Saggi Storici
Quaderni Brembani

Edizioni Centro Storico Culturale Valle Brembana, Corponove, Bergamo

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Un antico marchio di fabbrica veneto
(n. 12, 2014)

 

La prima volta che venni a conoscenza dell’oggetto di cui tra poco si dirà era il periodo a cavallo tra gli anni “70” e “80” del secolo scorso quando dal ritorno un pomeriggio tardi da un giro di perlustrazione attorno ai Ponti di Sedrina, nel tentativo di trovare delle corrispondenze tra i luoghi reali e le descrizioni di alcuni documenti antichi ad essi riferite, incontrai il signor Romualdo (Aldo) Lazzaroni padre di Claudia moglie di mio cugino il dottor Flavio Burgarella, responsabile di cardiologia alla clinica Quarenghi di S. Pellegrino. Il signor Lazzaroni a quel tempo aveva circa 60 anni mentre oggi, ancora residente ai Ponti di Sedrina, ha più di 94 anni. Dopo avergli spiegato che mi stavo occupando di una ricerca storica riguardante la viabilità antica a Zogno e dintorni, egli mi disse che sul vicino ponticello di Ubiale, sopra il torrente Brembilla, si trovava da qualche parte “una brutta faccia”, una specie di maschera che si ricordava, quand’era ragazzo, che gli adulti del luogo mostravano a volte ai bambini per fare loro un pò di paura per tenerli buoni e in soggezione. 

Appena ebbi la possibilità, dopo però qualche settimana, mi recai sul greto del torrente Brembilla presso questo ponticello per trovare la presunta maschera. A quell’epoca questo ponte appariva abbastanza pulito nella parte centrale dell’arco ma ricoperto da numerose radici ed erbe rampicanti verso i lati. Ci vollero tre o quattro visite per scoprire, armato di un binocolo, la misteriosa immagine. La presenza tuttavia di radici che in parte la ricoprivano la rendeva difficile da vedere e da fotografare soprattutto poichè l’esistenza di una vasta buca piena di acqua, profonda circa un metro, sotto al punto in cui stava l’immagine impediva di avvicinarsi per pulirla. Lasciai perdere continuando nelle mie ricerche sulla viabilità antica. Tuttavia durante quelle perlustrazioni notai sul lato destro del ponte una profonda fessura che ne faceva temere il crollo in tempi brevi. Segnalai pertanto questo grave rischio in uno scritto storico nel 1982 (1). Forse anche grazie a questa denuncia circa 15 anni dopo le autorità pubbliche preposte fecero mettere in sicurezza questo ponte, sistemare i parapetti e ripulire il tutto dalle erbe e radici specie sui lati. Purtroppo in quel periodo io ero lontano da Zogno per motivi di lavoro e potei rivedere questa immagine solo dopo altri tre o quattro anni, attorno al 2001, quando nel frattempo erano cresciute nuove erbacce anche se meno consistenti. Essendo diventato più facile anche l’accesso al corpo del ponte, per un cambiamento dell’alveo del torrente, mi fu possibile con un rastrello di acciaio strappare le erbe attorno alla figura e scattare le foto qui riprodotte.    (foto-1)   

La misteriosa “brutta faccia” o maschera era, ed è, in realtà l’incisione su pietra del muso di un leone ripreso frontalmente con la bocca semiaperta, con un largo naso e con due grandi occhi tondi. Una fotografia della scultura scattata con pochi ingrandimenti mostra poi in modo chiaro l’esistenza di una larga corona di peli che si sviluppa da un lato all’altro della testa, dettaglio questo non molto visibile ad occhio nudo stando sulla parte del greto del torrente più facilmente accessibile. Proprio da questa posizione, che è spostata rispetto alla linea frontale, la figura si vede un poco di profilo e non notando i particolari dei peli sembra di vedere un viso umano con due grandi occhi spalancati e fissi nel vuoto, come fossero sbarrati, in un atteggiamento che esprime e incute paura. Quasi di certo da questo luogo, dove a volte andavano a giocare, i bambini dei Ponti di Sedrina di un tempo passato vedevano e ricordavano quell’immagine poco rassicurante. 

