donne et putti (bambini)". Il comune di Zogno, composto da tutte le contrade che si conoscono anche oggi ma disposte solo sulla destra orografica del Brembo, si estendeva allora come oggi dai ponti di Sedrina alla valle del Lavello. La sua popolazione era contata dal Da Lezze in 444 individui di cui "utili 75, il resto donne, vecchi et putti".
Ora se si pensa che il territorio di Endenna era sei volte più piccolo di quello di Zogno se ne conclude che il comune di Endenna era più densamente abitato del comune di Zogno.
Le vaste piane di Camanghè e dell'Arale (oggi purtroppo ricoperte da colate di cemento) e le dolci colline che stanno poco a valle di Braccamulino, per il soleggiamento e la disponibilità di acqua, erano assai adatte alla coltivazione del frumento o di piante simili e certamente fin da tempi remoti furono sfruttate al massimo per sfamare tante bocche.
Non a caso le contrade di Ambria e dell'Acquada si trovano lungo il Brembo poco al di sotto delle piane indicate. Non a caso nei mulini dell'Acquada, nella seconda metà del XVI secolo, si macinavano tutte le graminacee allora note vale a dire "formento (frumento), biada (avena) et millio (miglio)". Per inciso è utile ricordare che mentre dal frumento si estrae la classica farina per fare il pane dall'avena e dal miglio si ricavano farine alquanto pesanti da digerire per l'uomo, più adatte per i cavalli, per le bestie da soma o per le mucche. Nei periodi in cui scarseggiava il frumento è accertato comunque che l'uomo si adattava a consumare anche queste farine. In questo periodo inoltre era ancora sconosciuto "il melgotto (granoturco)" per fare la polenta il quale arrivò a Zogno dall'Oriente (Venezia) dopo il 1620.
Sulla scorta delle precedenti considerazioni è ragionevole supporre dunque che con l'affermarsi del governo veneto, cioè di un lungo periodo di pace, e quindi con l'accrescersi della popolazione sia diventato conveniente ad un certo punto che qualcuno macinasse il frumento e affini per tutta una comunità anzichè continuare col metodo antico secondo cui ciascuna famiglia si macinava la propria quantità di frumento in casa con macine primitive, manuali e poco efficaci, simili a quella mostrata alla pag. 13 di questo numero di Zogno Notizie.
Ecco dunque come è nata quasi di certo l'esigenza del mugnaio, del mulino e della roggia. Alla luce di queste considerazioni non è irragionevole nemmeno supporre che questa roggia sia stata scavata con questi scopi già durante il corso del 1400. Tuttavia non essendoci documenti al riguardo per il momento è bene non fare troppe congetture.
La segheria e il follo arrivarono invece dopo i mulini: quasi di certo attorno al 1550. Essi rispondono infatti alle esigenze diversificate di una popolazione più numerosa, più agiata che in passato, in grado di permettersi qualche vezzo nel modo di vivere e di vestire. Non bisogna dimenticare infatti che il follo era uno strumento formato da una o più casse di legno, grandi all'incirca come un tavolo da cucina, su cui battevano ripetutamente dei martelli, pure di legno, mossi dall'acqua. Facendo scorrere sotto i martelli i panni di lana era possibile infeltrire e rassodare i panni stessi. A seconda della durata di tale operazione si poteva però dare al tessuto anche una maggiore morbidezza e permettere così lavorazioni più raffinate. La presenza di un follo è insomma una prova dell'esistenza di vivaci scambi commerciali non più basati ormai solo sui prodotti della terra.
Anche se non si conosce l'ideatore (o gli ideatori) della roggia in questione è stato possibile però conoscere due personaggi che, grazie all'intelligente conduzione del loro lavoro e ai profitti ottenuti, fecero attribuire a questa roggia molta considerazione, valore e notorietà. Essi sono "mastro" Giovanni Giacomo de Sonzogno e "mastro" Felipo Batelli.
