Saggi Storici
Quaderni Brembani

Edizioni Centro Storico Culturale Valle Brembana, Corponove, Bergamo

1 | 2 | 3 | 4 | 5 | 6 | 7 | 8 | 9 | 10 | 11 | 12 | 13 | 14 | 15 | 16 | 17 | 18 | 19 | 20 | 21 | 22


Contratti di apprendista precario del XVIII secolo
(n. 11, 2013)

 

Negli ultimi quindici anni circa la delocalizzazione delle fabbriche da parte degli industriali del mondo occidentale verso i paesi emergenti quali l’Europa dell’est, la Cina, l’India o il Brasile, e la grave crisi finanziaria mondiale degli ultimi quattro anni hanno sottratto molte opportunità di lavoro ai giovani europei specie a quelli italiani che si ritrovano in un contesto economico nazionale appesantito anche da mancanze o malfunzionamenti di tipo legislativo, amministrativo e organizzativo le cui origini risalgono a tempi ancora più lontani. La conseguenza di ciò, complici il contemporaneo indebolimento delle organizzazioni che tutelano i lavoratori e la forte immigrazione da paesi extra europei, è che oggi i nostri giovani si devono accontentare del primo lavoro che si offre loro in modo casuale, quasi sempre per un tempo assai limitato (precario), di un compenso salariale modesto quasi sempre poco dignitoso, e della mancanza quasi totale di regole che offrano sia garanzie di apprendimento e sviluppo lavorativo che assistenza sanitaria in caso di incidenti o malattie.

Senza dubbio si può dire che negli ultimi anni i rapporti di lavoro tra il datore e il dipendente, specie se giovane, sono molto peggiorati a danno del secondo e solo chi lavora, o ha lavorato, nell’industria privata può comprendere sino in fondo cosa significhi questa situazione che si traduce non solo in un salario insufficiente per un tempo breve, in ritmi di lavoro più intensi in scarse condizioni di sicurezza ma anche in condizioni lavorative per il giovane contraddistinte da una forte sudditanza psicologica verso il datore di lavoro essendo soggetto, in qualunque momento, a ricatti di vario genere nel timore di perdere il posto. Per certi versi si può dire che i rapporti tra il datore di lavoro e il dipendente stanno regredendo verso le forme delle origini del mondo industriale quando non esistevano organizzazioni di difesa del lavoratore ne vi erano forme di previdenza o assistenza ne tanto meno ammortizzatori sociali e quindi il giovane lavoratore, nel momento in cui offriva la propria capacità lavorativa, fisica o intellettuale, si trovava da solo ad affrontare una controparte dal potere contrattuale senza limiti impregnato di un forte autoritarismo.

Si possono rilevare questi rapporti primitivi da alcuni documenti notarili del XVIII secolo in cui appare che l’apprendistato, in qualunque campo lavorativo, poteva durare anche sei anni in genere con un salario costituito solo dal vitto. Non di rado poi durante l’apprendistato era il genitore del giovane a pagare il datore di lavoro essendo preminente il concetto che il datore insegnava un mestiere al giovane senza dire che ogni periodo di malattia dell’apprendista doveva essere recuperato allungando la durata del rapporto di lavoro di un pari tempo oppure pagando una penale opportuna al datore stesso. Non di rado poi il giovane risultava minorenne e doveva lavorare anche di notte. Questi regolamenti o contratti sono stati trovati tra i rogiti di vari notai attivi in tutta la nostra valle da Villa d’Almè sino a Piazza Brembana in numero di oltre venti, per l’epoca in esame, per ogni tipo di attività. Nella sostanza sono abbastanza simili tra loro per cui sono stati selezionati solo quelli di alcuni notai di Zogno e del territorio limitrofo poichè a differenza degli altri sono caratterizzati dal fatto che vari artigiani del luogo offrono spesso lavoro a persone di altri paesi della valle in quanto Zogno nel XVIII secolo si stava configurando come un centro artigianale di forte richiamo grazie ai numerosi opifici azionati dall’acqua del Brembo, tra cui due cartiere, e alle numerose attività indotte (1). Ecco gli originali, con l’aggiunta di alcune note esplicative, che non hanno bisogno di ulteriori commenti.       

 

Il primo documento riguarda il mestiere di maniscalco, colui che metteva i ferri ai cavalli e ai muli (2).

 “Lode a Dio, Adì 15 maggio 1713. Inditione sesta, nella terra di Zogno Valle Brembana Inferiore.