Questa scultura, che ha una larghezza di circa 25 centimetri, un’altezza di circa 35 e una profondità di circa 6, si trova al centro di una grande pietra squadrata larga 60 centimetri e alta 50 posta alla base del corpo del ponte compreso tra la spalla destra e l’arcata vera e propria. Tale pietra è disposta in modo tale da costituire il sostegno al corpo stesso del ponte su quel lato. Benchè si sappia che nel suo aspetto attuale questo ponte, dopo essere crollato poco prima del 1796, è stato ricostruito nei primi anni del 1800 da parte del comune di Ubiale non senza difficoltà e lungaggini dovute a ristrettezze economiche (2), proprio perchè in antico per queste ristrettezze economiche quasi sempre si riciclavano i materiali da costruzione, è ragionevole pensare che questa pietra sia un residuo del ponte esistente prima del 1796 e che sia stata riutilizzata nella ricostruzione dei primi anni del 1800. La presenza della testa di leone ha permesso che tale pietra venisse ricollocata ancora in vista anche se non più in posizione dominante, come forse era in precedenza, essendo nel frattempo subentrato il governo napoleonico. L’immagine del leone rappresenta in effetti il mezzo per eccellenza di propaganda politica del governo veneto e certifica, come un marchio di fabbrica, l’appartenenza di quella costruzione in pietra al novero delle opere pubbliche grazie a contributi economici governativi. Il tratto dell’incisione su pietra calcarea, che appare sicuro, ben definito e piuttosto fine, fa somigliare questa scultura a varie altre che si osservano su manufatti edili di alcune città lombarde appartenute all’antica Repubblica della Serenissima nel periodo centrale della dominazione veneta e fa risalire ragionevolmente l’esistenza di questo ponte già in pietra ad un’epoca a cavallo tra il 1500 e il 1600. C’è da notare, per inciso, che oggi la memoria di questa scultura è ormai svanita nella mente di quasi tutti gli abitanti di quella località e che la presente segnalazione è da considerarsi una sorta di riscoperta.  (foto-2)           

E’ assai difficile dire, allo stato attuale delle conoscenze, se un ponte in pietra in quel luogo esistesse anche prima del periodo indicato. Giovanni da Lezze nella sua famosa relazione del 1596 del territorio di Bergamo parlando di Brembilla Vecchia, cioè di Ubiale-Clanezzo, non lo cita e lo stesso fa parlando di Brembilla, intesa in senso moderno, e nemmeno parlando di Sedrina, territorio assai vicino alla zona in questione. In un documento del 1304 che descrive i confini tra Zogno e Brembilla si cita un “pontem de Brembila” ma dal contesto è chiaramente riferito a uno dei due ponti di Sedrina, quello sul torrente Brembilla, che però è situato 150 metri più a valle di quello in esame (3). Di certo questo ponticello apparteneva ad un percorso importante e molto antico, almeno medioevale, in quanto collegava la Corte Regia, prima Longobarda e poi Franca, di Almenno attraverso Clanezzo e Ubiale con il territorio sulla riva destra del Brembo e in particolare con Brembilla e Zogno, paesi questi su cui l’influenza economica, religiosa e giuridica di tale Corte si manifestò sino agli inizi del 1100. E’ accertato invece che sullo stesso percorso già nel 1235 esisteva un ponte di pietra sopra la Valle Imagna a Clanezzo (4) per cui si potrebbe concludere per induzione che anche il nostro negli stessi anni potesse essere in pietra ma in mancanza di documenti certi è meglio rimanere prudenti. (foto-3)   

Dopo la costruzione della strada Priula, avvenuta tra il 1592 e il 1594, questo ponticello mantenne una certa importanza ma più limitata, cioè locale, servendo solo come collegamento, in entrambi i sensi, agli abitanti di Clanezzo e Ubiale per recarsi a Brembilla, a Sedrina e in alta Valle Brembana immettendosi nella Strada Priula nei pressi dei Ponti di Sedrina. Questo percorso fu abbandonato con la costruzione nel 1910 della nuova strada carrozzabile tra Ubiale e i Ponti di Sedrina, scavata negli strapiombi della riva destra del Brembo, e fu del tutto dimenticato a partire dal 1980 quando fu realizzato il nuovo tratto, pure carrozzabile, tra Clanezzo e Ubiale. Di questo antico percorso oggi è rimasto solo un tratto di circa 600 metri, ancora in discrete condizioni, che dal centro di Ubiale conduce in orizzontale verso la valle di Brembilla, sovrastando di circa 40 metri gli strapiombi del Brembo e la carrozzabile del 1910, e giungendo improvvisamente sul ciglio della cava di calcare che ha divorato già da parecchi decenni la collina pianeggiante a forma di panettone da cui poi tale percorso, con alcuni tornanti, scendeva al ponticello sopra il torrente Brembilla (5).      