Il primo, il cui nome nei documenti più antichi compare nella forma "Zuanneiacomo de Sonzonio", era originario della contrada Camonerio di Somendenna che sta quasi a strapiombo al di sopra di Ambria (N.B.) e visse la sua piena maturità attorno al 1560. Durante la seconda metà del 1500 riuscì ad acquistare numerosi terreni non solo ad Ambria ma anche a Somendenna. Egli inoltre aveva degli interessi anche a Zogno in tale misura che attraverso una serie di scambi di proprietà, per qualche tempo, agli inizi del 1600 la segheria ereditata dal figlio Tadeo passò nelle mani "dell'Illustrissimo et eccellentissimo Cavaliere dell'ordine di Cristo Redentore signor Conte Francesco Brembati" il fondatore della cartiera di Zogno! (Degli interessanti legami tra questa roggia e la roggia Traini si parlerà tuttavia in un’altra ricerca che ora è solo in fase di progettazione).
Un altro figlio di Giovanni Giacomo, Gioseffo, ancora più intraprendente del padre, con l'attività di "folatore" accrebbe notevolmente il patrimonio ereditato e già prima della fine del 1500 aveva diversi terreni e case ad Ambria, a Endenna, nella contrada Le Rive d'Ambria, che si trova in territorio di Spino al di sopra del nuovo stabilimento d'imbottigliamento dell'acqua minerale Bracca, e nel paese di Zogno. Addirittura il 14 agosto 1598 (5) Gioseffo acquistò la casa in parte in rovina "dell'illustrissimo baronio (barone) signor Aurelio Furietto (Furietti) de Sonzonio quondam (fu) Guarisco" abitante a Bergamo.
Questa casa con un cortile annesso era "apud plateam Zonij", cioè ai margini dell'attuale piazza Garibaldi dove si stacca la gradinata della chiesa parrocchiale. Questo fatto suscitò abbastanza rumore in paese poichè per la prima volta, nella storia di Zogno un artigiano si permetteva di acquistare la casa, sia pure abbandonata, di un nobile. Tra le tante cose che Gioseffo fece vi è da aggiungere anche il fatto che egli sposò in seconde nozze certa Margarita Carignani fu Lorenzo residente in Endenna ma con interessi commerciali nel Regno di Napoli. Quando Margarita morì nei primi anni del 1600 Gioseffo ereditò una considerevole somma di denaro per acquisire la quale dovette nominare un apposito procuratore per sè in quella lontana terra.
Felipo Batelli il cui cognome compare a volte nella forma "Baldelli o Baltelli" era originario della valle Seriana benchè il padre Bortolo, morto già da tempo nel 1570, fosse nativo di Grumello del Monte (valle Calepio). Non a caso una delle quattro figlie di Felipo, Maria, risultava sposata a un certo Antonio Ruzone di Nembro.
Insieme al fratello Giorgio già prima della fine del 1500 egli possedeva terreni e case nelle contrade dell'Acquada, Malpasso, Camanghè e Solmarina. Avendo gestito di persona il follo con continuità per quasi quaranta anni egli si era creato una nutrita clientela che proveniva non solo da Endenna ma anche da Zogno, da S. Pellegrino e dalla valle Serina. Sicchè quando egli morì nei primi anni del 1600 il follo dell'Acquada continuò a rimanere legato al suo nome per altri trenta anni dopo la sua morte.
L'entrata in scena di Felipo Batelli è molto importante anche per un altro aspetto. Egli acquistò infatti il follo, la casa d'abitazione, un vasto appezzamento di terreno per distendere "le panine folate" e i diritti sulla roggia nel 1570 alla considerevole cifra di 800 libre da un certo Giuseppe Chisetti de Gariboldi fu Giacomo di Zogno (8) il quale era il legittimo proprietario già da lungo tempo. Questo particolare rende plausibile l'ipotesi che alla costruzione della roggia dell'Acquada abbia partecipato probabilmente qualche facoltoso personaggio di Zogno. Questa ipotesi discende dalle seguenti considerazioni.
Nel periodo storico in esame, cioè prima che i fratelli Sinibaldi allungassero il percorso di circa 100 metri come si è detto nella parte precedente, la roggia era formata da due canali lunghi rispettivamente 600 metri e 1300 metri (in totale 1900), larghi in media un metro. Il ramo diretto all'Acquada inoltre era ed è scavato in più punti nella roccia, quasi a strapiombo sul greto dei fiumi Serina e Brembo. Per avere un termine di confronto si deve osservare che la roggia Traini anticamente non nasceva come oggi a metà strada circa tra la chiesetta della Foppa e la chiesetta di Tre Fontane ma nasceva un poco a valle del convento di Romacolo (9) quindi era assai più corta di oggi. Dal suo antico luogo di origine al punto di sbocco nella valle del Boer o val Grande, presso la nuova chiesa del Carmine, essa era lunga 2160 metri e larga in media 2,5 metri. Inoltre essa era ed è scavata per intero in terreni pianeggianti.