Concordando le parti sottoscritte ciouè il signor Giovanni Maria fu Carlo Sandri di ricever in suo gargione (garzone) per il menisterio di manascalco (professione di maniscalco) Francesco figlio di domino Alessandro Rotta di Almenno per anni cinque hoggi prencipiati obligandosi con tutta integrità operar aciò detto figlio prenda (apprenda) in se medemo (medesimo) tal menistero per suo utile come anco mantenerli il vito nel sudetto corso d’anni cinque. Al incontro (viceversa) detto signor Alessandro Rotta s’obliga mantener il vestito a detto suo figlio come anco dar annualmente somme una (circa 120 chilogrammi) di formento di bona qualità et un canello di vino (circa 5 litri) similmente al sudetto signor Giovanni Maria Sandri obligandosi vicendevolmente mantenersi le cose espresse loro medemi et beni loro (con i loro immobili) sotto obligatione et rinoncia. Et questa servirà come se fusse publica carta affermandola le parti sudette per la sua pontual essecutione.

Segno di croce fatta da detto Alessandro Rotta di Almenno per non saper scriver et a pregato me Francesco Panizzoli sottoscriver in suo nome qual afferma et promette quanto di sopra.

Io Giovanni Maria Sandri affermo come sopra.    

Io Francesco Panizzoli fui testimonio et ho fatto la presente come nodaro”.

 

Il prossimo rogito è relativo all’attività di calzolaio (3).

Lode a Dio, adì 20 novembre 1718, in Zogno.

Resta acordato Pellegrino figlio del signor Salvatore Sonzogno di S. Pellegrino per imparar l’arte di calegario (calzolaio) ciouè per perfesionarsi nel medemo con il signor Bartolomeo Gasaniga di Almeno (Almenno, da altri documenti residente però a Zogno da molto tempo) per anni due prencipiando tal acordio hoggi con obligo del sudetto Pellegrino che debba servir fedelmente per mesi nove con esser corisposto dal sudetto signor Gasaniga della minestra et d’arniese (attrezzi) giornalmente et per li restanti mesi quindeci per aponto (puntuale) compimento delli detti due anni sij obligato come s’obliga detto signor Gasaniga darli soldi otto al giorno senza contraditione ne oppositione et tal acordio la (lo ha) fatto detto signor Salvatore padre qual sobliga in propris (con i propri beni immobili) per loservanza della presente in fede.    

Io Salvadore Sonzogno afermo.

Bartolomeo Gazaniga afermo.

Io Francesco Panizzolo nodaro fui presente et ho fatta la presente così richiesto”.   (foto 1)

 

Anche il documento successivo riguarda l’apprendista calzolaio, in un tempo diverso dal precedente ma sempre del secolo in esame, ripreso per la completezza delle condizioni espresse sempre comunque fortemente penalizzanti per il giovane (4).

Nel nome del Signor Iddio, Adì 24 maggio 1741, in Zogno Valle Brembana Inferiore Distretto di Bergamo. 

Colla presente si dichiara sicome il signor Andrea Traini figliolo del signor Ventura ha accordato et accorda Pellegrino suo figlio ad imparare l’arte di callegaro (calzolaio) dal signor Giovan Battista Negri et dalli figlioli dello stesso Negri et ciò per anni cinque prossimi avenire oggi principianti a correre et con li modi e patti infrascritti. 

Et prima che detto Pellegrino Traini debba quotidianamente portarsi alla Casa cioè alla botega di detto Negri incerca l’ora solita, et la sera portarsi medemamente alla casa paterna poichè il vito e vestito doverà darlo detto Andrea padre et ne giorni curti (corti cioè invernali) doverà trattenersi in botega anco di notte giusto il praticato (secondo le usanze); secondariamente che per qual si voglia accidente che occoresse o per causa di malattia o per altra lecita causa mancasse delli giorni in venir a botega doverà refar (restituire) al medesimo Negri tutto quel tempo che avesse trascurato per compire (completare) al sudetto accordio d’anni cinque. Et più che detto Negri sia obligato a dare allo stesso figlio Pellegrino un paro (un paio) di scarpe ogni uno delli sudetti anni cinque et in oltre che il medesimo Negri sia obligato mantenerli in detti cinque anni la bigarola (grembiule protettivo) per uso di detto mestiere.

In oltre che il detto Negri et li di lui figlioli siano obligati a insegniarli detta arte fedelmente con carità (gratuitamente) et amore (passione), et alla manutentione delle cose sopra espresse le sudette parti s’obligano vicendevolmente a mantenerle sotto obligatione di se stessi, eredi et beni loro, presenti et futuri.