In tempi lontani questo ponticello aveva anche una seconda funzione consistente nel fatto di mettere in comunicazione Ubiale con un antico mulino situato circa 100 metri a monte del ponticello stesso sulla riva sinistra del torrente Brembilla e noto col nome di “Mulino di Galone o dei Galoni”. E’ noto che Ubiale poteva disporre a partire dal 1750 circa di un mulino situato quasi nel centro del paese su una piccola valle laterale detto “Mulino del Canfer” (6) ma proprio perchè la valletta disponeva di poca acqua, specie nei mesi estivi, il suo funzionamento non poteva essere continuo lungo l’intero corso dell’anno. Il mulino che poteva funzionare continuamente, perchè azionato dall’acqua sempre abbondante del torrente Brembilla, era invece quello indicato “di Galone” non molto lontano e raggiungibile con una comoda mulattiera. Il “Mulino di Galone” si trovava formalmente in comune di Brembilla ma assai più vicino ad Ubiale e a Sedrina che a Brembilla da cui distava, e dista, quasi 5 chilometri. Brembilla del resto disponeva già da vari secoli di vari mulini situati a monte e a valle del suo centro abitato e non poteva per motivi di comodità servirsi di questo mulino così lontano se non in condizioni di emergenza. Sedrina invece si serviva di frequente di questo opificio essendo il suo centro lontano, come quello di Ubiale, circa 700 metri e non disponendo, come Ubiale, di mulini lungo il Brembo a causa delle sue rive strapiombanti (7).    (foto-4)    