L'entità, la difficoltà e il costo economico per lo scavo della roggia di Ambria e dell'Acquada non deve essere stato perciò molto inferiore (ma forse fu addirittura uguale) a quello della roggia Traini. Se questo scavo è avvenuto agli inizi del XVI secolo o forse prima è ragionevole supporre che gli abitanti "utili" di Endenna fossero la metà di quelli indicati dal Da Lezze nel 1596, cioè meno di una trentina. Con una manodopera così limitata è sensato credere che l'intervento di alcuni operai pagati da qualche facoltoso cittadino di Zogno, per una comunanza di interessi, sia stato prezioso.
Vi sono altri elementi su cui è utile fare dei raffronti con la roggia Traini perchè ciò permette di attribuire alla roggia in questione una più corretta e meritata considerazione. Ad esempio la capacità di compiere lavoro della roggia Traini si è sempre basata sulla quantità di acqua (portata) che era ed è più che doppia di quella dei singoli canali di Ambria e dell'Acquada. Tuttavia questi ultimi potevano e possono sfruttare un maggiore dislivello di caduta che era di 27 metri nel 1570 e divenne di 31 metri dopo gli interventi dei fratelli Sinibaldi nel 1674. Per questi motivi l'edificio "H" (foto 1), pur essendo alla fine del canale, potè essere trasformato in maglio dal bisnonno di uno degli autori nel 1870 perchè disponeva ancora di un salto d'acqua superiore a 4 metri! Il dislivello totale della roggia Traini invece prima del 1850 non fu mai superiore ai 15 metri mentre, dopo, non raggiunse mai i 19 metri. In queste condizioni le leggi della fisica insegnano che la capacità di compiere lavoro da parte delle due rogge è sempre stata in pratica la stessa.
Un altro aspetto interessante sta nel numero degli opifici di Ambria e dell'Acquada che non fu mai inferiore a quello della roggia Traini.
Per quanto riguarda la loro qualità, di cui si è già ampiamente scritto, si deve solo ricordare che la cartiera dei fratelli Sinibaldi esercitò per oltre 230 anni con proprietari spesso non originari del territorio di Zogno, che il torchio di Ambria sorto attorno al 1620 si tramandò sempre di padre in figlio (famiglia Sonzogni) fino al 1840 circa, che il maglio pure di Ambria, costruito verso il 1770, esercitò con continuità fino al 1955 circa e che i folli delle due contrade risultarono attivi per quasi 200 anni. E' inutile dire poi della lunghissima esistenza dei mulini.
Merita qualche parola di riguardo invece la segheria.
In primo luogo si deve ricordare che ancora oggi si vedono discreti resti di questo edificio nella località indicata con la lettera "B" nella mappa schematizzata (foto 1).
In secondo luogo come si è detto essa è citata come esistente nel 1574 ma il documento che ne parla è in realtà una richiesta di proroga dei termini di pagamento per l'acquisto avvenuto qualche anno prima. Allo stato attuale delle conoscenze perciò essa è la più antica segheria del territorio di Zogno e una delle più antiche di tutta la valle Brembana (10). La segheria sulla roggia Traini che diede il nome alla località Rasga, nei pressi del ponte vecchio di Zogno, risale infatti solo alla seconda metà del XVII secolo!
La segheria di Ambria nel corso dei secoli cambiò diverse volte il proprietario e l'edificio in cui si trovava. Tuttavia questa attività fu costantemente presente in questa contrada e per brevi periodi storici anche con due opifici! Ancora oggi ad Ambria la notevole segheria elettrica del signor Giupponi, nota in tutta la valle già da qualche decennio, continua con successo questa lavorazione la quale quindi si tramanda ininterrotta da oltre 400 anni!
Infine per quanto riguarda un raffronto sull'antichità, allo stato attuale delle conoscenze bisogna ricordare che l'esistenza della roggia Traini è accertata a partire da pochi anni dopo il 1550 (11).
Di certo sorprende scoprire che già dagli inizi del 1500, quasi sicuramente, vi erano nel territorio di Zogno due rogge: quella in oggetto, sconosciuta ai maggiori studiosi della storia di Zogno, e la Traini.