Si aggionge che venendo il caso che morisse detto Pellegrino avanti fossero scorsi li sudetti anni cinque et in qual si voglia tempo che correranno li detti anni cinque, che niuna delle sudette parti sia obligata a veruna recognitione (revisione) per patto come anco le cose tutte sopra dichiarate s’intendono le parti medesime siano fatte per patto et la presente sarà affermata dalle parti sudette alla presenza avendo esse parti pregato me Giovan Battista Pesenti nodaro a scriver la presente.           

Io Giovan Battista Negri affermo quanto di soppra.

Io Andrea Tranie afermo come sopra.

Io Alessandro della Chiesa fui testimonio.

Io Gioan Damiani fui testimonio.

Io Giovan Battista Pesenti sudetto fui presente per testimonio e la presente lasciatami acciochè la conservi ne miei atti e perchè sii notificata all’Offitio delle notificationi di Bergamo.

 

Il contratto seguente regola l’attività di mugnaio, inteso come semplice lavorante o operaio, che risulta percepire circa 8 soldi al giorno, la paga più bassa rilevata in tutto il periodo in esame (5).

Lode a Dio, Adì 26 dicembre 1716, In Zogno.

Dovendo la presente valer come publico instromento (rogito) et per la sua validità si dichiara come il signor Carlo fu Fermo Togno habitante in Zogno come quello che essercita li edeffitij da molino della Veneranda Misericordia di questa comunità, ha tolto (preso) et acetato per suo lavorante e famiglio ivi presente il signor Francesco fu Giuseppe Baldarino oriondo (nativo) di Villa dal Mè (Villa d’Almè) per essercitar detti edeffitij fidelmente per anni quatro prencipianti primo genaro venturo et doverano finirsi in simil giorno. Obligandosi detto signor Carlo Togno pagar al sudetto Francesco Batarino lire 10:15 al mese che fanno al anno lire 129 senza contraditione ne oppositione, renoncia delle ferie et termini (formula giuridica notarile per insolvenza degli impegni) per patto. Con obligo del sudetto Baldarino senza il quale il sudetto Carlo Togno non averebbe fatto tal accordio, che in caso detto Baldarino volese licenciarsi (licenziarsi) entro li sudetti anni quatro, ciò non possi fare et ciò facendo sacontenta (s’accontenta) di perder il salario di mesi sei. Et pasati li sudetti anni quatro non possi ne meno licenciarsi se prima non precederà laviso (l’avviso) di mesi tre anticipati soto l’obligatione di se medemo con li suoi beni et mobili per patto. Et la presente sarà dalle parti affermata con segno di croce per non saper scriver alla presenza delli sotto scritti testimoni aciò in tutte le parti sij essequita per patto.        

Croce fatta dal sudetto Francesco Baldarino per non saper scrivere qual afferma et sobliga in tutto come sopra et ha pregato me Francesco Panizzoli nodaro sotoscriver in suo nome.

Croce fatta dal sudeto Carlo Togno qual afferma et promette come sopra et ha pregato me Giovan Battista Negri sotoscrivere in suo nome e son testimonio.

Io Giovan Battista fu Andrea Quaresio di Palazago fui presente per testimonio et o visto affare (a fare) le sudette croci dalli sudetti Tonio et Baldarino.

Io Flaminio Marconi fui testimonio et o visto fare le sudette croci dalli sudeti Carlo Togno e Francesco Baldarino.  

Io Francesco Panizzoli nodaro ho fatto la presente così pregato dalle parti”.    (foto 2)

 

Anche il prossimo documento regola l’attività di mugnaio, svolta qualche tempo dopo negli stessi mulini dell’atto precedente, però in qualità di gestore responsabile dipendente. In alcuni di questi atti il gestore dipendente è tenuto addirittura a pagare, a fine contratto, l’usura di tutti gli strumenti del mulino (6). Oltre a ciò egli è anche soggetto a forme di pagamento non molto ortodosse (7).

Lode a Dio, Adì sette giugno 1755, Inditione 3a, Zogno.