Il “Mulino di Galone” con la sua sariola lunga circa 350 metri, che traeva origine sulla sinistra del torrente Brembilla poco a valle della località “La Gogia”, è descritto in vari documenti storici che dimostrano un’esistenza assai antica e sorprendente. Ad esempio appare nella mappa catastale austriaca di Brembilla del 1845 col nome di “Mulino dei Galoni” e risulta di proprietà di “Rinaldi Bernardo fu Marco livellario alla Prebenda Parrocchiale di Sedrina” (8). Nel 1822 si rileva che l’“agricoltore possidente” Bortolo Volpi fu Pietro, che vende delle terre poste in comune di Spino ai fratelli Andrea e Pietro Pesenti fu Pietro negozianti di Zogno, risulta domiciliato “alli Molini di Galone comune di Brembilla” (9). L’edificio è poi indicato nella mappa napoleonica del 1812 col nome di “Molino di Gallone” (10). Andando ancora più indietro nel tempo, nel 1782 è citata la contrada “i Molini di Galone comune di Brembilla di S. Giovanni Laxolo” in cui abita Marta Pesenti vedova di Carlo Molgora (11). Nel 1761 Antonia Ghisalberti fu Andrea moglie vedova di Giovan Battista “del Tei (Tiglio) comune di Zogno” fa il suo testamento nella casa alla località “Molini di Galone comune di S. Giovanni Laxolo” (12). Nel 1725 è concessa una locazione perpetua da parte del chierico don Giovan Antonio Fustinoni di Giacomo di Pratonuovo, “comune di S. Giovanni Laxolo di Brembilla”, e da parte di Pietro Ghisalberti fu Carlo di “Casariei (Cassarielli)”, comune di Zogno, a Giacomo Antonio Todeschino fu Giovan Antonio di Zogno di una terra di circa 50 pertiche posta alla località “in cima al monte sopra li molini di Galone nel principio del medemo comune di Brembilla chiamata la Piana dei Zuerneghi (Piana dei Ginepri dal dialettale Zoernec o Zoerneg)” (13). Questa piana ancora oggi esistente si trova in effetti circa 150 metri più in alto e a est del ponte di Ubiale di cui si sta trattando. Nel 1719 Margherita vedova del fu Domenico Licini, come tutrice dei suoi figlioli e rappresentante dell’eredità del fu Andrea Licini suo cognato, affitta per tre anni l’edificio di mulino detto “Li Molini di Galone” posto in comune di Sedrina a Pietro Caioli di Giovanni residente a Zogno. Margherita in questo rogito ha come suo procuratore ed agente il notaio stesso (14). Nel 1710 la stessa Margherita vedova Licini residente a Venezia ma in quel periodo presente a Zogno nello studio del notaio, sempre rappresentante dei figli e dei nipoti, rinnova l’affitto per altri 5 anni a Carlo Capris fu Domenico di Sedrina del mulino già da tempo a lui affidato e chiamato “Li Molini di Galone”. In questo rogito si precisa che tale edificio è in comune di Sedrina, è costituito da due ruote per macinare, da una pesta e da una mola, è corredato di canali e sariola ed è “andante e ben all’ordine” (15). Nel 1709 è registrato un inventario di tutto ciò che si trova nell’edificio di mulino posto “nel locho de Molini di Galone comune di Sedrina” comprensivo non solo di tutti gli attrezzi ma anche dei canali e della sariola “per insino al fiume della Brembilla essendoci in detto terreno piantati diversi alberi da noce”. Nel documento si precisa che questo edificio è di proprietà degli eredi del fu Andrea Licini fu Martino e che il tutto è stato affidato a Carlo Capris di Sedrina già citato (16). Nel 1705 poi si calcola e si definisce il patrimonio complessivo da dividersi tra i due fratelli Domenico ed Andrea Licini fu Martino di Zogno essendo morto da poco il loro padre. Oltre ad alcuni immobili a Zogno e ad Endenna vi è “un edeffitio de molini con doi rotte et pesta andanti con stanze in esso esistenti situato nel comune di Sedrina vicino al fiume della Brembilla alli ponti di Sedrina chiamato li molini di Galù con i suoi mobili inservienti detto edeffitio” stimato scudi 700 da lire 7 ciascuno cioè lire 4900. Nel rogito poco più avanti si precisa che anche la pesta è mossa da una ruota indipendente e che vi sono quindi tre ruote complessive e viene usata poi l’espressione più frequente per indicare l’intero edificio: “Molini di Galone”, dove la parola “Galone” è la forma italianizzata del dialettale “Galù” (17). C’è da notare che negli ultimi rogiti questo mulino è dichiarato essere in comune di Sedrina ma il fatto che si dica che è vicino ai Ponti di Sedrina e che la sua sariola si trovi sul torrente Brembilla non lascia dubbi. In effetti quel luogo è posto al limite estremo tra i confini di Brembilla e Sedrina e per essere assai più vicino a Sedrina che a Brembilla era più conosciuto come un mulino appartenente al territorio geografico di Sedrina, a volte confuso col suo territorio comunale, pur essendo in comune di Brembilla. (foto-5) Nel 1681 in un altro atto notarile si registra “la vendita della metà delli Molini chiamati Molini di Galone posti nella Brembilla spettanti et appartenenti al signor Antonio Zanchi della Piazza de Monaci” il quale per la precisione rivende tale metà al fratello Bonadeo per sciogliere la società che con lui aveva costituito qualche anno prima per gestire questi mulini. Il prezzo è di 325 scudi (18). Nel 1677 questo edificio risulta invece di proprietà di Antonio Traini di Giuseppe, originario di Endenna ma abitante a Sedrina, ed è venduto per motivi di debiti, ma con possibilità di riacquisto, a Carlo Cortinovis fu Pietro pure di Sedrina, cognato del Traini. L’edificio ha la solita denominazione già vista, si trova in comune di Brembilla e si dice che è composto da più corpi di casa e che confina a sud e a ovest con “il fiume della Brembilla”. Il prezzo di vendita è di lire 4378 e 16 soldi (19). Questo edificio comunque apparteneva alla famiglia Traini di Sedrina già da diverso tempo. Infine è da osservare che uno dei 10 mulini presenti lungo la valle di Brembilla, citati da Giovanni da Lezze nella sua relazione del 1596, è quasi di certo “il Mulino di Galone”.       

Resta da dire ora qualcosa sul nome del ponte in esame. Un pannello a scopo turistico fatto installare abbastanza di recente dalle autorità pubbliche lo definisce “ponte medioevale del cappello” dal cognome di una delle ultime famiglie che visse in una casa posta vicina, sulla riva sinistra del torrente Brembilla, circa 40 metri a sud e demolita già da vari decenni. Ma questa denominazione, usata in modo temporaneo da alcuni abitanti della località, non può assurgere a nome definitivo storico di quel ponte. Basti pensare che tra il 1830 e il 1860 circa quella casa era di proprietà della signora Zanini Giovanna fu Giovanni e che sulla mappa austriaca già citata essa è indicata col nome di “Casa del Negro” (20). La stessa denominazione per questa casa appare anche nella mappa napoleonica del 1812 (21) quindi il nostro ponte, che era ad essa quasi attaccato, avrebbe dovuto chiamarsi “Ponte del Negro” vista l’accertata definizione ufficiale di questa casa per quasi tutto il corso del XIX secolo. Su queste mappe tuttavia appare vicino a questa casa anche il ponte in esame con la chiarissima definizione dedicata di “Ponte di Ubiale” (22). Non essendo nemmeno un ponte di origini medioevali nel suo aspetto attuale, come illustrato in precedenza, il suo nome dovrebbe dunque essere semplicemente “Antico Ponte di Ubiale”. C’è da augurarsi che grazie alle numerose novità storiche qui descritte che lo riguardano, direttamente o indirettamente, in futuro esso possa diventare oggetto di una più attenta considerazione da parte delle autorità pubbliche preposte.     