Sorprendono soprattutto le caratteristiche non comuni che esse avevano. Si è indotti a pensare che gli abitanti di Zogno abbiano imparato fin da tempi remoti a modificare l'ambiente e a sfruttare gli elementi della natura a proprio vantaggio. In ciò essi furono aiutati senza dubbio dalla configurazione naturale dei luoghi. Le dolci colline e le vaste piane erbose che caratterizzavano nei secoli passati la conca di Zogno e la confluenza del fiume Serina nel Brembo, che disegna luoghi difesi in modo naturale, furono in un primo momento validi ragioni per stabilire insediamenti umani. Successivamente l'osservazione delle brevi rapide o cascatelle dei fiumi Brembo e Serina e l'accesso relativamente facile delle rive può aver suggerito l'idea delle rogge arricchendo l'insediamento umano. Una gran parte del merito spetta comunque anche alla intraprendenza degli abitanti. Per scavare queste rogge infatti non bastava la forza delle braccia ma bisognava pure avere delle nozioni rudimentali di idraulica per individuare con precisione lungo il percorso le varie quote a cui doveva trovarsi il fondo del canale per dare all'acqua la giusta velocità. E ciò riesce quasi impossibile da farsi ad occhio nudo specie su distanze superiori ai 1000 metri e su terreni accidentati come all'Acquada.
Per questi scopi potrebbe essere stato chiamato qualche esperto proveniente da Bergamo o dalla pianura lombarda o forse l'esperto potrebbe essersi formato direttamente a Zogno, sul campo. Se infatti i canali fossero stati scavati durante il corso del XV secolo, e l'ipotesi è plausibile anche per la roggia Traini, non vi erano molti esempi di rogge ad uso civile da imitare, non solo nel territorio bergamasco ma in tutta la Lombardia. L'immagine di Zogno che emerge dunque da questa ricerca è quella di un paese che fu, fin da tempi remoti, non solo un centro agricolo e commerciale ma anche artigianale; con un artigianato però non solo composto da attività antichissime dal modesto contenuto tecnico (calzolai, maniscalchi, falegnami, spaccapietre...) ma anche da attività improntate ad un forte tecnicismo sempre in linea con le esigenze dei vari periodi storici.
In Zogno in altre parole l'applicazione dell'ingegno umano, la tecnica, fu apprezzata e sviluppata sempre ad un livello piuttosto alto il che è una conferma dei frequenti rapporti, a due sensi, che il nostro paese ha mantenuto fin da tempi lontanissimi con la ricca pianura lombarda, ad onta del suo parziale isolamento geografico.              


BIBLIOGRAFIA
1) Archivio di Stato di Bergamo (= ASBG). Fondo notarile: Notaio Pellegrini Giovan Battista fu Paolo di Zogno, cartella 3258.
2) Questo atto del notaio Zuanne de Bos, originario di Serina ma residente a Spino, è allegato ai documenti del seguente notaio, già indicato nella terza parte di questa ricerca: Sonzogno Giovan Battista fu Sebastiano di Zogno, cartella 4254.
3) ASBG. Fondo notarile: Notaio Sonzogno Tommaso fu Teodoro di Piazzo (S. Pellegrino Terme), cartella 3280. 
4) Come nota 3) ma cartella 3279.
5) ASBG. Fondo notarile: Notaio Cattaneo Giovan Giacomo fu Giovan Pietro di Zogno, cartella 3174.
6) Come nota 1) ma cartella 3257.
7) ASBG. Fondo notarile: Notaio Berlendis Giovan Battista fu Giacomo di Somendenna, cartella 4003.
8) ASBG. Fondo notarile: Notaio Zambelli Giovanni Francesco fu Raimondo di Endenna, cartella 2499.
9) Vedi la mappa catastale di Zogno austriaca (1845) e napoleonica (1812).
10) Il Da Lezze nella sua relazione del 1596, oltre alla segheria di Ambria, ne cita altre 4 o 5 in tutta la valle Brembana. Tuttavia attorno al 1570, cioè circa 30 anni prima, alcune di queste non esistevano ancora.
11) Bortolo Belotti: Storia di Zogno e di alcune terre vicine, Ed. Orobiche, Bergamo 1942; pag. 89.


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