Con la presente scritura si dichiara e voliono le parti infrascrite abba (abbia) forza e vigore come se fusse publico e giurato istromento, si come li signori Francesco fu Antonio Sonzognio, Giuseppe fu Pelegrino Astulfoni e Giacomo fu Francesco Maffeis in questa parte agiendo come Reggenti et Aministratori della Veneranda Misericordia di questo comune di Zogno anno dato et danno a mastro Pietro Frigia fu Ambrogio foresto (forestiero), abitante però da molto tempo in questa terra, le tre rote di molino, casa et hortino dallo stesso tenuti a mezzo (a mezzadria), il tutto posto in Zogno, detti li Molini orti raggione (proprietà) d’essa Misericordia, da esercitare e macinare continuamente con ogni atenzione e fideltà ad ogni uno et a tutti li abitanti, e non abitanti ancora (non ancora residenti), in forma lodevole senza dar ocasione de reclami con li patti e modi seguenti.      

Che detto Pietro Frigia sia obligato corisponder a Reggenti di detta Misericordia et al Casiere, che sarà pro tempore di quella, la mettà delle biade che di quando in quando racoglierà a macinare d’essere riposte con fideltà e bona concienza (coscienza) nel casone per dividerla a richiesta del casiere che a lui spetta tener la chiave. Obligato detto molinaro tener suficienti lavoranti e animali per poter andar per la terra e contrate et altri convisini (dintorni) perchè siano tutti serviti con prontesa e deligenza per patto.      

Che detto Pietro Frigia sia obligato a di lui proprie spese di quando in quando ocorerà far gosar (aguzzare) li pali, mantener la mettà delle martelle per bater li molini, infuselare (affusolare), indentare detti molini (far combaciare gli ingranaggi di legno), mantener li bogatti (ceppi o morse di legno dal dialettale bogàt), cruelli (crivelli dal dialettale croél) e cavagne (ceste) per servitio d’essi molini ne possa di ciò pretender refruitione (compenso). Il restante mantenimento per renderli andanti (funzionanti) resta e restar debba a spese di detta Misericordia per patto.   

Che detto Frigia Molinaro sia tenuto et obligato tener bon conto del detto molino e case et orto con ogni fedeltà ad una (insieme) con li mobili et quanto altro di raggione di detta Misericordia che a piede della presente verano descritti per incontrarli (verificarli) e renderne conto alla fine di detta locatione per patto.  

Che detto Frigia Molinaro sia tenuto et obligato il giorno di S. Martino dar e corisponder ai signori Reggenti di detta Misericordia ogni anno quatro para caponi (quattro paia di capponi) di bella qualità ciouè due para al casiere et un para (paio) per cadauno compagno (ai due sindaci o presidenti) senza contraditione a norma di quanto si è sempre praticato da molinari per patto.

La presente locatione durar debba per anni cinque prencipiati hoggi da terminarsi li sette giugno 1760 et più ancora quando vi sij la contenta (soddisfazione) de Reggenti di quel tempo et del Consiglio, principale Patrone per patto. 

Obligandosi le parti sudette di atendersi le cose patuite et acordate sotto obligatione et pena et detti signori Regenti ciò aver fatto attese le pie comissioni verbalmente dateli da signori Consiglieri per il bon governo. Per fede della verità sarà la presente affermata nel modo seguente alla presenza dei testimoni. 

Croce fatta dal detto Pietro Frigia molinaro il quale afferma et sobliga come sopra e per non saper scrivere a pregato me Andrea Torricella a soto scrivere per lui e son testimonio.   

Io Francesco Sonzonio fu Antonio presidente affermo.

Io Gioseppe Astulfone presidente a fermo.

Io Giacomo Maffeis fu Francesco casiere affermo.

Io Andrea Torricella fui testimonio.

Io Antonio Manzoni fui presente per testimonio e vidi detto Pietro Frigia a far detta croce.

Io Francesco Panizzolo scrivano del comune ho fatto la presente dalle parti pregato et vidi detto Frigia a far detta croce e son testimonio”.  Segue l’inventario degli attrezzi presenti nel mulino.  

   

Il contratto successivo riguarda l’attività di sarto (8).  (foto 3)  

Lode a Dio, adì 27 giugno 1731 in Zogno Inditione nona.

Stabelito come il signor Giovanni fu Tomaso Volpi accorda il signor Tomaso suo figlio anni due al menistero (professione) di sarto con il signor Gerolamo fu Giuseppe Binda qual presente l’acceta et s’obliga di insignarli il menistero et a tagliare quando detto Tomaso voglia aplicare con corisponderli (riconoscergli) un para (paio) di scarpe all’anno solamente. Al incontro (viceversa) detto Giovanni s’obliga che detto Tomaso figlio sarà assiduo fidele et obediente et in caso di malattia doverà riffar il tempo (restituire il tempo perduto) per patto; le parti scambievolmente s’obligano atendersi (impegnarsi) loro medemi et beni. Ritenuta in caso della morte la nulità della presente et affermerano di proprio pugnio.