 

BIBLIOGRAFIA

1) Zogno Notizie, n° 2, aprile 1982: Viabilità Ieri e Oggi a Zogno (settima parte) di Giuseppe Pesenti e Franco Carminati, pag. 17.
2) Don Giulio Gabanelli: “Il sole sorge e ... tramonta”; Ed. Parrocchia di Zogno, 2013; “Il Ponte di Ubiale sul torrente Brembilla” di Franco Carminati Prida, pag. 175. 
3) Zogno Notizie, n° 3, giugno 1979 : Zogno nel 1304, pag. 21
4) Zogno Notizie, n° 5, ottobre 1982: Viabilità Ieri e Oggi a Zogno (decima parte) di Giuseppe Pesenti e Franco Carminati, pag. 18-20.
5) Archivio di Stato di Milano (= ASMI). Cartografia, Mappe arrotolate, Clenezzo (Clanezzo).
6) Umberto Gamba, Ubiale Clanezzo, Storia di una Comunità, Ed. Ferrari, Clusone, 2000, pag. 172.  
7) Nella citata descrizione del territorio di Bergamo, Giovanni da Lezze nel 1596 dice che non ci sono mulini a Brembilla Vecchia (Ubiale-Clanezzo), che ne esiste uno a due ruote sulla valle del torrente Giongo per Sedrina e un’altro simile sulla valle Imagna per Clanezzo che sono assai lontani da Sedrina e da Ubiale rispettivamente. Ne cita invece 10 in totale nella sola valle di Brembilla.  
8) Archivio di Stato di Bergamo (= ASBG). Mappe del Lombardo Veneto, Mappa, Catasto e Rubrica di Brembilla, mappale n. 3408.
9) ASBG. Fondo notarile. Notaio Bonetti Giuseppe fu Giovan Domenico di Zogno, cartella (= c.) 12161, atto del 12/01/1822.
10) ASMI. Cartografia, Mappe arrotolate, Brembilla. Vedi anche la copia presente in: ASBG, Mappe Napoleoniche, Brembilla, successiva di pochi anni a quella originale di Milano.
11) ASBG. Fondo notarile. Notaio Zanchi Giuseppe Andrea fu Bortolo di Zogno, c. 9714, atto del 27/03/1782.
12) ASBG. Fondo notarile. Notaio Donadoni Giacomo fu Tomaso di Grumello de Zanchi, c. 8603, atto del 30/09/1761.
13) ASBG. Fondo notarile. Notaio Pesenti Giovan Battista fu Pietro di Zogno, c. 11148, atto del 09/10/1725.
14) ASBG. Fondo notarile. Notaio Franzoni Bonaventura fu Bernardino di Zogno, c. 6016, atto del 23/11/1719.  
15) Come nota 14) ma c. 6015, atto del 20/10/1710.
16) Come nota 14) ma c. 6015, atto del 27/09/1709.
17) Come nota 14) ma c. 6014, atto del 09/05/1705.
18) Come nota 14) ma c. 6010, atto del 31/12/1681.
Inoltre vedi anche: ASBG. Fondo notarile. Notaio Bigoni Marc’Antonio fu Francesco di Endenna, c. 4445, atto del 29/01/1679.
19) ASBG. Fondo notarile. Notaio Bigoni Marc’Antonio fu Francesco di Endenna, c. 4445, atti dei giorni: 21/06/1677, 21/08/1677.
Notaio Facheris Bartolomeo fu Giovan Antonio di Bergamo, c. 7295, atto del 02/01/1675.
20) ASBG. Mappe del Lombardo Veneto, Mappa, Catasto e Rubrica di Brembilla, mappale n. 3425 e associati n. 3424 e n. 3426.
21) Come nota 10).
22) Come nota 1) ma a pag. 15 è illustrato un particolare della mappa napoleonica del 1812 di Brembilla in cui sono indicati tutti insieme e dislocati sul territorio i toponimi qui citati: Molini di Galone, Ponte di Ubiale, Casa del Negro, Piana de Ginepri.