Io Giovan Volpi afermo.

Io Gilorimo Binda afermo.

Io Francesco Panizzolo fui testimonio et ho fatto la presente così dalle parti pregato.

Io Prete Bernardino Panizzolo fui testimonio”.

 

Il prossimo rogito è relativo all’attività di cartaio ed è l’unico in cui la paga appare dignitosa perchè legata al fatto che il giovane doveva già possedere alcune conoscenze tecniche (9).

Lode a Dio, Adì 18 gennaio 1732. Inditione X. In Zogno.

Con la presente qual abba forza come giurato instromento dichiarasi come il signor Merino fu Giovan Martino Damiani di Villa dal Me (Villa d’Almè) a accordato et accorda Giovan Martino suo figlio al lavoriero (lavoro) di cartaro con li signori Bartolomeo e Bernardino fratelli Pesenti detti Molena di Zogno (proprietari dell’antica cartiera Brembati) per anni tre prencipiati hoggi et finnerano (finiranno) in simil giorno d’hoggi 1735, obligati detti signori Pesenti non solo a farlo travagliar (lavorare) in detto menestero ma di corisponderli giornalmente, vol a dire (cioè) li giorni di lavoro, soldi ventiquattro e darli casa, vesta (abito) et aloggio di che le parti stesse prometono loro medemi con li loro beni di atenderli e mantenerli il di sopra accordato. Con patto che passati detti anni tre detti signori Pesenti siano obligati pagarli soldi trenta ogni giorno di lavoro, qual farano continuererà (se continuerà) il lavoriero. Per la validità sarà la presente affermata.       

Io Bertolameo Pisenti affermo quanto di sopra a nome anco di mio fratello.

Io Merino Damiane afermo. 

Io Michele Gaeni fui testimonio.

Io Prete Bernardino Panizzolo fui testimonio.

Io Francesco Panizzolo notaio ho fatto la presente firmatione (firma) pregato per ponerla ne miei atti”.  (foto 4)

 

Il documento successivo è uno dei tanti in cui si illustrano le pesanti costrizioni cui deve sottostare il contadino senza terra che lavora la terra per gli altri detto massaro: in questo caso per un ricco mercante di Zogno i cui terreni erano stati ereditati da poco dal genero nativo di Albino in Valle Seriana (10).

Lode a Dio Padre, Adì primo ottobre 1729, in Zogno.

Con la presente scrittura che le parti infrascritte intendono che valer debba come publico e giurato Instromento, si dichiara come il signor Giovanni Temini de Signori di Albino, qual fa in lui nome et per nome anco della signora Giovanna vedova del fu Domenico Scala lui (di lui) socera, a titolo di locatione et investitura, a migliorare et non deteriorare, dà l’infrascritti beni al signor Giovanni fu Tomaso Volpi di Zogno qui presente et acetante, come massaro, che il tutto al tempo delle ricolte (raccolte) sarà il tutto diviso per la giusta mettà salvo che la codega (erba) che detto Volpi masaro se la asume sopra di sè con pagare i sudetti signori Patroni nel giorno di S. Martino d’ogni anno sinchè starà sopra li loro infrascritti beni lire 100 e dieci otto nette e franche per ragione di affitto di detta codegha; et li beni sono cioè un Brolo grande vocato il Brolo del Risolo con quel tereno dietro le case pure del Risolo, il tutto di raggione del Heredità del sudetto fu signor Domenico Scala (mercante); et il broletto sopra la Cartara, solamente il fondo del Campo, et non più, riservandosi pure (tenendosi per sè) detti signori Patroni li pomi codogni (mele cotogne) del sudetto Brolo del Risolo; et seguono li capitoli che fra loro restano accordati et che inviolabilmente vogliono sijno oservati.

Primo che il sudetto Volpi masaro s’obliga pagare le sudette lire cento e dieci otto nel giorno di S. Martino d’ogni anno per affitto della codegha et il primo affitto lo doverà pagare nel giorno sudetto del anno 1730 et così susivamente (successivamente) in simil giorno ogni anno.

2° Che detto masaro sia tenuto tener ben conto delli confini delli sudetti beni.            

3° Che detto masaro sia obligato metterli la mettà della semenza et l’altra mettà li signori Patroni.

4° Che detto masaro sia obligato a ben ingrassare (spargere il letame) detti beni et non possa in alcun tempo pretendere dalli signori Patroni cosa alcuna di grassa (letame).

5° Che detto masaro sia obligato piantar gambe di vite n° quatro al anno di goggie quatro per gamba (è una misura di altezza della pianticella, 1 goggia = 25 cm) con obligo di darle vive, et piantandone di più non possa in alcun tempo pretendere da signori Patroni cosa alcuna.   

6° Che detto masaro sia obligato di far un cavezzo di arsine (argine) in fondo a detto Brolo del Risolo al anno con piantarli la vite, anco di quella che resta obligato nella sudetta obligatione con obligo pure di portar via tutti li sassi del arsine e netar li spini (togliere le spine).

7° Che detto masaro sia obligato a vangar l’orto nel broletto a detti signori Patroni et farli la vite nel medemo con darli solamente il vito et non più oltre per patto.  

8° Che detto masaro sia obligato, occorendo a signori Patroni mandarlo in qualche locco (luogo) per qualche loro emergenza, sia obligato andare per le spese solamente et non più.

9°. Che occorendo far muri attorno a detti beni il sudetto masaro sia obligato farli quatro giornate al anno per patto con farli le spese solamente (i padroni pagheranno solo le spese dei materiali e non le quattro giornate di lavoro all’anno).

10° Che detto masaro sia obligato secando (nel caso secchino) qualche piante tanto frutifere quanto no, tagliarle et portare le legnie alli signori Patroni senza altra spesa per patto. Et la legnia secca, et ciò si taglia nel far la vite, questa sia divisa per mettà et tutti li pali e pertiche che si leveranno restino questi tutti deli signori Patroni et mancando nel far la vite stroppe (legacci dal dialettale stropì) il masaro sia obligato comperarle et vanzandone (nel caso avanzino) sijno divise per mettà.  

11° Che detto masaro non possa far pascolare altro bestiame in detti beni di qualunque natura se non delle sue proprie che solitamente tiene.

12° Li signori Patroni sijno obligati meterli tutti li pali et pertiche bisognievoli a detta vite e detto masaro resti obligato andare a prenderle dove porterà il bisogno, occorendo, et il rimanente sia obligato il masaro meterli il rimanente per patto.   

13° Li signori Patroni s’obligano a darli il Fenile (fienile) della casetta del Broletto con la stalla sotto per ponerli il fieno.

14° Con patto et dichiaratione espressa che detto masaro non possa in alcun tempo sotto qualunque pretesti pretendere miglioramenti di qualunque natura senza espressa licenza in scritto de detti lui signori Patroni; mentre il tutto si è convenuto come sopra sarà registrato et non più oltre.

La presente locatione deve durare per anni due li quali prencipieranno il giorno di S. Martino prosimo et termineranno in simil giorno del anno 1731 et più oltre sinchè le parti staranno tacite; intendendosi sempre continuare nella sopradetta locatione et capitoli di sopra convenuti per patto sotto obligo et pena. Sogiongendo che il fieno che si ricava da detti beni sia obligato detto masaro consumarlo nei detti beni. In fede. Per validità e fermesa (sicurezza) sarà dalle parti affermato di proprio pugno in presenza.    

Io Giovanni Temini anco per la signora Giovana mia socera affermo come sopra.

Io Giovan Volpi fu Tomaso afermo come di sopra.

Io Melchior Cortinovis fui testimonio.

Io Domenico Borga fui testimonio.

Io Bonaventura Mafei fui testimonio.

Io Francesco Panizzoli ho riceputo la presente ne miei atti letta alla presenza de consenso et son testimonio”.

 

Il prossimo contratto riguarda la professione di droghiere che a quel tempo sconfinava anche in quella di farmacista (11).

Lode a Dio, Adì 19 settembre 1743, Inditione 6a, in Zogno.

Con la presente, valitura durevole come publica carta, si dichiara come il signor Maffio fu Andrea Cattanio aromatario (droghiere-farmacista) in questa terra (la sua famiglia però era originaria di Valleve) riceve al suo servitio nella botega di aromatario Francesco figlio del fu Pietro Regazoni di S. Giovanni Bianco per anni sei principiati il primo Aprile prosimo pasato et terminerano il primo Aprile 1749 con l’obligo di detto Francesco di servir fedelmente con obedienza e d’esser asiduo in ogni ocorenza da bon e fedel gargione (garzone). Come (siccome) detto Francesco per esser minore, sobligano (si obbligano) Marco Giupponi e Francesco Panizzoli loro tutori al intiero adempimento. Et al incontro (viceversa) detto signor Cattanio sobliga a istruirlo nel arte del Aromatario giusto il praticato (il consueto) in simili arti. Caso che detto figliolo si amalase doverà rifar il tempo (restituire il tempo non lavorato) così de pato (accordo) e se dasse il caso che per caso qualche anno detto figlio si volese allontanar senza causa legitima s’obligano detti tutori a reintegrar detto signor Mafio per quei anni mancati in raggione de scudi quindici all’anno et a simil obligatione resta incaricata la parte di detto figlio et per la validità sarà dalle parti affermata.     

Io Francesco Regazoni affermo mi obligo in tuto come sopra.

Io Francesco Panizzoli tuttore affermo.

Io Marcho Giupponi tuttore afermo.

Io Maffio Cattaneo affermo.

Io Prete Bernardino Panizzoli fui testimonio.

Io D. Giuseppe Schiani fui testimonio.

Io Francesco Panizzoli nodaro la pongo ne miei atti”.   (foto 5)

 

Il rogito seguente tratta dell’apprendista fabbro (12).

Lode a Dio, Adì 2 agosto 1748, Inditione XI, in Zogno.

Con la presente la qual doverà aver forza come publica carta si dichiara come il signor Giacomo fu Francesco Bonzi di Dosena (Dossena) Valle Brembana Superiore ha acordato et acorda suo figlio Giuseppe Maria al ministerio di fabro con il signor Antonio figlio di Giovan Battista Ruggeri di Piazza Martina esercitante in Zogno per anni sei principiati li 21 Aprile prosimo pasato et finirano li 21 Aprile 1754 con conditione che detto Ruggeri sij obligato dar il vito et aloggio a detto Giuseppe Maria Bonzi acordato; rispetto al mantenimento del vestito sij a carico del detto signor Giacomo Bonzi padre senza contradicione (contraddizione) obligandosi detto Ruggeri d’insignarli il menisterio et essercitio nel medemo fedelmente da bon patrone; et caso che nel corso delli detti anni sei detto Giuseppe Maria acordato si amalase, che Dio non voglia, per quel tempo che non starà al servitio doverà rifarlo per patto. Anzi il signor Ruggeri quando detto figlio farà le parti che deve far da bon gargione (garzone), gli sarà per gratitudine di farli lavar e conzarli li drappi (gli farà lavare ed aggiustare gli abiti gratuitamente). Per l’essecutione di ciò le parti affermarano dovendo detto figlio portar la dovuta fedeltà et obedienza al patrone et suoi di casa in quello (che) verà comandato obligandosi detto suo padre a far ciò essequir altrimenti potrà licenciarlo (licenziarlo).      

Io Antonio Roggeri affermo.

Io Giacomo Bonzi afermo et prometo come sopra.

Io Francesco Panizzoli nodaro ho fatto la presente dalle parti pregato et son testimonio.”

 

L’ultimo rogito illustra l’apprendistato di cantante-musicista religioso. Il datore di lavoro è un sacerdote, da altri documenti originario di Endenna, il quale pur essendo uomo di chiesa nei confronti del giovane applica condizioni assai penalizzanti. L’atto è steso in Bergamo in quanto il notaio coinvolto fu attivo a Grumello de Zanchi tra il 1741 e il 1760 dopo di che aprì uno studio a Bergamo fino al 1778 facendo in parte la spola tra il paese e la città (13).

Lode a Dio Adì 16 maggio 1767, Bergamo.

Per la presente scrittura si dichiara come resta accordato, convenuto e stabilito tra le parti infrascritte.

Che il Reverendo signor don Bernardino Bonesi direttore di musica e Maestro sia tenuto, come così s’obliga, di insegnare a Giovan Andrea fu Marino Colombo suo scolaro, a cantare di musica ed a compagnarsi con il cembalo, quando questo (il Bonesi) sia disposto a ciò fare e quando vi sia il tempo entro gli anni del presente accordo che viene stabilito per anni quattro da principiarsi la prima Fonzione (funzione religiosa) che sarà per intraprender esso Colombo.

Che sia tenuto, come così s’obliga, detto scolaro cantar in tutte le Fonzioni per il corso di un anno da principiarsi come sopra senza pretesa alcuna di pagamento dovendo rimaner le paghe a lui spettanti (al ragazzo) al detto reverendo Maestro intieramente per patto.

Nelli rimanenti poi tre anni, che doverà esso scolaro intervenir alle Fonzioni tutte comandate dal detto signor Maestro fedelmente, lentieri (le intere) paghe doveranno esser ripartite cioè la metà aspettarà al detto Colombo scolaro e l’altra mettà al signor Maestro, e ciò sia quel tanto che potrebbe prettender esso signor Maestro da detto suo scolaro per l’insegnamento e lezioni che in questo fra tempo doverà darli conchè però esso scolaro debba diligentemente studiare per abilitarsi alle Fonzioni dove comparir doverà decentemente e far buona figura d’abiti secondo il praticato.

E finalmente s’obliga detto Colombo scolaro che per qualche negligenza o pretesto mancasse da qualche Fonzione comandatali, o alli sopra espressi patti accordati, venghi in tal caso, come così s’obliga detto Colombo, risarcire il detto signor Maestro dalli discapiti che per quelli fosse per patire nelle Fonzioni e lezioni come sopra, e ciò intende ancora nel caso fosse per mancare nelli anni quattro di sopra convenuti.

Le parti predette s’obligano e promettonsi vicendevolmente di attendere ed osservare intieramente a quanto fu di sopra stabilito, alle quali tutte obligazioni rispetto al detto Colombo scolaro s’obliga per lui il Reverendo signor don Giuseppe Bonriposi piezzo in solidario (garante per favore del Colombo) in pena et sott’obligazione tanto di detto Colombo scolaro quanto di detto Reverendo Bonriposi i loro beni (immobili) e mobili presenti e futuri per essecuzione piena in forma e rinonzia delle ferie et termini (formula giuridica notarile per insolvenza degli impegni).

Che detto scolaro non possa far con altri Fonzione alcuna se non mediante l’intendimento e permizione (permesso) del signor Maestro e con li patti antescritti rispetto alle paghe. In fede di che et per l’intiera osservanza di quanto s’è spiegato come sopra si sottoscriveranno le parti alla presenza.

Io P. (prete) Bernardino Bonesi affermo e prometto come sopra.

Io Giovan Andrea Colombo afermo e prometto quanto di sopra.

Prè (prete) Giuseppe Maria Bonriposi fu Silvio m’obligo come Piezzo in solidario.

Io Giovan Battista Gadaldini sono presente per testimonio.       

Io Giovan Battista Bonafini fui testimonio.

Adì detto fu la presente consegnata a me Marc’Antonio Zanchi notaio da riponer et conservarla ne miei atti per la sua essecutione”.

Come nota conclusiva generale si deve aggiungere che nessuno dei contratti sopra illustrati, alla scadenza naturale, fu rinnovato agli stessi dipendenti.  

 

BIBLIOGRAFIA 

1) Giuseppe Pesenti: Le Rogge di Zogno, Ed. Archivio Storico S. Lorenzo, Zogno, 1997.

2) Archivio di Stato di Bergamo (= ASBG). Fondo notarile, notaio Panizzoli Francesco fu Giovan Battista di Zogno, Cartella (= C.) 12394.  

3) Come nota 2).

4) ASBG. Fondo notarile, notaio Pesenti Giovan Battista fu Pietro di Zogno, C. 11149. 

5) Come nota 2).

6) ASBG. Fondo notarile, notaio Chiesa Giovan Francesco fu Antonio di Endenna, C. 10233, atto del 16/11/1716. Vedi inoltre come in nota 2) l’atto del 15/09/1718.    

7) Come nota 2) ma C. 12401.

8) Come nota 2) ma C. 12397.

9) Come nota 8).

10) Come nota 2) ma C. 12396.

11) Come nota 2) ma C. 12399. Nella stessa C. vedi anche atto del 26/02/1744; nello stesso notaio ma C. 12398 atto del 06/04/1736 e in C. 12401 atto del 01/09/1753. Vedi inoltre i seguenti notai di Zogno: Franzoni Bernardino fu Bonaventura, C. 11231 atti dei giorni 01/10/1735, 22/12/1735, 30/09/1739; Pellicioli Giovanni fu Agostino, C. 8397 atto del 01/09/1739; Franzoni Bonaventura fu Bernardino, C. 6013 atto del 19/04/1697.

12) Come nota 2) ma C. 12400.

13) ASBG. Fondo notarile, notaio Zanchi Marc’Antonio fu Pietro di Grumello de Zanchi, C. 8883. Notaio Bonetti Giuseppe fu Giovan Domenico di Zogno, C. 12157, atto del 27/07/1804. Notaio Brentani Pietro Maria fu Alessandro di Bergamo, C. 12717, atto del 29/01/1818 contenente il testamento autografo di don Bernardino Bonesi steso però il 12/11/1817.